Sinner? No. La cerimonia di apertura di Parigi 2024? Nemmeno. Le domande inutilmente cattive a Benedetta Pilato dopo il suo quarto posto nella finale dei 100 rana? Giammai. Tra tutte le polemiche, concrete o pretestuose, che potevamo affrontare difficilmente avremmo immaginato di dover palare di arbitri, anche se è una consuetudine italiana, come il gesticolare, il cappuccino e la pizza. Eppure, le prime cinque giornate dei Giochi Olimpici ci hanno restituito grandi delusioni sportive causate più dagli errori arbitrali che dalle débâcle dei nostri atleti, soprattutto nella scherma, disciplina regina delle storiche presenze tricolori ai Giochi; ricordando che l’Olimpiade è il tempo che intercorre tra un’edizione e l’altra. Judo, boxe e, appunto, scherma, è in questi sport che si sono concentrati evidenti errori arbitrali, laddove non è chiaro quando finisce la tecnologia e inizi l’uomo, con le sue fallacità. Errori che ci sono costati delle medaglie, a prescindere dal metallo. Al momento in cui scrivo l’Italia è ottava nel tabellone con 11 allori, 3 ori, 4 argenti e 4 bronzi. L’11 agosto i Giochi termineranno e l’idea di raggiungere una quota record, come preventivato alla vigilia, si allontana. Ma il problema non è questo, cioè, non è solo questo.
La boxe è uno sport da sempre segnato dalla soggettività dei giudizi e non da oggi registra grandi recriminazioni, questo è anche uno dei temi che potrebbero portarlo fuori dai Giochi e sarebbe una grande sconfitta per una disciplina che in questi ultimi anni ha perso molto del suo fascino a livello internazionale. Il pugile italiano Aziz Abbes Mouhiidine ha subito una decisione assurda: nel match degli ottavi di finale dei pesi massimi, contro l’uzbeko Lazizbek Mullojonov, l’atleta azzurro sembrava aver condotto l’incontro ma il secondo round è stato giudicato in maniera discutibile con il risultato finale di 4-1 per l’uzbeko; lo stesso avversario ha scosso la testa dopo la decisione arbitrale facendo segno di “No” con il dito sul risultato. Nel judo è accaduto, se vogliamo, qualcosa di ancora più incredibile, perché la ‘nostra’ Odette Giuffrida si è ritrovata nella finale per il bronzo la stessa arbitra, la romena Ioana Babiuc, della semifinale: in entrambi i casi la giudice ha squalificato l’atleta italiana per somma di shido – ciò avviene quando uno dei due judoka è passivo: non attacca, rifiuta le prese, effettua tecniche senza il controllo dei movimenti o esce dall’area di combattimento –, scelta difficile da accettare guardando le immagini.
Delusione scherma
Nella scherma sorte simile è toccata ad Arianna Errigo e Filippo Macchi, alla prima è stato ‘negato’ l’accesso alla semifinale, al secondo l’oro. Nella scherma le decisioni e l’assegnazione dei punti sono la combinazione fra tecnologia e mente umana, dove si può decidere che un colpo debba essere ripetuto, per esempio, o assegnarlo a seconda di chi ha attaccato per primo. Nel caso di Macchi, il giudice ha deciso di non decidere, favorendo l’atleta di Hong Kong che ha vinto poi l’oro, mentre l’argento italiano ha scatenato la reazione dell’allenatore azzurro Stefano Cerioni, 2 ori e un bronzo olimpici: stringendo la mano dei giudici mentre – con parole durissime – criticava aspramente la loro condotta, indicando al pubblico Macchi come il vincitore morale. Non è la prima volta che gli arbitri sbagliano, non è la prima volta che accade ai Giochi, nelle stesse discipline sportive, e non è la prima volta che tocca all’Italia leccarsi le ferite. Pare che Federscherma voglia presentare un reclamo ufficiale, mentre il presidente del CONI, Giovanni Malagò, mastica amaro: «Vergognoso! Inopportuno scegliere due arbitri così».
Quanto conta l’Italia?
Ma il risultato non cambia e la frustrazione di avere dedicato quattro anni della propria vita a un obiettivo così importante e vederlo sfumare per colpa di altri è enorme. C’è chi tuona contro lo scarso peso ‘politico’ dell’Italia in mezzo ai colossi dello sport mondiale, chi addirittura sfiora l’idea del complotto ricordando che tutte le volte che ci sono stati ai Giochi punti discussi l’Italia n’è, quasi, sempre uscita sconfitta. Invece, nonostante una parte di noi fosse con Cerioni, nel suo sguardo di fuoco, nelle sue parole severe e nel suo gesticolare rabbioso, ci sono tre lezioni che possiamo trarre da questi errori. La prima, come nel calcio – non smetterò mai di dirlo –, è che quando nello sport arriva la tecnologia, che sia testata, precisa e comunemente accettata, l’uomo, cioè l’arbitro, il giudice, deve fare un passo indietro: il mix non funziona e da adito al complotto e alla malafade, che ammorbano ogni sport. La seconda è para consolatoria. Finalmente gli italiani conoscono più a fondo certi sport e le loro regole che, diciamocelo, ogni quattro anni sono impossibili da ricordare: una spolveratina di cultura sportiva. La terza, la più importante, la reazione delle nostre atlete e dei nostri atleti.
Odette Giuffrida
Su tutte Odette Giuffrida che con frustrazione ma con classe ha prima sostenuto l’avversaria fischiata dal pubblico, mettendogli metaforicamente la medaglia al collo, e poi ha risposto alle domande senza eccessiva polemica. Filippo Macchi, dopo l’enorme delusione, ha dichiarato «Dovevo chiuderla sul 14-12», ammettendo un errore di concentrazione e strategia. Infine Arianna Errigo, la quale spera di rifarsi nella gara a squadre. Perché, per quanto ci si accapigli sui social, prendendo le difese del vessillo tricolore, gli atleti olimpici, di sport meravigliosi, ci riportano sempre sul campo, che sia un ring, un tatami o una pedana, al nous dello sport e dei suoi molteplici significati: «… si vince o si perde, resta da vedere se si vince o si perde da uomini (e da donne!)». È lì che tutto si svolge, è lì che sono soli con sé stessi, è lì che tutto inizia a finisce. E speriamo che finiscano pure gli errori arbitrali a scapito degli atleti azzurri.
Fonte : Today