Meloni torna a mani vuote, la verità sul viaggio in Cina

Ai lettori italiani, l’edizione del 30 luglio del Quotidiano del Popolo, il giornale del Partito comunista cinese, potrebbe far storcere il naso. La testata apre con l’incontro tra il presidente Xi Jinping e il suo omologo di Timor Est, José Ramos-Horta, in visita di Stato in Cina il 29 luglio. Di fianco, compare un articolo di spalla che racconta la stretta di mano e il faccia a faccia tra Giorgia Meloni e Xi. I malpensanti potrebbero urlare allo scandalo e all’oltraggio diplomatico, ma il giornale cinese ha concesso la sua apertura al leader del Timor Est perché di pari grado con Xi come capo di Stato, mentre la premier Meloni compiva solo una visita ufficiale nella Repubblica popolare cinese (un dettaglio non di poco conto nel cerimoniale diplomatico), la prima da quando è entrata a Palazzo Chigi. 

La prima pagina del Renmin Ribao del 30 luglio 2024

Lo “spirito della Via della Seta”

Nello spazio dedicato all’incontro tra Xi e Meloni, il Quotidiano del Popolo riprende le parole del leader cinese che, nell’elogiare gli scambi amichevoli tra i due paesi, chiede di “sostenere e portare avanti lo spirito della Via della Seta”, che deve aiutare a “vedere e sviluppare le relazioni bilaterali da una prospettiva storica, strategica e a lungo termine”. Come devono essere lette le parole di Xi? Pechino preme affinché Roma non abbandoni totalmente la Via della Seta e ha usato quell’espressione per enfatizzare quello storico legame geografico e ideologico che connette ancora oggi Italia e Cina, andando ben oltre il progetto infrastrutturale che Xi ha lanciato nel 2013.

Il presidente cinese ha ovviamente sfruttato la presenza della premier italiana – nonché presidente di turno del G7 – per “promuovere il dialogo e la cooperazione tra la Cina e l’Europa” nel tentativo di fare leva su Bruxelles, che ha attuato una linea più dura nei confronti di Pechino. È chiaro quanto la Repubblica popolare voglia spingere l’Italia ad abbracciare una visione più morbida sul commercio cinese, in particolare sulle auto elettriche che sono finite nel mirino della Commissione europea con l’introduzione (ancora non definitiva) dei dazi. L’altra stoccata a Bruxelles (e a Washington) è arrivata dalla testata cinese Global Times, che definisce i legami tra Cina e Italia come modello per altri paesi europei e occidentali e avere “una cooperazione reciprocamente vantaggiosa” con il gigante asiatico “in un periodo di incertezza globale e di declino della leadership statunitense”.

La stampa cinese, che enfatizza anche i piani economici della dirigenza di Pechino per risollevare l’economia del paese, interpreta il viaggio di Meloni come un tentativo pragmatico di ricucire i rapporti tra Pechino e Roma dopo lo strappo di quest’ultima sul mancato rinnovo del memorandum d’intesa sulla Belt and Road Initiative (Bri), nota da noi come Nuova via della seta. I due hanno parlato molto di business e di come equilibrare la bilancia commerciale (che pende tutta a favore di Pechino), per superare l’impasse del mancato rinnovo dell’accordo siglato nel 2019 dal governo Conte. Prima di salire al governo, Meloni aveva dichiarato che l’adesione alla Bri, pietra miliare dell’ambizione di Xi di aumentare l’influenza del suo paese all’estero, era un “grave errore”. Da allora, l’esecutivo italiano ha ammorbidito i toni e ha cercato di ristabilire i legami con la Cina, considerato un partner commerciale fondamentale. Il piano d’azione triennale firmato a Pechino, che è un “approccio alternativo alla Via della Seta” (parole di Meloni), va in questa direzione, anche se non ci sono state evoluzioni sull’auspicata apertura in Italia di un impianto di produzione di auto elettriche cinesi. Con i vertici cinesi “ci siamo limitati a definire accordi di cornice – ha detto Meloni riguardo all’accordo stretto sulle auto elettriche -, poi non sta a noi entrare nel merito delle singole intese che si possono sviluppare”. In cambio, Xi si è detto pronto ad “accogliere con favore le aziende italiane che investono in Cina” e ha promesso l’importazione di “più prodotti italiani di alta qualità”.

Pechino non parla della guerra in Ucraina

Quello che manca dalla stampa cinese e dai resoconti ufficiali di Pechino sono però i riferimenti alla “aggressione russa in Ucraina (che Xi preferisce invece chiamare “crisi”), ai “rischi di un ulteriore aggravamento della situazione in Medio Oriente” e alle “crescenti tensioni nell’Indo-Pacifico”. Temi che, secondo la nota di Palazzo Chigi, sono stati affrontati da Meloni, la quale ha rimarcato il ruolo di Pechino “fondamentale per la pace e la stabilità nel mondo”. Probabilmente la Cina non considera l’Italia come un valido interlocutore diplomatico e strategico. All’indomani del faccia a faccia con Xi, Meloni è tornata sulle crisi internazionali. “Siamo stati abbastanza chiari nel porre la questione. Penso che la Cina non abbia alcuna convenienza in questa fase a sostenere la capacità industriale russa – ha detto ai giornalisti la premier riferendosi ai contenuti del lungo incontro – Anche se come sappiamo non interviene direttamente, è evidente che questo crea una frizione perché lo abbiamo scritto in tutti i modi possibili”. Il riferimento va alla condanna del G7 e all’accusa della Nato sulla fornitura di armi e tecnologia dual use cinese alla Russia.

Vi spiego le ambigue (e pericolose) strategie cinesi per la pace in Ucraina

Dopo l’incontro con Xi, Meloni è volata a Shanghai, convinta che la sua prima missione ufficiale in Cina sia stata un “successo”. Successo che però non brilla nei cieli di Pechino.

Fonte : Today