Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha vinto le elezioni con il 51% dei voti, ha dichiarato l’autorità elettorale del Paese poco dopo la mezzanotte di lunedì, nonostante i numerosi exit poll indicassero una vittoria dell’opposizione. L’autorità ha dichiarato che il candidato dell’opposizione Edmundo Gonzalez ha ottenuto il 44% dei voti, anche se l’opposizione aveva precedentemente affermato di avere “motivi per festeggiare” e ha chiesto ai sostenitori di continuare a monitorare il conteggio dei voti.
Maduro riconfermato presidente del Venezuela, sul voto l’ombra dei brogli
Ma gli exit poll indipendenti indicavano una grande vittoria dell’opposizione, dopo le entusiastiche dimostrazioni di sostegno a Gonzalez e alla leader dell’opposizione Maria Corina Machado durante la campagna elettorale. Gonzalez ha vinto il con 70%, ha detto Machado, che è stata la vera leader della campagna elettorale ma a cui era stato impedito di ricoprire cariche pubbliche in una decisione che lei ritiene ingiusta.
Le reazioni internazionali
Il presidente argentino Javier Milei ha definito il risultato ufficiale una frode, mentre Costa Rica e Perù lo hanno respinto e il Cile ha dichiarato che non avrebbe accettato alcun risultato non verificabile. Cuba, Honduras e Bolivia hanno esultato per la vittoria di Maduro e il presidente russo Vladimir Putin si è congratulato con lui, ma gli Stati Uniti e diversi Paesi europei chiedono una verifica del voto e accusano il governo di brogli. Maduro, presentandosi al palazzo presidenziale davanti ai sostenitori acclamanti, ha dichiarato che la sua rielezione per un terzo mandato è un trionfo della pace e della stabilità.
L’ex sindacalista Maduro si è insediato per la prima volta alla morte del suo predecessore, Hugo Chavez nel 2013. Il leader ha guidato il Paese che negli ultimi anni ha subito un collasso economico che ha portato all’emigrazione di circa un terzo della popolazione e a un forte deterioramento delle relazioni diplomatiche internazionali, che ha portato a sanzioni imposte dagli Stati Uniti, dall’Unione europea e da altri che hanno paralizzato la sua industria petrolifera già in difficoltà.
L’esercito è con lui
Ma l’esercito venezuelano ha sempre sostenuto Maduro, un ex autista di autobus e ministro degli Esteri di 61 anni, e questo ha garantito finora stabilità e anche in queste elezioni non ci sono stati segnali pubblici di rottura dei leader delle forze armate con il governo. Le stesse forze armate da cui proveniva Chavez, e che a lui sono sempre state fedeli, così come lo sono state a quello che è stato il suo successore designato. Quando Chavez lo nominò suo erede nel 2012, un anno prima della sua morte, lo elogiò come “uno dei giovani leader con le migliori capacità” per prendere il controllo del Paese.
Molti dei suoi oppositori all’epoca lo sottovalutarono, e invece Maduro è stato capace di tenere testa ai suoi rivali all’interno del Partito Socialista Unito (Psuv), di cui era presidente, e di sopravvivere alle enormi manifestazioni che hanno seguito la sua contestata rielezione nel 2018, boicottata dall’opposizione. Alto e con baffi fieri, il 61enne Maduro è un ex autista di autobus fa spesso riferimento alle sue origini e ama coltivare la sua immagine di uomo semplice e concreto del popolo.
La polizia e la magistratura sono al suo servizio e imprigionano oppositori e attivisti, denunciando complotti, reali e immaginari. A lui è dedicato un cartone animato, in cui è ritratto come “Super-Bigote” (Superbaffo), un supereroe “indistruttibile” che, come Superman, difende il Venezuela da mostri e cattivi come gli Stati Uniti e i “sabotatori-oppositori”.
Per questa campagna elettorale, Maduro si è fatto chiamare “Gallo Pinto” (gallo da combattimento), sottolineando la sua buona forma fisica rispetto a quella del suo avversario Edmundo Gonzalez Urrutia, 74 anni. Non ha il carisma o l’eloquenza di un Chavez, ma passa ore in televisione o sulle reti con un sistema di comunicazione ben oliato.
Stratega
Sa come arringare le folle, combinando un duro discorso politico con battute a volte pesanti e digressioni personali. L’opposizione lo accusa di essere un “dittatore”. Di fronte alla crisi economica e dietro la retorica socialista, Maduro ha tagliato tutte le spese sociali, ha abolito i dazi sulle importazioni per consentire al Paese di rifornirsi e ha autorizzato la dollarizzazione per frenare l’iperinflazione.
Senza compromessi nella sua retorica antiamericana, Maduro sa anche come negoziare di nascosto. Tra novembre e aprile è riuscito a far revocare le sanzioni statunitensi, mentre è stata confermata l’ineleggibilità della sua principale avversaria Maria Corina Machado. È riuscito anche a ottenere la liberazione di due nipoti di Cilia Flores condannati per traffico di droga negli Stati Uniti e soprattutto, a dicembre, di Alex Saab, considerato uno dei principali intermediari del Venezuela, incarcerato negli Stati Uniti per riciclaggio di denaro.
Bolivariano e cristiano
Pur dichiarandosi ancora marxista, ha appoggiato la beatificazione da parte della Chiesa cattolica di José Gregorio, il “medico dei poveri”, nel 2021. Ma soprattutto si è rivolto alle chiese cristiane evangeliche. Alcuni la vedono come una manovra in direzione di un guadagno elettorale. Altri la vedono come una vera e propria fede. “Sono un figlio di nostro Signore Gesù Cristo e so perché mi protegge. Loro (i nemici) non sono riusciti a raggiungermi perché Cristo è con noi”, ha detto una volta. Come Chavez, Maduro si definisce “bolivariano”, in onore di Simon Bolivar, nato in Venezuela e protagonista dell’emancipazione delle colonie spagnole in Sudamerica, ma anche “marxista e cristiano”.
Fonte : Today