L’insostenibile leggerezza di Temptation Island

I Telegatti del 2001 vengono ricordati per un episodio che è rimasto negli annali della storia della televisione. Per chi è troppo giovane per ricordare, i Telegatti erano premi che venivano assegnati ogni anno dalla rivista Tv Sorrisi & Canzoni a volti e programmi del piccolo schermo; la premiazione era solo un pretesto portare a Milano star di livello mondiale (ormai leggendaria l’edizione del 1997 in cui si andava da Michael Jackson a Corrado, da Katia Ricciarelli alla contessa di York) in occasione della cerimonia trasmessa in diretta su Canale 5 che per molti anni ha fatto segnare ascolti record.

Nel 2001 la prima edizione del Grande Fratello vinse nella categoria miglior trasmissione culturale a scapito di Super Quark e de La Macchina del tempo condotto da Alessandro Cecchi Paone. E fu proprio quest’ultimo a salire sul palco, prendere il microfono e urlare il suo disappunto davanti a una platea inferocita contro la scelta di premiare la trasmissione allora condotta da Daria Bignardi. “Facciamo una fatica immane a portare la cultura in prima serata” disse Cecchi Paone con un colpo di scena che anticipò di otto anni quello di Kanye West ai danni di Taylor Swift ai VMA del 2009 (qualora ci fossero ancora dei dubbi sul fatto che l’Italia è il laboratorio politico dell’Occidente).

La memoria non poteva non andare a quell’episodio dopo la notizia che la Rai aveva deciso di sospendere la trasmissione Noos di Alberto Angela per i bassi ascolti; il programma di Angela nelle ultime settimane si era andato a scontrare contro l’edizione di Temptation Island più seguita di sempre perdendo ogni settimana in termini non solo di share, ma anche di visibilità; le trasmissioni di Angela infatti sono un successo anche sui social, peccato che anche lì non ci fosse davvero partita. Molte persone hanno visto in questo episodio l’ennesima prova del declino morale di un paese che preferisce sintonizzarsi in massa su storie di corna anziché scegliere un programma di cultura. O tempora o mores, insomma.

Verrebbe da chiedersi se chi si straccia le vesti ha mai visto una puntata del programma e si sia mai domandato il perché di un successo così trasversale. Già perché come altri programmi di Maria De Filippi, Temptation Island ha un pubblico molto eterogeneo che comprende casalinghe, persone laureate, giovani e persone più in là con gli anni.

Il reality risponde a una domanda di svago e leggerezza che in momenti cupi e drammatici come quelli che stiamo vivendo, diventano fondamentali un po’ per tutte e tutti.

In fin dei conti Temptation Island soddisfa questo bisogno e lo fa, a suo modo, in maniera furba e intelligente. Quest’anno ad esempio sia le fidanzate che i fidanzati hanno fatto squadra tra di loro sostenendosi a vicenda. Si è parlato molto di ansie, di traumi, di salute mentale e tra le ragazze è sembrato crearsi un clima di autentica sorellanza. Non sappiamo quanto tutto questo sia stato incoraggiato dagli autori e dalle autrici o se, durante le fasi del casting, si siano scelte coppie in cui già si parlava di certi temi; verosimilmente il risultato finale è una combinazione di entrambe col risultato che anche un pubblico come quello giovane, più istruito e attento a temi sociali e alla salute mentale può appassionarsi alle vicende raccontate nel programma.

Nella sua invettiva ai Telegatti del 2001 Cecchi Paone parlava del grande lavoro di squadra dietro la sua trasmissione; con le dovute differenze, si può dire la stessa cosa di Temptation Island in cui il lavoro di casting, di scrittura e di montaggio è molto più sofisticato di quanto non possa sembrare a una visione superficiale.

Mantenere alta l’attenzione del pubblico – specie in un programma che dura tre ore – tentare di tenere alto il ritmo, coinvolgente il pubblico e replicare un successo che si ripete ormai negli anni non è un lavoro semplice. Serve tanta attenzione nel costruire qualcosa in cui il pubblico si identifichi e che possa generare discussioni online, fattore ormai indispensabile per determinare il successo di un programma.

Nonostante per molte persone la leggerezza di Temptation Island sia insostenibile, non si capisce perché anche quando si tratta di palinsesti l’opinione pubblica debba dividersi tra buoni e cattivi, dove naturalmente la ragione sta sempre e solo dalla nostra parte. Un’offerta televisiva variegata che risponde ai gusti del pubblico deve comprendere trasmissioni con generi, linguaggi e obiettivi diversi e credo che la vicenda Noos abbia insegnato che la contrapposizione fa male prima di tutto al pubblico, ma in seconda misura anche a chi vende spazi pubblicitari, e quindi alla rete.

È della sciatteria, non della leggerezza che dovremmo preoccuparci. E di quella purtroppo abbonda anche il nostro panorama culturale.

Fonte : Today