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Claudio Salvagni, avvocato di Massimo Bossetti, a Fanpage.it dopo la riserva del Gip di Venezia sulle accuse di depistaggio al pm Letizia Ruggeri, che si occupò del caso Yara Gambirasio: “L’ipotesi che abbiamo formulato noi, come denuncianti, è che questi reperti siano stati distrutti dolosamente. Se così fosse, è ovvio che questo potrebbe essere uno strumento per riaprire il processo principale, quello contro il mio assistito”.
“L’ipotesi che abbiamo formulato noi, come denuncianti, è che questi reperti siano stati distrutti dolosamente, quindi volendoli distruggere, per evitare che noi li potessimo analizzare. Se così fosse, è ovvio che questo potrebbe essere uno strumento per riaprire il processo principale, quello nei confronti di Massimo Bossetti“.
Così Claudio Salvagni, avvocato di Massimo Bossetti, condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, la 13enne scomparsa da Brembate di Sopra nel novembre del 2010 e trovata cadavere 3 mesi dopo a Chignolo d’Isola, ha commentato a Fanpage.it la notizia che il gip di Venezia, Alberto Scaramauzza, si è riservato di decidere se riaprire o archiviare il procedimento a carico di Letizia Ruggeri.
Quest’ultima è stato il pubblico ministero del processo che si è concluso con la condanna di Bossetti per l’omicidio di Yara. Nel 2022 l’ex operaio di Mapello l’ha denunciata accusandola di aver voluto spostare – dall’ospedale San Raffaele di Milano all’ufficio corpi di reato del tribunale di Bergamo – 54 provette contenenti tracce biologiche di Yara e dell’uomo, compromettendone la conservazione. Per questo è indagata per frode processuale e depistaggio.
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“Il fatto che il giudice si sia riservato è una situazione assolutamente normale – ha spiegato ancora Salvagni -, accade sempre nelle opposizioni alle richieste di archiviazione. Non ci vedo nulla né di positivo, né di negativo. Nel caso specifico, deve prima sciogliere la riserva sulla questione della non manifesta infondatezza circa l’eccezione di legittimità costituzionale, poi deve entrare nel merito dell’opposizione e decidere se questo procedimento va archiviato o se deve proseguire con ulteriori indagini piuttosto che con una imputazione coatta. Per noi ovviamente cambierebbe molto”.
Anche se la strada è ancora lunga, infatti, “e non possiamo esprimere alcun giudizio oggi, l’ipotesi che abbiamo formulato noi come denuncianti è che questi reperti siano stati distrutti dolosamente, quindi volendoli distruggere, per evitare che noi li potessimo analizzare e se così fosse è ovvio che questo potrebbe essere uno strumento per riaprire il processo principale, quello nei confronti di Massimo Bossetti”, ha aggiunto Salvagni, che è intervenuto anche nella docuserie disponibile su Netflix “Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio”, che ha riacceso i riflettori su uno dei casi di cronaca nera più seguiti d’Italia.
“Per la prima volta si è sentita la voce di Massimo Bossetti, ci sono voluti 10 anni solo per farlo sentire e già questo è un elemento da prendere in considerazione. Forse due domande bisognerebbe farsele. Come mai un uomo non solo non si è potuto difendere ma non ha neanche mai potuto parlare?”, ha concluso Salvagni.
Fonte : Fanpage