No, questa volta non ci siamo. La contestata scelta della dirigenza Rai, che ha fatto slittare al 22 agosto la messa in onda di Noos, l’approfondimento culturale condotto da Alberto Angela, è forse la scelta più sensata della gestione targata Tele Meloni. Una scelta che oltretutto è stata concordata con lo stesso Angela junior, espressione di una “dinastia della qualità” che nell’azienda ha molta voce in capitolo (ed è un bene, intendiamoci).
Due fette di pubblico non sovrapponibili
Sono molte le voci indignate che in queste ore criticano la televisione pubblica per aver abdicato al suo ruolo, per aver assecondato i numeri dello share, che fotografano un Paese che conosciamo fin troppo bene: poco più di un milione e mezzo di spettatori per la trasmissione di Rai Uno contro i tre milioni e mezzo sintonizzati su Temptation Island su Canale 5. In realtà parliamo di due fette di pubblico che si potrebbero definire antropologicamente diverse, per nulla interscambiabili e quindi non sovrapponibili. È più probabile che a motivare la decisione di spostare la trasmissione di uno dei volti simbolo di viale Mazzini sia stata l’esigenza di non creare sovrapposizioni con le Olimpiadi.
Diciamolo una volta per tutte: cosa c’entra il pubblico di una trasmissione in cui delle coppie si mettono alla prova a suon di corna con un programma che fa divulgazione scientifica? A meno di non paragonare certe scene trash con improbabili personaggi all’accoppiamento delle giraffe o all’autocontrollo del porcospino nordamericano (che aspetta con pazienza le 8 ore all’anno in cui la femmina è disposta a concedersi a dolci effusioni…) difficilmente chi guarda il primo fa parte del potenziale pubblico del secondo. E no, la storia dell’interesse per un presunto esperimento sociologico è una boiata che non regge sin dalla prima edizione del Grande Fratello, quella in cui la buonanima di Pietro Taricone e Cristina Plevani si nascondevano sotto un tavolo per fare fiky fuky: a motivare il pubblico di certi programmi è puro e semplice voyeurismo, punto. E se proprio si vuole contestare qualcosa alla scelta di chi ha rimodellato i palinsesti, si dica che un servizio pubblico dovrebbe mandare in onda programmi culturali soprattutto nei periodi di chiusura delle scuole, anche rischiando di andare in perdita.
Sono altri i problemi di Rai – Tele Meloni
Perché intendiamoci, sono i ricavi pubblicitari a muovere tutto. E probabilmente lo spostamento del programma di Alberto Angela va letto anche nell’ottica di un’azienda che cerca disperatamente di ricavare il più possibile dai pochi prodotti decenti che le rimangono, evitando di posizionarli in giornate “affollate” in cui i prezzi dei mini spot da 15 secondi possono subire flessioni (normalmente rendono 30 mila ai 50 mila euro, a seconda dei giorni e delle fasce orarie). All’attuale dirigenza Rai si dovrebbe contestare ogni giorno di non aver fatto nulla per tenere Fabio Fazio, facendo in modo che andasse via portando con sé due milioni di telespettatori e circa un milione di euro a puntata di spot. Accompagnare alla porta lui e altri personaggi sgraditi a Giorgia Meloni e Matteo Salvini ha danneggiato l’azienda sia dal punto di vista della qualità dell’offerta che dal punto di vista economico.
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All’attuale dirigenza Rai di dovrebbe contestare ogni giorno di aver trasformato i telegiornali e le trasmissioni di approfondimento in dei fatiscenti megafoni del governo, abbassando il pluralismo e soprattutto la qualità dell’informazione, provocando una fuga di telespettatori mai registrata, neanche nei tempi bui del cosiddetto “editto bulgaro” di Silvio Berlusconi. All’attuale dirigenza Rai si dovrebbe contestare ogni giorno la censura di Antonio Scurati, la “punizione” a Serena Bortone, i fischi a Sangiuliano trasformati in applausi, i comizi della premier trasmessi integralmente e tanto, tanto altro. Che ci siano molti più italiani che guardano Temptation Island rispetto a quelli che scelgono una trasmissione di divulgazione scientifica è un problema un po’ più serio di uno spostamento su un palinsesto, un problema che parte dalla scuola e arriva alla lista dei ministri dell’attuale governo.
Fonte : Today