Che fine faranno i tre bonus per i lavoratori direttamente in busta paga

La prossima non sarà forse una manovra “lacrime e sangue”, come sussurrano gli addetti ai lavori, ma la strada per un eventuale aumento della spesa si preannuncia stretta, strettissima. D’altronde, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti è stato chiaro: la legge di bilancio 2025, per la quale il governo ha già cominciato a delineare le priorità a pochi giorni dalla pausa estiva dei lavori parlamentari, dovrà tenere forzatamente conto dei vincoli di bilancio più rigorosi. Tra le misure attualmente in vigore che attendono una conferma, anche e soprattutto dopo una valutazione sulle risorse finanziarie da stanziare, ci sono gli sgravi riconosciuti ai lavoratori direttamente in busta paga. Per alcuni “bonus sullo stipendio” la proroga sembra a un passo, mentre altri rischiano di saltare. Andiamo con ordine, cercando di fare chiarezza, stando alle informazioni note al momento.

Lo sgravio contributivo per alcuni lavoratori

L’attenzione è puntata in primis sullo sgravio contributivo per i redditi inferiori ai 35mila euro annui, una delle principali misure che nell’anno ancora in corso hanno “appesantito”, almeno in parte, le retribuzioni dei lavoratori. Con questo bonus i dipendenti hanno ottenuto aumenti fino a circa 100 euro al mese sullo stipendio netto. Con questo sgravio si riduce l’aliquota contributiva a carico del lavoratore con un contratto subordinato, mentre quella a carico del datore di lavoro rimane invariata. Prima del taglio, l’aliquota per un dipendente nel settore privato ammontava al 9,19%, mentre nel settore pubblico era pari all’8,80%.

In sostanza, il taglio contributivo ha ridotto l’aliquota di qualche punto in base allo stipendio percepito. Per i lavoratori che in busta paga guadagnano fino a 1.923 euro al mese, l’aliquota è scesa all’1,80% nel settore pubblico e al 2,19% nel settore privato. Nel caso di una busta paga compresa tra i 1.920 e i 2.692 euro mensili, le aliquote nel 2024 sono scese rispettivamente al 2,80% per i lavoratori del settore pubblico e al 3,19% per quelli attivi nel settore privato.

In vista della prossima manovra, il governo Meloni sembra orientato a confermare la misura anche per il 2025. Va però considerato che un’eventuale proroga richiede circa 10 miliardi di euro, risorse finanziarie da mettere in conto senza alzare ulteriormente il deficit. Secondo il ministro Giorgetti, la conferma del taglio degli oneri contributivi in busta paga si appresta a ricevere il via libera e non verrà “sacrificata” per aumentare le spese militari, come qualche analista politico ha ipotizzato nelle scorse settimane. “Posso garantire che il taglio del cuneo contributivo è la prima priorità e sarà assolutamente confermato – ha chiarito Giorgetti -. E non intendo mettere assolutamente in discussione una sorta di sorta di ‘trade off’ (uno scambio, ndr) tra questo e le spese per la difesa che saranno gestite esattamente all’interno del quadro delle deroghe”.

La probabile conferma del taglio dell’Irpef

E veniamo al secondo “bonus” in busta paga che dovrebbe essere confermato nel 2025. Si tratta del taglio dell’Irpef. Nel 2024 le aliquote dell’imposta sul reddito delle persone fisiche sono state modificate, con l’accorpamento dei primi due scaglioni tassati al 23%. Rispetto allo sgravio contributivo, questa misura ha avuto un impatto più modesto sugli stipendi: si è tradotta in un risparmio di circa 260 euro netti all’anno.

Nel Def (documento di economia e finanza), a fronte dei 4,3 miliardi di minori entrate che rappresentano il costo dell’Irpef a tre aliquote in vigore da quest’anno, si calcola che nel 2025 si possa far fronte per 3,8 miliardi attraverso il fondo per l’attuazione della delega fiscale. L’accorpamento dei primi due scaglioni con l’aliquota del 23%, applicata ai redditi fino a 28mila euro, con la contestuale riduzione da quattro a tre aliquote, è uno dei punti qualificanti della legge delega sul fisco. Per la conferma delle tre aliquote Irpef per il 2025, “il serbatoio già c’è, ci sarà un differenziale, ma penso che si potrà colmare anche alla luce degli interventi che si potranno fare con il concordato preventivo biennale”, ha precisato Maurizio Leo, vice ministro dell’Economia.

Il governo Meloni, quindi, ha già assicurato che l’Irpef a tre aliquote e la decontribuzione per i redditi fino a 35mila euro saranno confermate nel 2025. Ma la procedura di infrazione recentemente aperta dalla Commissione europea contro l’Italia per deficit eccessivo, e le nuove regole che fanno parte del patto di stabilità riformato, rendono il percorso verso la prossima legge di bilancio più accidentato del previsto. Lo abbiamo spiegato qui. 

Il caso del bonus per le mamme lavoratrici

Nell’elenco dei contributi diretti sugli stipendi in attesa di rinnovo c’è anche il bonus per le mamme lavoratrici. In questo caso la scadenza del contributo dipende dal numero di figli: per le madri con almeno due figli, dei quali uno di età inferiore ai dieci anni, l’orizzonte dello sgravio è la fine di quest’anno. La misura è garantita invece fino al 31 dicembre 2026 per le donne con almeno tre figli, di cui almeno uno minorenne. Questo bonus prevede, per una durata limitata, l’esonero al 100% dalla quota di contributi previdenziali per invalidità, vecchiaia e superstiti (Ivs) entro un limite massimo di tremila euro annui, pari a 250 euro al mese.

Di certo la misura non ha avuto molto successo. Come evidenziano i dati dell’Inps, in sei mesi poco più della metà delle lavoratrici dipendenti con un contratto a tempo indeterminato (484mila su 800mila potenziali beneficiarie) ha fatto domanda per l’esonero, gravato in parte anche dal divieto di cumulare il bonus con il taglio del cuneo fiscale. Stando alle indiscrezioni circolate finora, è possibile che la misura (in scadenza a fine 2024) venga rinnovata anche per le donne lavoratrici con due figli: su questa ipotesi, tuttavia, si attendono chiarimenti per il reperimento delle risorse nelle prossime settimane.

Fonte : Today