Su Azattyk il bilancio di Max Gdeorg Meier, cordinatore della Fondazione Seidel, che ha trascorso 22 anni in Kirghizistan promuovendo la cooperazione tra la Germania e il Paese post-sovietico. “Il popolo kirghiso non ha mai amato i governi assolutisti e oppressivi”, ma il crescente autoritarismo e la legge “sulle organizzazioni non commerciali” stanno rimettendo tutto in gioco.
Biškek (AsiaNews) – Max Georg Maier, il coordinatore della fondazione tedesca intitolata al primo ministro bavarese degli anni ’60 Hanns Seidel, ha tracciato in una conversazione con Azattyk un bilancio della sua ventennale attività a favore del Kirghizistan. Ben noto ai cittadini del Paese per il suo kalpak, il tipico copricapo kirghiso, ha parlato della cultura e della coscienza popolare del Kirghizistan, in tempi di grandi cambiamenti.
Maier osserva che “il popolo kirghiso è particolarmente legato alla natura, alla famiglia e alle generazioni più anziane”, e anche quando torna in Germania questo lo porta a rispettare in modo particolare le piante e gli animali, soprattutto i cavalli. Nella sua esperienza egli ha potuto osservare i passaggi degli ultimi decenni, dopo aver acquistato l’indipendenza alla fine dell’impero sovietico. Confrontando l’esperienza delle due Germanie dell’ovest e dell’est, egli nota che “pur con tutto l’appoggio, i problemi rimangono ancora oggi, e ai kirghisi nessuno ha dato tanto aiuto quanto noi ai tedeschi orientali”.
La fine dell’Urss aveva bloccato tutti i processi produttivi, si erano fermate le industrie e le fabbriche e la disoccupazione era diffusa a tutti i livelli, ma molte soluzioni sono state trovate, pur con grande fatica, anche perché “i kirghisi sono molto duttili, è una delle loro migliori qualità”, assicura l’esperto tedesco. Quest’anno Maier conclude la sua attività in Kirghizistan, tornando in patria dopo 22 anni, in cui si è immerso nei valori e nella cultura locale. Egli ringrazia per la “grande accoglienza” nei suoi confronti, ed esalta la grande energia dei kirghisi, che veniva soffocata ai tempi sovietici.
La base per ogni attività è la cultura della famiglia, che aiuta ad affrontare ogni difficoltà, e non sono mancate le fasi altalenanti anche nella politica locale. Per cinque anni vi è stato un sistema parlamentare, poi sostituito da quello presidenziale, evidenziando la necessità di “un presidente forte, e allo stesso tempo di un parlamento forte”, e le istituzioni devono essere supportate da “forti organizzazioni sociali e da un forte settore commerciale”, assicura Maier. Egli critica la legge “sulle organizzazioni non commerciali”, la variante locale delle misure contro gli “agenti stranieri” di ispirazione russa, e per questo ha anche rivolto appelli alle autorità di Biškek, perché “questa legge abbassa il rating del Kirghizistan”.
La legge è stata approvata dopo lunghe discussioni, e l’operatore tedesco mette in rilievo due aspetti: quello tecnico, ricordando la prima variante simile del 1999 e i tanti cambiamenti successivi, che hanno interessato da vicino le stesse attività del fondo Hanns Seidel, costretto a presentare quasi ogni mese nuove relazioni e bilanci, creando enormi difficoltà burocratiche. “Penso che ci siano fin troppe regole per le attività degli stranieri in Kirghizistan, non si sentiva il bisogno di un’ulteriore modifica”, spiega Maier.
Una questione ancora più essenziale riguarda le condizioni per cui fondazioni come quella di Maier hanno aperto proprio a Biškek, e non a Taškent o Astana: il Kirghizistan si presentava come “un’isola di democrazia nell’Asia centrale”, un Paese più liberale che ha attirato molte associazioni occidentali. Gli ultimi sviluppi “hanno gettato un’ombra negativa sull’immagine del Paese”, che si presenta anch’esso ormai come uno Stato autoritario, non tanto diverso dal vicino Tagikistan, mentre “se si guarda alla storia, il popolo kirghiso non ha mai amato i governi assolutisti e oppressivi”.
Ora tutto si rimette in gioco, e le tante attività coinvolte con rapporti all’estero attendono di capire quale sarà il loro destino. Maier confida nella “forza della società civile kirghisa”, anche se attualmente essa appare “piuttosto stanca e provata”, come dimostrano anche le basse percentuali di votanti alle ultime elezioni. Lui intanto ritorna in Germania con la moglie turca e con i suoi 200 kalpak, “un simbolo di indipendenza, di grande cultura e armonia con la natura”, confidando nel futuro positivo del popolo kirghiso.
Fonte : Asia