Kamala Harris sui social network, fra alberi di cocco e riferimenti a Beyoncé

Non è Alexandria Ocasio-Cortez, con il suo stile di comunicazione informale e molto, molto vicino alle giovani generazioni (celebre il tweet di gennaio 2019 con la citazione di Watchmen), e però Kamala Harris ha parecchi punti in comune con la deputata di New York. Che fra l’altro le ha già espresso pubblicamente il pieno sostegno.

È donna, appartiene in qualche modo a una minoranza etnica, non è bianca, è relativamente giovane (o comunque non quasi ottantenne) e sui social ha un seguito decisamente importante. Nonostante che non sia ancora sulla piattaforma più significativa. Non personalmente, almeno.

Kamala Harris e i KHive su TikTok

Harris, che al momento in cui scriviamo è la candidata dei Democratici per la corsa alla Casa Bianca e la sfida elettorale contro Donald Trump, non è su TikTok ma in realtà è su TikTok: diversamente dal suo avversario, non ha un profilo personale, ma sul social di ByteDance ci sono decine di profili che la sostengono, di cui almeno 4 grandi o molto grandi come Kamala HQ, che prima era BidenHQ (oltre 100mila follower guadagnati in un giorno), che ripostano i suoi interventi e le sue dichiarazioni e in generale la supportano.

I follower di Harris hanno accettato la definizione di KHive, un termine coniato dalla giornalista americana Joy-Ann Reid che riprende il BeyHive usato per i fan della cantante Beyoncé (in inglese, hive significa alveare), e proprio in queste ore si stanno facendo sentire online: l’hashtag #khive è molto usato soprattutto su Twitter, così come le emoji della noce di cocco e (collegato a questo) un video di maggio 2023 in cui Harris dice la sua ormai celebre frase sull’essere “appena caduti da un albero di cocco”, che per lei ha più o meno il significato del nostro “non sei nata sotto un cavolo”. Fra l’altro, la sua frase su “You think you just fell out of a coconut tree?” viene in questi giorni remixata con la musica di Look what You made Me do, una nota canzone di Taylor Swift. Che sembra una coincidenza ma probabilmente non è una coincidenza.

Ancora: sui social si parla molto del suo essere brat (una monella, in inglese), citazione del nuovo disco della giovane cantante inglese Charlie XCX, stanno andando fortissimo i meme con la sua risata (quella che secondo Trump sarebbe “da malata di mente”) e stanno tornando a circolare sia una vecchia storia (questa) sugli 8mila dollari a lei donati dalla famiglia Trump fra 2011 e 2014 sia soprattutto un video del 2020 in cui Harris attaccava frontalmente Trump nel corso della campagna per le elezioni presidenziali di allora.

I numeri di Kamala Harris sui social

Quanto ai numeri veri e propri, in attesa di un possibile debutto su TikTok, Harris ha 4,5 milioni di follower su Facebook, dove il profilo è ancora parecchio attivo nonostante che il più antico fra i social abbia ormai un peso relativamente ridotto nell’arena politica, e oltre 15 milioni su Instagram.

Il suo principale bacino di utenza resta comunque Twitter (o X, come dovrebbe chiamarsi secondo Musk) anche grazie al fatto che ha due profili, come vuole una tradizione introdotta a maggio 2015 durante la presidenza Obama: c’è il suo account personale, che ha circa 20 milioni di follower, e c’è l’account VP (vicepresident, cioè), che è quello istituzionale, che cambia di mano al cambiare della persona in carica, dove a seguirla sono in circa 14,5 milioni. I tweet più o meno si accavallano e si equivalgono, con il primo che spesso riposta contenuti del secondo, soprattutto in questi mesi di campagna elettorale.

Si tratta di una comunicazione tendenzialmente formale (non è AOC, come detto) ed è difficile capire se possa aiutarla a guadagnare le preferenze degli indecisi o addirittura a fare cambiare idea agli elettori di Trump, ma non è escluso che cambi con l’avvicinarsi del voto. Forse proprio grazie all’esempio scanzonato e decisamente fuori dalle righe che le stanno fornendo i follower. Che le Presidenziali 2024 negli Stati Uniti siano le prime elezioni UGC o comunque influenzate in qualche modo dal cosiddetto user-generated content, cioè appunto dai contenuti creati dalle persone comuni?

@capoema

Fonte : Repubblica