Il vescovo di Rajshahi, presidente della Commissione Giustizia e pace della Conferenza episcopale del Bangladesh, ad AsiaNews: “Il blocco del Paese danneggia soprattutto i poveri. Giustizia per quanti sono stati uccisi, ma sia mantenuto l’ordine”. Mentre Dhaka da stamattina prova a ripartire è salito ad almeno 197 morti il bilancio delle vittime. Gli studenti denunciano la sparizione di alcuni loro leader nell’ondata di arresti. Il governo punta il dito contro l’opposizione e “complici” stranieri.
Dhaka (AsiaNews) – Mons. Gervas Rozario, vescovo di Rajshahi e vicepresidente della Conferenza episcopale cattolica del Bangladesh, chiede al governo di revocare il coprifuoco imposto nel Paese dopo gli scontri di questi giorni nati dalle proteste sul sistema delle quote per i posti di lavoro pubblici. “A causa del coprifuoco il reddito delle persone bisognose è stato bloccato. Chiedo al governo di interromperlo”, spiega Rozario ad AsiaNews. “Gli studenti hanno iniziato il movimento, ma poi è diventato una questione politica con i leader dell’opposizione che hanno cercato di far cadere il governo creando disordini e violenze”, ha aggiunto.
Rozario, che è anche presidente della Commissione episcopale per la Giustizia e la pace, racconta che ora “la situazione sembra sia quasi sotto controllo; per questo il coprifuoco dovrebbe essere interrotto per le persone bisognose”. Chiede giustizia per quanti sono stati uccisi e feriti, ma anche un’azione adeguata per controllare la situazione di disordine.
Dopo cinque giorni di stallo, in Bangladesh la situazione sta cominciando a normalizzarsi da questa mattina. Con l’allentamento del coprifuoco, sono stati riaperti uffici, tribunali e banche, mentre il traffico è aumentato su strade e autostrade. Da ieri sera, in alcune aree è disponibile un accesso limitato a Internet.
Il bilancio delle violenze è salito ad almeno 197 persone uccise in tutto il Paese, mentre oltre 2.000 sono quelle rimaste ferite. Tra le vittime ci sono studenti, attivisti politici, giornalisti e cittadini comuni. Sono stati incendiati e vandalizzati diversi edifici pubblici e privati, tra cui la metropolitana, la superstrada, l’edificio della tv pubblica, i cantieri per la costruzione di ponti e le strutture per la gestione dei disastri. Molti veicoli pubblici e privati, tra cui autobus e camion, sono stati distrutti. A Dhaka, la polizia ha presentato 61 denunce contro 90.000 persone. In tutto il Paese sono stati già 2000 gli arresti, tra cui anche quelli di alcuni leader dell’opposizione.
P. Tushar James Gomes, segretario generale aggiunto della Conferenza episcopale del Bangladesh, ha detto ad AsiaNews che nessun edificio o struttura ecclesiastica risulta essere stata attaccata o danneggiata.
Il 21 luglio la divisione d’Appello ha annullato il verdetto dell’Alta Corte sulle quote nei posti di lavoro statali ordinando l’abbassamento delle quote riservate al 7% – il 5% per i figli e i discendenti degli eroi della guerra di liberazione del 1971, l’1% per le minoranze nazionali e l’1% per le persone con disabilità o del cosiddetto “terzo genere”. Le quote per le donne e per i distretti arretrati sono state eliminate nella nuova versione. Fino al 2018 addirittura il 56% dei posti di lavoro governativi era riservato a candidati appartenenti a varie quote: 30% per i figli e i nipoti dei combattenti per la libertà, 10% per le donne, 10% per gli abitanti dei distretti sottosviluppati, 5% per i membri delle minoranze nazionali e 1% per i disabili fisici. Il ministro della Giustizia Anisul Huq ha confermato che il governo attuerà questo verdetto.
Anche i coordinatori del movimento studentesco contro la discriminazione ieri hanno tenuto una conferenza stampa presso l’auditorium della Dhaka Reporters Unity (DRU), con un gran numero di poliziotti schierati sulla strada di fronte. Hanno ribadito le loro quattro richieste: innanzitutto il ripristino dell’accesso a Internet e la revoca del coprifuoco. Poi l’abbandono dei campus universitari da parte delle forze dell’ordine, garantendo un ritorno sicuro per gli studenti. Infine chiedono garanzie per i coordinatori del movimento.
Uno dei leader, Sarjis Alam, ha attribuito all’atteggiamento del governo nei confronti del movimento per la riforma delle quote l’esplosione della situazione. Ha dichiarato che i danni inflitti a molte famiglie sono irreparabili. Nella conferenza stampa è stato reso noto che Asif Mahmud, uno dei coordinatori, insieme ad Abu Bakr Majumdar e Rifat Rashid, sono scomparsi dal 18 luglio.
Da parte sua il ministro degli Esteri Hasan Mahmud ha puntato il dito contro il premio Nobel per la pace Muhammad Yunus, accusandolo di tradimento per aver chiesto un intervento della comunità internazionale nella questione della riforma delle quote. Mahmud ha anche criticato le dichiarazioni della chief minister dello Stato indiano del West Bengal Mamata Banerjee, e annunciato che saranno mostrati ai diplomatici i luoghi delle distruzioni e degli incendi dolosi. Il governo di Dakha sostiene anche di aver identificato finanziatori delle proteste che accusa di aver agito attraverso pagamenti dall’estero.
Il fatto certo è che a pagare le conseguenze del blocco del Paese sono soprattutto i più poveri. La stessa premier Sheikh Hasina ha chiesto ai sostenitori dell’Awami League di mobilitarsi per prestare aiuto a chi in questo momento è maggiormente in difficoltà.
Fonte : Asia