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Francesca Piccinini a Fanpage.it ha raccontato le sue esperienze olimpiche e ha riavvolto il nastro della sua carriera con uno sguardo alla Nazionale di volley femminile che si presenta a Parigi e a tutto il movimento italiano.
Francesca Piccinini è un simbolo della pallavolo italiana e mondiale. Il suo viaggio nel mondo del volley è stato incredibile ed è iniziato da giovanissima, quando ha esordito a 13 anni nella Carrarese e passo dopo passo questo percorso l’ha portata sul tetto del mondo.
La schiacciatrice toscana ha partecipato a ben quattro edizioni dei Giochi Olimpici (Sydney 2000, 9° posto, Atene 2004, 5° posto, Pechino 2008, 5° posto e Londra, 5° posto) e con la maglia azzurra ha collezionato ben 503 presenze, mettendo insieme la medaglia d’Oro ai Campionati del Mondo 2002, la medaglia d’argento agli Europei nel 2001 e quella di bronzo nel 1999, la medaglia d’oro ai Campionati Europei e Grand Champions Cup nel 2009 e la medaglia d’oro nella World Cup nel 2007. L’unico neo in carriera, probabilmente, per la campionessa nata a Pietrasanta, la mancata medaglia olimpica. A Fanpage.it Francesca Piccinini ha raccontato le sue esperienze olimpiche e ha riavvolto il nastro della sua carriera con uno sguardo alla Nazionale di volley femminile che si presenta a Parigi e a tutto il movimento italiano.
Cosa fa oggi Francesca Piccinini?
“Lavoro, seguo la pallavolo ma non la pratico più. Faccio altre cose extra sport, extra volley e nel tempo libero gioco a padel”.
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Come ci si sente ad essere un’icona della pallavolo italiana e mondiale?
“Orgogliosa perché comunque è venuto tutto così in maniera spontanea. Io mi allenavo, mi impegnavo e vincevo ma sono sempre stata me stessa. Piano piano con tutti i miei obiettivi, i miei traguardi alla fine sono diventata famosa. Mi fa piacere avere un pubblico molto ampio e sono contenta perché li ho fatti divertire, mi hanno preso come esempio e sono cresciuta insieme ai fan in questa esperienza”.
Non sente anche una responsabilità nell’essere un simbolo?
“Di responsabilità sicuramente, anche quando magari giocavo negli ultimi anni. Ho smesso che avevo 42 anni e ho iniziato che ne avevo 8, a 14 ero già in Serie A, però al di là di quello ho fatto la mia crescita e chiaramente sono stata bimba io e mi sono affidata a quelle più grandi di me, poi dopo chiaramente il percorso della vita è quello e arrivi a una certa età quindi a 27-28 anni che è una consapevolezza diversa da quando ne avevi 20-18 e quindi ho fatto quello che precedentemente avevano fatto con me. Ho cercato di dare consigli, di dare anche dei valori e di mettermi a disposizione della squadra per questo sono rimasta comunque in bellissimi rapporti con chi ho giocato e tutt’oggi comunque ci sentiamo, mi fa molto piacere questa cosa qua”.
Da dove nasce la sua passione per la pallavolo?
“Nasce quando avevo otto anni. Ho fatto altri sport prima come equitazione, ginnastica, però l’altezza sicuramente per la ginnastica non era un fattore positivo. E poi, come tante bambine di quella età, guardavo i cartoni animati alle quattro e c’era Mila e Shiro. Dopo aver fatto i compiti mi sedevo e guardavo gli episodi ogni giorni, da lì ho iniziato a volere solo la pallavolo e volevo incontrare Mila in Giappone. Alla fine non l’ho incontrata e non ci ho giocato contro però sono andata con la Nazionale in Giappone diverse volte”.
Lei ha esordito in Nazionale maggiore a sedici anni ed è arrivata a 503 presenze: cosa vuol dire indossare la maglia azzurra?
“A 16 anni facevo Under 16, Juniores e Seniores, quindi ho fatto tutte le tre nazionali, perché comunque avevo l’età giusta per poter giocare. Con le minori facevo solo le competizioni stando sempre comunque nella nazionale maggiore ma sono stati anni incredibili. Ho fatto 20 anni di Nazionale e sono tanti, ad un certo punto diventa una seconda pelle, perché comunque vai in giro per il mondo con la maglia azzurra e c’è proprio un’atmosfera dentro il cuore diversa. È pazzesca. Mi reputo una ragazza fortunata perché sono riuscita a far tanti anni nazionale, arrivare ad altissimo livello e non è così semplice. Io adesso sono tanto a contatto con giovani che vorrebbero arrivare lì, però mi rendo conto che magari su 100 forse una arriva lì”.
Il suo è stato un percorso esemplare.
“Non è così semplice, quindi sono super contenta di quello che ho fatto. Poi in quegli anni lì abbiamo piano piano costruito la Nazionale, perché comunque negli anni precedenti non è che l’Italia vincesse tanto nella pallavolo. C’erano altre nazionali molto più forti. Poi dal 2000 con la qualificazione per le Olimpiadi, la prima per quanto riguarda la Nazionale Femminile di Pallavolo, abbiamo preso più consapevolezza. Tutti avevano più contezza dei propri mezzi e abbiamo iniziato a fare la nostra strada, il nostro percorso vincendo Europei, Mondiali, etc etc… un periodo che ha aperto le porte a quello che accade oggi, con la Nazionale che comunque sta continuando a crescere e a vincere”.
Lei ha partecipato a ben quattro edizioni dei Giochi Olimpici: cosa vuol dire essere parte di un evento così per un’atleta?
“A Rio nel 2016 avrei fatto la mia quinta Olimpiade ma dopo la qualificazione in Giappone non ero molto soddisfatta di certe cose con l’allenatore che c’era all’epoca e dato che avevo 37 anni, mi sono detta che sarei andata solo per cercare di andare a prendere una medaglia: non c’erano i presupposti giusti e quindi, a malincuore, non sono andata a fare la mia quinta Olimpiade. Ho partecipato a quattro edizioni e ognuna ha un sapore diverso dall’altro ma la prima, quella di Sydney, è stata bella perché era già una medaglia essere lì. Era un grande orgoglio per noi. L’atmosfera e il villaggio olimpico sono una cosa unica. La cerimonia iniziale, tutti i campioni del mondo in uno stadio. Bellissimo”.
Si è parlato tanto della possibilità che Mazzanti la convocasse per Tokyo ma il CT fece un’intervista che le chiuse le porte del progetto azzurro: cosa c’era di vero in tutta quella storia?
“Io sono una chi dice quello che è, non ho bisogno di creare storie. C’era questa opportunità di andare a Tokyo dopo alcuni colloqui ma chiaramente le cose bisogna meritarle e io sono la prima a pensare questa cosa qua. Chiaramente sono passati degli anni però ci sono state cose che mi hanno fatto comunque male perché ho una parola sola. C’è stato questo avvicinamento, doveva essere così e poi…”.
Ha avuto una carriera meravigliosa ma, se proprio dovesse scegliere, qual è il momento più felice o quello in cui si è sentita meglio?
“Visto che siamo in clima olimpico sicuramente la ventenne che entra nello stadio con la divisa della nazionale italiana, con il portabandiera che sventolava il tricolore: quello è stato un momento magico perché comunque era un sogno che si era avverato. Poi, chiaramente, sono stati tanti momenti gioiosi della mia carriera, le vittorie. Il più bello? Sono momenti tutti diversi per i quali lavori tanto e fai tanta fatica per arrivare in cima. Potrei dirti la Champions a 41 anni e la penultima a 37 ma non posso non passare anche per le sconfitte, che alla fine sono delle emozioni che ti fanno poi crescere”.
Che idea si è fatta del caso Egonu post-Mondiale 2022 e tutto quello che ne è scaturito?
“Io penso che si è parlato tantissimo di quella storia e che oggi vada un attimo messa da parte. Allora, intanto, non è un gioco individuale e siamo tutte indispensabili: Paola è sicuramente una delle giocatrici più forti che c’è, però chiaramente c’è bisogno di tutti perché un giocatore solo in uno sport di squadra non riesce. Si vince tutte e si perde tutte. Oggi la vedo molto bene, la vedo contenta e la vedo molto più più tranquilla. Poi i problemi che ci sono stati in passato tra squadra, allenatore… se ne è parlato talmente tanto che secondo me non ha più senso, sono cose che capitano, sono capitate in passato anche in altre squadre e in altre nazionali. Ci sono momenti positivi e momenti negativi, quando si vince è tutto bello, quando si perde si punta il dito. È sempre stato così, però io oggi vedo una Paola serena, una Paola che si mette a disposizione… in realtà si è messa sempre a disposizione della Nazionale, della squadra, chiaramente per vincere c’è bisogno di tutte e 14 e anche degli allenatori. Di tutti”.
Qual è il suo parere, dal punto di vista tecnico, sulla squadra di Velasco?
“La giudico una squadra molto forte, molto completa. Una squadra che sicuramente è molto cresciuta dalle Olimpiadi di Tokyo. Una squadra che ha molta più consapevolezza e a livello tecnico anche perché con il passare degli anni hai più esperienza e cresci sempre più. È vero anche che crescono anche le altre però a livello generazionale penso che abbiamo delle qualità in più a livello tecnico noi come Nazionale Italiana. Le Olimpiadi sono una storia a parte e sarà il campo a dire chi se lo merita di più, chi giocherà meglio, chi arriverà più preparato tecnicamente, fisicamente, che poi dopo avrà la meglio però così secondo me noi abbiamo una bellissima squadra”.
Che momento è per il volley azzurro in generale?
“Si sta cercando di valorizzarlo di più, è un momento di crescita e spero ce ne sia sempre di più perché penso che, in generale, sia giusto dare la possibilità a qualsiasi sport di avere il giusto riconoscimento non solo quando ci sono le Olimpiadi, ma quando ci sono tutte le varie manifestazioni. I palazzetti sono sempre stati pieni, con o senza tv, quindi vuol dire che alla gente piace. Magari è importante dare la possibilità alla gente che non riesce a muoversi di vederla. Questa è una cosa positiva e dico di non fermarsi ma di cercare sempre di fare di più. Però, a questo proposito, devo ricordare che la finale di Champions giocata da due squadre italiane non è stata trasmessa in chiaro in TV ma è andata solo su DAZN. Abbiamo mostrato la finale di Champions League di calcio con una spagnola e una tedesca ma non quella di volley con due italiane. Ecco, qui si potrebbe migliorare”.
È più difficile vincere tutti i premi MVP che ha collezionato nella sua carriera o fare Pechino Express?
“È più difficile vincere un premio MVP però è stato divertentissimo, mi sono divertita veramente tantissimo, è stata proprio un’esperienza unica, unica e ripartirei domani mattina. È stato emozionante perché comunque all’interno c’era la sfida e a volte avevo quell’adrenalina, quelle emozioni, che vivevo in alcune situazioni che era comunque da un paio di anni che non le vivevo. Mi è piaciuto”.
Cos’è la pallavolo per Francesca Piccinini?
“È stata una storia d’amore intensa, molto importante. Ho dato tantissimo alla pallavolo e ha ricambiato, perché mi ha dato tanto anche lei. Come tante storie d’amore poi finiscono però mi ha fatto battere tanto il cuore”.
Un futuro da coach?
“Mai dire mai. Per il momento no, poi la vita chissà… forse è ancora troppo presto essendo stata in palestra 24 ore su 24 per tantissimi anni, fare l’allenatrice vorrebbe dire stare un’altra vita in palestra tanto tempo e in questo momento non è la mia priorità. Però chissà, vedremo in futuro”.
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Fonte : Fanpage