Startup, cosa vuole fare il governo (spoiler: poco)

Il governo Meloni si prepara a varare una riforma di regole e incentivi per le startup. Un documento a cui ha lavorato nei mesi scorsi il ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit), per aggiornare lo Startup Act, il primo decreto sulle aziende innovate emanato nel 2012 da Corrado Passera, allora ministro dello Sviluppo economico sotto il governo Monti. La prima legge che riconosceva un perimetro ad hoc per le startup ma che, dopo dodici anni di onorato servizio, richiedeva un aggiornamento, come richiesto anche in occasione del decennale da molti osservatori, imprenditori ed esperti del mondo startup. E che tuttavia il governo Meloni rischia di lasciare di nuovo delusi, dato che l’intervento è molto limitato e sembra avere tenuto poco da conto le necessità del settore. La classica montagna che partorisce il topolino.

Basti pensare che dallo Startup Act (alias decreto legge 179 del dicembre 2012), che ha anche istituito appositi albi per censire le startup nazionali, le aziende innovative sono passate dalle 1.467 nel 2013 a 14.708 nel 2022, con un aumento medio del 29% annuo. Anche l’occupazione nel settore è cresciuta a vista d’occhio e secondo i dati contenuti nella relazione che accompagna la bozza del disegno di legge, che Wired ha potuto visionare, ha superato le 23.800 unità nel 2022, con un incremento del 10,8% rispetto all’anno precedente.

L’intervento del governo Meloni, che si inserisce nell’alveo dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), è contenuto nel disegno di legge sulla concorrenza. La discussione è in calendario per il Consiglio dei ministri di venerdì 26 luglio, ma potrebbe slittare a settimana prossima per tensioni all’interno della maggioranza su alcune misure del decreto.

Aggiornare la definizione di startup

Nello specifico, la riforma dello Startup Act si articola su tre assi. Il primo è l’aggiornamento della definizione di startup innovativa. La bozza di decreto messa a punto dal ministero guidato da Adolfo Urso, in quota Fratelli d’Italia, prevede un aggiornamento del termine per il mantenimento della qualifica di startup innovativa a 60 mesi. Questo tempo si calcola a partire dall’iscrizione nel registro speciale delle camere di commercio. Per i settori strategici, la durata è protratta fino a 7 anni. Inoltre viene introdotto un requisito di capitale sociale minimo di 20mila euro. Una stretta rispetto a quanto previsto finora, con la possibilità di costituire delle società a responsabilità limitata (srl) anche con 1 euro o comunque con un capitale inferiore ai 10mila di soglia, ma con l’obbligo di versarlo tutto.

Secondo quanto si legge nel decreto, l’obiettivo del governo sarebbe di fare piazza pulita di aziende il cui business non è mai realmente decollato. E la soglia dei 20mila euro è stata individuata prendendo spunto dai requisiti che vengono richiesti ai cittadini extra-europei per poter ottenere il visto speciale italiano legato alle startup (che, tra le altre cose, prevede una disponibilità di risorse non inferiore a 50mila euro). Per il governo portare questo dato alla metà sarebbe già una agevolazione, mentre nel mondo startup viene vista come una tagliola. Anche perché in cambio non ci sono aiuti fronte lavoro o reali sostegno. Una stretta poco utile, per un paese dove fare impresa è difficile, ancor più se parti da zero, con un’idea innovativa e cerchi capitale.

Fonte : Wired