Perché ad Amazon la Finanza ha sequestrato 121 milioni

La Guardia di finanza di Milano ha eseguito un sequestro preventivo di oltre 120 milioni di euro nei confronti di Amazon Italia, nell’ambito di un’indagine della procura di Milano su un presunto sistema di frode fiscale. L’operazione, condotta dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria, segue accuse simili mosse nel 2018 dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) e confermate nel 2023 dal Tar Lazio.

Al centro dell’inchiesta vi è l’utilizzo da parte di Amazon di corrieri locali non autorizzati, sui quali l’azienda avrebbe esercitato un controllo stringente, imponendo le proprie tariffe: una pratica che ovviamente viola i contratti di lavoro vigenti in Italia. Nonostante tali pratiche fossero già state contestate al colosso americano non sono state adottate misure correttive da parte dell’azienda. Le autorità hanno indagato tre manager e accusato la società di responsabilità amministrativa per reati aziendali.

Cosa c’è nell’indagine

Nello specifico, l’indagine si concentra su un presunto schema di appalti in cui Amazon si rivolge a cooperative, consorzi e altre società intermediarie per i propri servizi di logistica. Queste, a loro volta, si avvalgono di altre società che omettono sistematicamente il versamento dell’Iva e degli oneri previdenziali e assistenziali. Questo vantaggio fiscale consente ad Amazon Italia transport di offrire prezzi più competitivi.

La procura sostiene che, attraverso questa “filiera della manodopera“, i rapporti di lavoro con la società committente (in questo caso Amazon Italia) sarebbero stati “schermati” da queste società intermediarie. In realtà, le cooperative non operano in autonomia, ma seguono direttamente le direttive di Amazon, che gestisce e controlla il lavoro senza formalmente assumere i dipendenti. Secondo la procura, Amazon Italia stabilirebbe rapporti con i consorzi attraverso l’uso di fatture false per operazioni inesistenti emesse in seguito a contratti fittizi per forniture di manodopera.

Mettersi in proprio

A quanto pare, sarebbe Amazon stessa a incoraggiare individui con attitudini imprenditoriali, tramite annunci, a investire tra 10.000 e 25.000 euro per costituire società a responsabilità limitata e gestire la consegna dei pacchi nell'”ultimo miglio”, quella cioè dal magazzino alla destinazione scelta dal cliente acquirente del prodotto online. Tuttavia, nonostante questi imprenditori siano formalmente indipendenti, sarebbero di fatto diretti dal software gestionale di Ait-Amazon transport srl, che eserciterebbe poteri da datore di lavoro.

Il fenomeno inquadrato dall’inchiesta si colloca quindi al punto di incrocio tra la classica esternalizzazione fraudolenta e i più nuovi orientamenti aziendali “data-driven” con cui Amazon maschera i rapporti di lavoro. Questa sarebbe la 21esima inchiesta dei pm milanesi nel settore della logistica, la quale ha sinora totalizzato complessivamente 600 milioni di euro restituiti al fisco da colossi come Dhl, Gls, Uber, Brt, Geodis, Esselunga, Ups, Gs, Gxo, Schenker. Mentre una settimana fa anche la Procura di Torino, con il procuratore aggiunto Marco Gianoglio e la pm Giulia Marchetti, ha avviato accertamenti analoghi con perquisizioni di commercialisti, consulenti e imprenditori attorno a serbatoio di manodopera in rapporti con Amazon, Gls e Sda.

Fonte : Wired