C’è chi lo chiama “il social dei boomer” e forse non ha tutti i torti. Facebook ormai da tempo ha scelto di virare il suo algoritmo, premiando il frivolo. Tra reel di improvvisati creator e scene di film, in questi mesi sulla piattaforma impazza il “come eravamo”: centinaia di post con foto degli anni ’60, ’70 e ’80 che vorrebbero rievocare “i bei tempi che non torneranno mai più”, il tutto a scapito delle notizie e dei contenuti di qualità, che ormai vengono sistematicamente nascosti. Il problema è che quei post sono pieni di informazioni false e mostrano un Paese dei sogni che in realtà non è mai esistito.
Notizie sempre più oscurate, politica “bannata”
A confermare la “scelta editoriale” della società di Mark Zuckerberg, il fatto che in Italia non ci sia più un referente per il comparto media (editori e giornalisti); la responsabile che c’era fino a qualche mese fa è stata rimossa e nessuno l’ha sostituita. I motivi di questo abbrutimento sono molteplici: l’intrattenimento puro e la nostalgia sono sicuramente argomenti meno problematici, che movimentano molto senza esporre più di tanto Meta a controversie con gli organismi di controllo. A dare la botta finale alla diffusione di notizie e dei contenuti su temi sociali e politica sono stati il Covid e le guerre in Ucraina e Medio Oriente, a causa della condivisione massiva di fake news che hanno costretto le piattaforme a investire molto nei controlli. E in rete tutto quello che richiede un intervento umano – e quindi degli stipendi da pagare – è visto come la peste. La politica poi è stata praticamente bannata (su Instagram per vedere i post che ne parlano bisogna addirittura andare nelle impostazioni e togliere un flag…), basta confrontare i numeri sui profili dei leader con quelli di un paio di anni fa. La questione è stata recentemente oggetto di un esposto all’Agcom firmato da 43 parlamentari di tutti gli schieramenti e 5 giornalisti (tra cui il sottoscritto) in cui si evidenzia come l’iniziativa della società statunitense rappresenti un “serio pericolo” per il corretto funzionamento del sistema democratico.
Va da sé che i contenuti più proposti da un social come Facebook, frequentato notoriamente da un pubblico più maturo, siano quelli che ci riportano al passato, invogliando alla “reazione” e soprattutto alla “condivisione” una massa di utenti che approcciano alla rete con lo stesso spirito con cui si sostengono accese discussioni nei centri anziani di Tagliacozzo o nelle osterie di tutto lo Stivale. In molti casi sono persone che non sono in grado di leggere il presente e cercano sicurezze guardando a ciò che è stato, in altri a muovere il “like” è semplice nostalgia (si rivedono in quegli scatti), nei casi più gravi c’è un disprezzo verso le nuove generazioni, considerate meno produttive e prive di valori. La stessa politica, nascosta dall’algoritmo, riemerge in altre forme, attraverso la negazione dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici, soprattutto quando si esaltano automobili del passato, quelle che “con 5 mila lire di gasolio ti portavano al mare”.
E così troviamo il “social blu” inondato di post raccapriccianti, pieni di messaggi diseducativi e informazioni false o parziali. Donne che prendono il sole, presumibilmente a metà degli anni ’80, “quando non c’erano i cellulari, i ritocchi estetici e TikTok”, allegre famiglie che girano in quattro su una Vespa “Altri tempi” (e meno male…); e ancora: “Noi che… le famiglie numerose di una volta, mangia uno, mangiano tutti”; “Quando si arrivava con le auto direttamente sulla spiaggia… tempi che non ritorneranno mai più (e manine che applaudono). Il tema “villeggiatura di una volta” ispira il post più condiviso negli ultimi mesi, presente in decine di pagine accompagnato da foto di album di famiglia, perché evidentemente Facebook sa bene che sono sempre meno gli italiani che possono permettersi di andare in vacanza e quelli che possono staccano al massimo per un paio di settimane.
E allora largo al ricordo artefatto: “C’era una volta – si legge nel post che giustamente inizia con le parole di una favola – la vacanza estiva che durava dai due ai tre mesi. Aveva un nome obsoleto ed in disuso, ‘la villeggiatura’. Tanti partivano addirittura ad inizio giugno od ai primi di luglio e tornavano a metà settembre. L’ autostrada era una fila di Fiat 850, 600, 1100, 127, 500 e 128, Maggiolini e Prinz. Non era guardato affatto chi aveva la Bmw la Mercedes o l’Audi, perché gli status symbol allora non esistevano. Era tutto più semplice e più vero”. Il testo prosegue con una quantità di inesattezze, di idiozie e di luoghi comuni da far impallidire i social media manager di Matteo Salvini, dal “mare più pulito” all’Italia “terza potenza mondiale” (al massimo siamo stati la quinta per un paio d’anni scarsi, dal 1990 al 1991, a causa di un deprezzamento della sterlina). La tesi è che la società di oggi fa schifo, che è solo apparenza e che “loro”, con le loro vecchie auto inquinanti, da giovani erano migliori di quelli arrivati dopo e soprattutto hanno avuto la fortuna di vivere in tempi irripetibili. Insomma, un regolatore dell’umore con una punta di Lsd sotto forma di post su Facebook.
Perché è sbagliato fare paragoni
In realtà definire dei tempi “migliori” di altri è assai stupido e si rischia di incorrere in contro narrazioni che possono causare turbamenti. L’Italia di quegli anni era “l’Africa d’Europa”, un Paese povero, con un’inflazione alle stelle e con moltissime famiglie che vivevano in condizioni igienico sanitarie drammatiche. A fare la mitologica “villeggiatura” di tre o quattro mesi erano in pochissimi; l’aspettativa di vita nel 1960 era di 69,8 anni, oggi è di 81,5 anni: prima del 1971 non c’erano le Tac e non c’erano molti vaccini obbligatori, in compenso c’era la poliomelite e un tasso di mortalità infantile altissimo. Sulle teste dei bambini vivevano colonie di pidocchi, eravamo circondati di amianto e di scarichi industriali che ci avvelenavano a due passi dalle case. I centri storici di città come Napoli, Bari e Palermo erano off limits perché controllati dalle mafie, con gente che veniva freddata di giorno in mezzo alla strada. E poi gli anni di piombo, le stragi di Stato, la classe politica più corrotta della storia. Nel 1972, con molti meno mezzi in circolazione, i morti sulle strade sono stati più di 11 mila (le belle auto di una volta e le famigliole in quattro sulla vespa…), nel 2023 poco più di 3 mila. I giovani di oggi vivono nell’esaltazione dell’apparenza e degli status symbol, ma molte delle loro nonne indossavano inutili pellicce. E comunque, parcheggiare l’auto sulla spiaggia non era bello, era incivile.
Fonte : Today