L’Intelligenza artificiale è più di un chatbot. È più di un effetto spesante che può coglierci davanti a un testo ben scritto o un’immagine fantasiosa tracciata con cura da un software. È più dello stesso hype che circonda queste nuove tecnologie, capaci di muovere sia miliardi di investimenti che paure millenaristiche sulla fine imminente della razza umana.
Una rappresentazione plastica è quello che sta avvenendo nelle aziende italiane. Nelle grandi aziende perlomeno. Guardando quei processi si può capire perché un uso ampio e intelligente delle tecnologie legate all’apprendimento delle macchine può portare a quell’aumento della produzione industriale italiana pari al 25% entro il 2030, come diversi report in questi mesi hanno raccontato.
L’Ai entra in azienda. Nono solo come chatbot
Ci sono settori che apparentemente sembrano lontani dall’Ai, da Chatgpt e Midjourney. Ma che in realtà hanno già adottato queste tecnologie. Con consapevolezza dei rischi e delle opportunità: “Credo sia necessario superare la paura dell’Intelligenza artificiale. Non sostituirà l’uomo, ma l’uomo che non la utilizzerà sarà sostituito da uomini in grado di usarla. Evitarla o temerla non ha senso. La tecnologia prima o poi arriverà e cambierà il modo di lavorare”. Emiliano Sorrenti è il responsabile Digital e It di Acea, la utility romana dei servizi idrici e energetici.
Tra marzo e aprile è stato in Silicon Valley dove ha visitato le sedi delle maggiori tech company che si occupano di Ai. Meta, Microsoft, Antropic, OpenAi, Google. Obiettivo: portare quelle tecnologie nella sua azienda. Provare a declinarle su alcuni settori. Di fatto, tutti i settori che impegnano Acea: relazioni coi clienti, organizzazione interna e controllo delle infrastrutture. “L’Ai è una tecnologia che coinvolge tutti gli aspetti di un’azienda. È una leva per fare meglio il proprio lavoro, in modo più efficiente”, racconta. Ma come?
L’Ai per organizzare il lavoro, gestire i flusssi e creare operatori ‘potenziati’
“Come Acea abbiamo deciso di usare l’Ai in tre ambiti principali: nel lavoro dei dipendenti, nel servizio ai clienti e nella manutenzione degli impianti. Per farlo, abbiamo avviato diverse collaborazioni, una con Google per la sua Ai Gemini, una con Microsoft e OpenAi per i loro chatbot. Un’Ai conversazionale, ancora in fase sperimentale, sarà applicata sia per uso esterno, quindi nel rapporto coi clienti, che in ambito interno, quindi dedicata ai nostri operatori”, spiega il manager. In dettaglio Acea userà i chatbot delle due big tech per offrire un servizio clienti adeguato a ogni tipo di richiesta, con ogni tipo di tono usato verso la macchina dai circa 10 milioni di clienti dell’azienda. Dalla Silicon Valley la base tecnologica, in Acea l’addestramento dei chatbot su documenti, testi e manuali di Acea.
“L’abbiamo addestrata in maniera tale da dare sempre risposte informali e cortesi. Oggi è in grado di indicare e seguire i clienti nelle loro esigenze, dai problemi alle volture alle procedure di autolettura”. Sui tempi di implementazione al pubblico nella fase sperimentale da Acea fanno sapere che servirà ancora qualche settimana. Mentre è già attivo un secondo chatbot, quello destinato ai tecnici. Implementazione che dà un’idea più nitida di cosa intende Sorrenti quando parla di uomini in grado di usare l’Ai per il lavoro: “Oggi e in futuro se un operatore fa un’istallazione per un cliente avrà il supporto di un’Ai in grado di aiutarlo sia per i preventivi sia per gli interventi tecnici”, spiga. Come?
“Già adesso i nostri tecnici lavorano via tablet. E sempre su tablet avranno accesso a un’applicazione addestrata sui nostri manuali che in caso di necessità sarà in grado di intervenire, aiutare a comprendere un problema e trovare una soluzione più rapida e efficiente durante gli interventi”. Un operatore potenziato dall’Ai, non un’Ai che diventa operatore quindi? “Esatto”.
Sensori per controllare acqua e ridurre gli sprechi
Ma ci sono altri ambiti in cui Acea, così come molte grandi aziende del settore e non, stanno cominciando ad integrare l’Ai nei propri processi aziendali. Il primo riguarda l’organizzazione interna, con l’uso di chatbot e modelli linguistici di grandi dimensioni per creare documenti, riassumerli, individuare task ricorrenti.
Il secondo, più specifico di una realtà come Acea, riguarda invece la gestione delle proprie reti. Idriche e energetiche. “Abbiamo distribuito sulle nostre reti migliaia di sensori che monitorano i flussi idrici. I dati vengono raccolti a livello centrale e ci consentono di capire se ci sono inefficienze, dove sono, e quindi intervenire”.
Sono gli algoritmi di un’Ai a consentirlo. Anche se non hanno l’aspetto di un chatbot, consentono di monitorare gli oltre 56 mila chilometri di rete idrica del gruppo. “Grazie ad un approccio integrato, che ha previsto la revisione dei processi e l’adozione di tecnologie a base di AI, abbiamo ridotto il livello di perdite idriche che a Roma sono scese fino al 27,8%, un dato al di sotto della media nazionale che attualmente è del 42,4%”.
Sensori diffusi per migliaia di chilometri. Che monitorano i flussi. Segnalano perdite. Suggeriscono miglioramenti. Informazioni utili per l’azienda e per chi dovrà intervenire. Miglioramenti. Piccoli e grandi apportati da una nuova tecnologia. Che dimostra ancora una volta che, se applicata con intelligenza e misura, è in grado di aiutare uomini e aziende a migliorare. A volte a migliorarsi.
Fonte : Repubblica