Microsoft down, le immagini dei passeggeri degli aerei rimasti a terra

Venerdì 19 luglio a causa di un aggiornamento buggato rilasciato dal fornitore CrowdStrike, Microsoft è andato down in tutto il mondo. Sono migliaia i computer che per questo motivo sono rimasti bloccati, causando disagi di diverso genere, soprattutto per chi viaggiava. Infatti, fin dalla notte italiana ha provocato in diversi aeroporti: da Singapore a Los Angeles, passando per l’aeroporto di Gatwick di Londra a quello di Berlino, arrivando fino all’aeroporto Marconi di Bologna a quello romano di Fiumicino. C’è da dire che mentre da altre parti i disagi si sono verificati perché i sistemi sono andati in tilt, in Italia la situazione è rimasta tutto sommata moderata, subendo delle cancellazioni, ma solo di riflesso per la circostanza globale. Come accaduto a Fiumicino con 50 voli saltati.

E mentre Microsoft dichiarava di essere a conoscenza del guasto e di essersi già attivata per risolverlo, lunghe code di attesa si formavano in tantissimi aeroporti. Alla fine, i dati che ha reso noti Cirium, società specializzata nell’analisi dei dati aviatori, raccontano che nella sola mattinata di venerdì in tutto il mondo sono stati cancellati almeno 2850 voli commerciali e gli aeroporti che hanno subito più cancellazioni e ritardi sarebbero stati quello di Shenzen in Cina, quello di Amsterdam in Olanda e quello di Atlanta negli Stati Uniti.

Le immagini parlano da sole e raccontano un giornata di ordinaria follia all’interno degli aeroporti di tutto il mondo. Infatti, lunghe code e attese estenuanti, hanno messo alla prova viaggiatori di ogni età, che nel disorientamento generale provano a cercare informazioni sui proprio smartphone o chiedendo al personale di terra. In alcune circostanze, per i più “fortunati”, il check-in è stato eseguito manualmente pur di non fare saltare il volo, mentre per altri, dopo ore di attesa, l’amara sorpresa che il loro volo era stato cancellato. Ecco le immagini che raccontano le conseguenze del crash Microsoft di oggi.

Fonte : Wired