Così il governo Meloni riapre le centrali nucleari in Italia

In Commissione Ambiente al Senato è iniziata la discussione del disegno di legge per la reintroduzione del nucleare in Italia. Nonostante vi sia ancora molta confusione sullo status e sul ruolo delle diverse tecnologie nucleari, questa volta chi lo ha scritto ha se non altro inserito degli step concreti e importanti per il ritorno dell’atomo nel nostro paese. La prima e importante premessa da fare è che si tratta di una legge-delega: le disposizioni che renderanno la legge effettiva andranno quindi adottate dal governo.

Cosa va e cosa no nella legge sul nucleare in Italia

Nell’articolo 1 si enunciano le finalità del disegno di legge, ovvero la predisposizione di misure che consentano la ripresa della produzione di energia nucleare in Italia, la predisposizione di normative di sicurezza adeguate per la prevenzione di incidenti e la tutela della salute dei lavoratori e la predisposizione di programmi di tutela e ripristino dell’ambiente. L’articolo due è quello più confusionario e scritto male, e di nuovo evidenzia che chi si occupa di queste cose a livello politico lo fa senza la adeguata competenza.

Il DDL vincola infatti il ministro dell’ambiente, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, a integrare il PNIEC con una previsione di mix energetico che includa una quota da “nucleare di nuova generazione” senza specificare quale.

Gli obiettivi di questa inclusione sarebbero tre:

  1. promuovere la ricerca su fissione avanzata e fusione, anche mediante la costruzione di impianti sperimentali, cosa che potrebbe essere fatta comunque senza integrazioni al PNIEC);
  2. favorire la partecipazione italiana a programmi di ricerca sulla fusione nucleare, con incremento dei finanziamenti alla ricerca (di nuovo, non si capisce cosa c’entri il PNIEC); 
  3. realizzare sul territorio nazionale impianti di produzione di energia “di nuova generazione” (Quale?) sia da fissione che da fusione.

Inutile dirvi che le cose, scritte così, non hanno alcun significato: intanto perché gli impianti per la produzione di energia elettrica da fusione se va bene li vedremo nel 2040, e poi perché la dicitura “nuova generazione” per la fissione può essere comodamente usata per non prendersi responsabilità riguardo alle tecnologie attualmente a mercato, e delegare tutto al futuro.

I pasticci del governo Meloni

L’articolo 3 prevede l’istituzione dell’Autorità Indipendente per l’Energia Nucleare, ovvero l’organo tecnico-politico che dovrebbe occuparsi delle procedure di licensing e certificazione, dell’istituzione dell’assetto regolatorio e della vigilanza. Questo è uno step effettivamente concreto e importante. Il DDL specifica anche la natura a-partitica dell’autorità, il processo di nomina e specifica alcuni requisiti dei membri (come il non aver lavorato o collaborato con aziende del settore nucleare, per evitare conflitti di interesse, e il non ricoprire altri incarichi dirigenziali, sia nel settore pubblico che in quello privato).

L’articolo 4 istituisce invece l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Nucleare, secondo le raccomandazioni della IAEA, per la valutazione dello stato corrente delle infrastrutture italiane e l’individuazione degli step da percorrere per arrivare il prima possibile alla costruzione di nuovi impianti. La nuova Agenzia andrebbe ad assorbire l’attuale ISIN (Ispettorato per la Sicurezza Nucleare), le cui funzioni e il cui personale sarebbero trasferiti al nuovo ente. Un errore del DDL (ma è un tecnicismo che suppongo sarà aggiustato in corso d’opera) è quello di attribuire all’Autorità Indipendente le funzioni di vigilanza, che invece sarebbero proprie dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Nucleare (visto che oggi è competenza proprio di ISIN).

Dove sorgeranno le nuovi centrali atomiche

L’articolo 5 finalmente dà l’incarico al ministro di individuare i siti idonei alla costruzione di impianti per la produzione di energia nucleare. L’elenco dei siti potenziali va approvato dal consiglio dei ministri ed è richiesto il parere favorevole anche dei presidenti delle regioni coinvolte (ci sarà da ridere, ma secondo me qualche regione disponibile si troverà). Questo punto è fondamentale perché il siting è il primo passaggio che va certificato a livello internazionale per la costruzione di un impianto nucleare. Se il siting viene approvato e certificato, è un punto fermo da cui potranno ripartire i futuri governi che vorranno continuare l’impresa di riportare l’Italia all’atomo.

Il deposito nazionale delle scorie radioattive

L’articolo 6 indica i requisiti per l’istanza di costruzione ed esercizio degli impianti nucleari. Ovviamente si tratta di un lungo elenco di documenti tra cui valutazioni di impatto ambientale, garanzie finanziarie, schede tecniche, adempimenti burocratici, etc. L’articolo 7 obbliga il ministro, ad un anno dalla data di approvazione della legge-delega, ad individuare il sito per la costruzione del Deposito Nazionale dei Rifiuti Radioattivi. Considerato che la discussione del DDL richiederà mesi e che tra meno di un anno rientrano in Italia i cask con il combustibile irraggiato dei nostri vecchi impianti, sarebbe auspicabile che il ministro si muovesse ben prima di tale data limite.

Da ultimo, l’articolo 8 stabilisce che il ministero, di concerto col ministero del Made in Italy, dovrà stabilire delle misure di compensazione per i comuni che ospiteranno gli impianti.

Se questo DDL venisse approvato nella sua forma attuale, ci sarebbe ancora molto da fare prima di poter vedere cantieri di reattori nucleari aperti in Italia. Ma ci sarebbero anche alcuni punti fermi da cui partire per tutto ciò che viene dopo. Per una volta, mi sento di giudicare positivamente il lavoro dei politici che hanno scritto questa bozza di partenza.

Fonte : Today