Bangladesh nel caos: sale il numero delle vittime nelle proteste degli studenti

Non si fermano le proteste in Bangladesh, dove la situazione è sempre più tesa. Gli scontri nel paese asiatico tra le forze dell’ordine e gli studenti, che manifestano contro un sistema di quote riservate di assunzione nel pubblico impiego, hanno provocato 50 morti, tra cui un giornalista, secondo un calcolo effettuato dall’agenzia Afp sui dati forniti dagli ospedali di tutto il paese. Le autorità governative hanno dispiegato l’esercito per contenere le manifestazioni, che hanno messo sotto scacco le scuole, le università e le città del paese. 

L’assedio alla sede della tv nazionale

I manifestanti imputano alla leader e primo ministro Sheikh Hasina la causa della loro rabbia. Tanto che dopo l’intervento di ieri di Hasina sulla televisione pubblica, la BTV, nel tentativo di sedare l’escalation degli scontri, i manifestanti hanno incendiato la sede dell’emittente televisiva a Dacca, nella capitale del paese. In risposta, la polizia antisommossa, ha esploso proiettili di gomma contro chi si era nascosto e aveva preso d’assolto la sede della televisione pubblica. La folla arrabbiata ha poi dato fuoco all’edificio e a decine di veicoli parcheggiati all’esterno. Nel quartiere Uttara della capitale, centinaia di manifestanti hanno bloccato le strade, mentre la polizia ha cercato di disperderli con manganelli e gas lacrimogeni. Alcuni centri commerciali hanno deciso di non aprire e ci sono state limitazioni del trasporto pubblico. 

Il segnale televisivo è fuori uso. Le autorità del Bangladesh hanno chiuso la rete cellulare e il servizio internet in tutto il Paese a seguito di violenti scontri tra forze di sicurezza e studenti. Ora, un paese di 170 milioni di abitanti non può comunicare con il resto del mondo. Gli attivisti e i gruppi per la difesa dei diritti umani lanciano l’allarme su come l’assenza di comunicazione con il mondo esterno e, quindi l’attenzione mediatica, possa portare a una recrudescenza di episodi di violenza per mano delle autorità e delle forze di polizia.

Nel suo intervento televisivo, Hasina aveva condannato l'”omicidio” dei manifestanti in un discorso televisivo e ha promesso che i responsabili saranno puniti indipendentemente dalla loro affiliazione politica. Ma le sue parole non sono bastate. Quando sono scoppiate le prime manifestazioni nel paese all’inizio di luglio, la prima ministra bengalese aveva reso più grava la situazione riferendosi ai giovani manifestanti con l’espressione “razakars”, con cui si indica coloro che, al tempo della guerra per l’indipendenza, hanno collaborato con il Pakistan. Il ministro della Giustizia Anisul Huq si è reso disponibile a dialogare con loro, sostenuto anche dalla prima ministra.

Cosa ha scatenato la protesta in Bangladesh?

A scatenare la rabbia dei manifestanti è la decisione dell’Alta Corte di Dacca di reintrodurre la quota del 30% di posti governativi per i familiari dei veterani di guerra e combattenti per la libertà della Guerra d’Indipendenza del 1971, rispolverando quindi una norma degli anni Settanta. In un contesto di elevata disoccupazione giovanile queste decisioni, viste come contrarie al merito, hanno scatenato una rabbia diffusa in tutto il Bangladesh. Si tratta delle prime proteste di spessore contro il governo guidato da Hasina da quando a gennaio ha ottenuto il suo quarto mandato consecutivo, il quinto in totale. Il sistema delle quote è stato giudicato come uno strumento discriminatorio e di nepotismo, a tutto vantaggio degli affiliati alla Awami League, il partito di Hasina (fondato da suo padre Sheikh Mujibur Rahman, nonché primo presidente del Bangladesh), che governa ininterrottamente dal 2009. 

Come funziona il sistema delle quote dei posti governativi contestato dai manifestanti? In Bangladesh il 56% dei posti di lavoro governativi è riservato a quote diverse. Il 10% spetta alle donne, un altro 10% alle persone provenienti da distretti sottosviluppati, il 5% alle comunità indigene e l’1% alle persone con disabilità. Le proteste sono iniziate all’inizio di questo mese, dopo che l’Alta Corte ha ordinato al governo di ripristinare la quota di posti di lavoro del 30%. La quota era stata cancellata nel 2018, in base alle richieste della società studentesca. Nel 2021 però alcuni figli di combattenti per la libertà hanno presentato un’istanza all’Alta Corte contro l’abolizione. Il 5 giugno di quest’anno i giudici hanno stabilito che l’abolizione del sistema delle quote non è conforme alla Costituzione. Da allora, si sono riaccese le proteste. 

Il Bangladesh sta soffrendo di un’economia stagnante, dove la crescita occupazionale nel settore privato è debolissima. Per questo motivo risultano più attraenti i lavori pubblici, che offrono regolari aumenti salariali e altri privilegi, come ha dichiarato alla Cnn Mohammad Abdur Razzaque, presidente di Research and Policy Integration for Development. Secondo le sue stime circa 32 milioni di giovani bengalesi non lavorano né studiano. 

Fonte : Today