Data center, l’Italia vuole darsi delle regole chiare per la costruzione in Italia

Ogni volta che inviamo un messaggio su WhatsApp, che apriamo una mail o consultiamo il nostro Fascicolo sanitario elettronico, da qualche parte c’è un data center che elabora le informazioni che consultiamo e produciamo. Si tratta di luoghi fisici, grandi opere ingegneristiche in cui vengono impiegate risorse umane e tecnologiche che garantiscono il funzionamento dei dispositivi elettronici e degli archivi in cui vengono conservate le informazioni che compongono l’intero ecosistema digitale. In Italia, al momento, secondo gli ultimi aggiornamenti della Data center map, ci sono circa 104 infrastrutture di questo tipo.

La maggior parte di esse si trova nel Nord Italia, in particolare in Lombardia. Nonostante la cifra sembri elevata, il numero attuale di data center potrebbe non bastare per andare incontro alla crescente mole di dati da elaborare. Inoltre, in Italia manca un piano che stabilisca una volta per tutte quali sono le regole da rispettare per costruire i data center.

La proposta di legge delega

Per permettere la creazione di nuove infrastrutture e aumentarne l’efficienza, la deputata di Azione Giulia Pastorella ha presentato martedì 16 luglio a Montecitorio una proposta di legge delega (firmata da altri colleghi di partito) che chiede al governo di istituire una normativa che riconosca i data center come infrastrutture specifiche del settore tecnologico, uniformando così le procedure di costruzione su tutto il territorio. Come ha spiegato Pastorella nell’ambito della presentazione del progetto noto anche come Legge data center, a oggi nel nostro paese i data center non hanno una legislazione specifica per quel che riguarda la loro realizzazione, anzi: non hanno neanche un codice Ateco (una combinazione alfa numerica che identifica l’attività economica svolta dall’impresa) di riferimento.

Questa mancanza di legislazione impedirebbe a molti sindaci di aprire i data center sul loro territorio, condannando le amministrazioni locali a impelagarsi in lunghi iter burocratico-amministrativi che spesso fanno cadere i progetti nel vuoto. E così i comuni vedono sfumare la possibilità di attirare gli investimenti (italiani o esteri) per costruire queste infrastrutture, utili a facilitare tanto la trasformazione digitale della pubblica amministrazione quanto quella delle imprese ma che, come richiesto nella Legge data center, hanno bisogno del potenziamento della rete elettrica nazionale per essere realizzate.

Maggiore efficienza e minore impatto ambientale

Secondo i ricercatori dell’Osservatorio data center del Politecnico di Milano, che ha fornito a Pastorella attività di supporto nell’elaborazione del testo presentato a Montecitorio, la mancanza di una regolamentazione chiara del settore rischia di far perdere parte dei 15 miliardi di euro di investimenti previsti dalle organizzazioni di settore (italiane e straniere) intenzionate ad aprire 83 nuove infrastrutture tra il 2023 e il 2025. In questo percorso di crescita è previsto l’aumento dell’efficienza dei data center, anche dal punto di vista dell’impatto ambientale.

Fonte : Wired