Queste pratiche sono state riconosciute dall’autorità ingannevoli riguardo alla creazione e alla gestione degli account sui due social network, in quanto in violazione di quanto disposto dagli articoli 20, 21 e 22 del codice del consumo. Già nel corso del procedimento, peraltro, Meta aveva provveduto ad aggiustare il tiro rispetto a quanto le era stato contestato in passato.
L’indagine sui big data
In passato l’Agcm ha compilato una indagine conoscitiva sui big data insieme al Garante per la protezione dei dati e all’Autorità garante per le comunicazioni (Agcom), nella quale si osserva che “i big data possono consentire alle imprese di ottenere una conoscenza altamente dettagliata dei singoli consumatori, ossia dei loro bisogni e delle loro preferenze. Tale conoscenza può essere utilizzata dalle imprese per realizzare un’elevata personalizzazione dei prodotti e dei servizi offerti, aspetto di particolare rilevanza nella fornitura di servizi quali la pubblicità online e il commercio elettronico. La comunicazione pubblicitaria online si fonda, infatti, sulla capacità delle imprese di offrire agli inserzionisti pubblicitari la possibilità di raggiungere specifici individui, utilizzando nuove modalità negoziali e di allocazione degli spazi che consentono transazioni automatizzate e in tempo reale. Simile è l’utilizzo dei Big Data da parte delle piattaforme che distribuiscono contenuti digitali o di e-commerce, che possono proporre ai propri utenti beni e servizi in linea con le preferenze individuali. Ad esempio, attraverso l’acquisizione dei Big Data personali e relativi alle abitudini del consumatore, alcune piattaforme online implementano tecniche di search discrimination, ossia personalizzano la visualizzazione dei risultati di ricerca online”. E ancora: “L’offerta di servizi altamente personalizzati può avere implicazioni molto diverse in funzione dello specifico settore interessato. Nell’offerta di beni e servizi on line, la disponibilità di dati che consentono una profilazione dettagliata dei singoli consumatori, può rendere possibile una differenziazione per singolo utente dei prezzi di beni e servizi. Per altro verso, nel settore dell’editoria, i Big Data rendono possibile un elevato livello di personalizzazione del consumo di contenuti editoriali. Se, da un lato, ciò consente a ciascun utente di avere agevolmente accesso ai contenuti di maggior interesse, dall’altro lato, intensifica fenomeni di cd. confirmation bias, per cui gli individui tendono a restare nell’ambito delle convinzioni acquisite, ed echo chambers, ovvero di amplificazione dei messaggi, portando ad una polarizzazione delle posizioni, nonché a rischi per pluralismo informativo in ragione del fatto che un dato contenuto e/o prodotto editoriale non viene (tendenzialmente) proposto al di fuori del gruppo di utenti che, secondo il profilo di appartenenza, può a priori ritenersi interessato”.
Fonte : Wired