Il ritorno dei cervelli: come l’Italia può diventare un Paese per giovani imprenditori tech

La svolta è arrivata nel 2021: gli italiani rientrati dall’estero sono passati da 2-3 mila l’anno a 6500. Da allora il numero è rimasto costante, segno che il Covid non era l’unico motivo a spingere tanti a tornare; hanno certamente pesato gli incentivi del DL 34/2019 per il rientro dei cervelli, ma ci sono anche altre considerazioni da tenere presenti.

L’ecosistema

“Il ritorno nel Paese di numerosi professionisti e imprenditori in vari settori è un segnale positivo e incoraggiante, e dimostra l’efficacia delle politiche fiscali nel rendere l’Italia una meta attraente per il rientro dei talenti”, osserva Emilia Garito, Founder e Presidente di Quantum Leap, del Gruppo Engineering. La sua società si occupa di valorizzare le competenze tecnologiche delle aziende italiane: “Siamo al secondo posto in Europa per valore di produzione e investimenti in vari settori industriali e di ricerca scientifica”, spiega. I settori su cui puntare, per Garito, sono soprattutto la fotonica, l’intelligenza artificiale, i nuovi materiali e l’elettronica, ma la vera sfida consiste nel far sì che chi torna in Italia ci rimanga. Per questo serve “un ecosistema economico e produttivo in grado di sostenere e alimentare la permanenza dei talenti. Solo così l’Italia potrà davvero capitalizzare sull’inversione dei flussi migratori dei professionisti, trasformando un’opportunità contingente in un vantaggio competitivo di lungo periodo”.

Il welfare

E sul lungo periodo è orientata la prospettiva di Satispay, startup di pagamenti digitali nata nel 2013 da un’idea di tre ragazzi cuneesi, Alberto Dalmasso, Dario Brignone e Samuele Pinta. Oggi è valutata oltre un miliardo di euro, la sede principale è a Milano, quella di Londra è stata chiusa nel 2019, alla vigilia di Brexit. Satispay ha oltre 630 dipendenti e continua a crescere: “Diventare unicorno a fine 2022 ci ha messo sulla mappa del tech internazionale e ci ha consentito di assumere talenti in tutto il mondo. Questo è fondamentale perché anche solo poche persone con le giuste competenze Tech & Growth, che qui sono ancora rare, possono arricchire l’Italia consentendo di formare una nuova generazione di professionisti, senza che debbano lasciare il nostro Paese per imparare”, racconta Dalmasso. Tra i nuovi assunti ci sono anche diversi italiani di ritorno: “C’è chi ha vissuto in contesti come la Silicon Valley, Amsterdam, Londra o Berlino dai tempi dell’università, ha lavorato in aziende tech anche molto grandi, si è confrontato con professionisti di lunga esperienza, e ora ha deciso di rientrare in Italia dalla famiglia, o di far crescere i figli nel suo Paese”.

C’è voglia di un futuro più flessibile, dove il rapporto tra le esigenze del lavoro e quelle della famiglia sia sano ed equilibrato, ma non bastano né l’esempio virtuoso di un’azienda né una politica di soli incentivi fiscali. “È vero che oggi il contesto welfare del Paese in termini di sanità, istruzione per i figli e servizi per le famiglie non aiuta ad attrarre talenti dall’estero, ma è altrettanto vero che è un problema che tutti gli Stati si troveranno sempre più ad affrontare con l’invecchiamento della popolazione e le varie economie influenzate dalle continue tensioni geopolitiche”, commenta Dalmasso. Per questo, la sua Satispay punta sui servizi di welfare aziendali per sopperire alle difficoltà dei governi nel far fronte ai bisogni dei cittadini. “Mi auguro di poter contribuire a riportare talenti assumendoli direttamente, o aiutando altre aziende a essere più competitive con i nostri servizi welfare”.

Restituire

A.R. è uno di questi talenti; sta accarezzando l’idea di tornare in Italia dopo quasi vent’anni a Londra, dove ha casa, famiglia, amici: “È una città da cui i londinesi stessi fuggono quando arrivano a una certa fase della vita, in cui hanno figli, perché le scuole migliori sono fuori, la logistica è complicata, c’è enorme competizione su tutto”. Pur rimanendo un centro nevralgico dell’economia tech nel Vecchio Continente, Londra non è più il paradiso: Brexit, il Covid, e le incertezze attuali dell’economia ne hanno scalfito l’appeal. “Dieci anni fa una startup con un buon prodotto trovava con facilità investitori e riusciva a chiudere round da qualche centinaio di migliaia di sterline, adesso va bene se riesce a raccoglierne qualche decina”. Non è un problema per A.R., che lavora per una delle più importanti aziende tech del mondo, ma per altri è stata una spinta in più a tornare in patria. Secondo il rapporto della Fondazione Migrantes, a rientrare sono soprattutto quelli che hanno superato i 40 anni, circa uno su tre, segno di quanto l’assistenza e le agevolazioni siano importanti per la scelta del Paese dove vivere se si hanno figli piccoli. Però, quando cominciano a crescere, le priorità possono cambiare radicalmente: “Sul piano sociale, ho cominciato a rivalutare molto quell’umanità un po’ pasticciona, ma genuina e collaborativa che è caratteristica degli italiani”, riflette. “E tollero sempre meno una società dove i valori principali sono i soldi, la produttività, l’efficienza”. Così, dopo tanti anni passati a imparare, arriva il tempo di restituire: “Vorrei riportare in Italia qualcosa che ho imparato fuori, sperando di riuscire ad avere un impatto positivo, seppur piccolo, sugli altri”.

Fonte : Repubblica