La clessidra scorre inesorabile verso il 18 luglio, eppure la sinistra francese non ha ancora individuato il nome da proporre per la carica di primo ministro. Dal 7 luglio, data dei risultati del ballottaggio delle legislative in Francia, si rincorrono le voci sulla figura giusta per continuare a tenere unito il Nuovo fronte popolare e provare ad ottenere l’incarico dal presidente Emmanuel Macron dopo il voto all’Assemblea nazionale.
La France Insoumise (Lfi), il partito di sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon, cerca una figura “distante” dall’Eliseo, che rappresenti un segno di rottura rispetto al governo di centro e liberale che li ha preceduti. Socialisti, ecologisti e comunisti tentano di individuare invece un nome in grado di raccogliere consensi anche tra le fila dei macronisti, ben consapevoli che i numeri per governare da soli non ci sono. Macron dal canto suo gongola e spera in uno strappo tra le fila della sinistra per approfittarne e prendere ancora una volta le redini dell’Assemblea nazionale, con il supporto in primis dei Repubblicani. Un piano che sembrava accantonato, ma col passare delle ore riprende a concretizzarsi.
Le proposte della sinistra
Il nome intorno al quale si è riunita La France Insoumise è quello di Huguette Bello, presidente del consiglio regionale della Reunion, un dipartimento francese nell’Oceano Indiano. L’insegnante e politica ha iniziato la sua carriera nel partito comunista di Reunion, per poi proseguire in varie formazioni di sinistra, fino ad optare per il sostegno a Mélenchon dal 2017. Il leader di Lfi davanti agli attivisti riuniti a Parigi il 15 luglio ha insistito per proporla per l’incarico all’Hôtel Matignon, elogiando la sua esperienza come deputata. Bello risulta un nome gradito anche a comunisti, verdi e ai fuoriusciti da Lfi. I socialisti l’hanno però bocciata, mettendo dapprima sul tavolo il nome del proprio segretario, Olivier Faure. Una proposta caduta immediatamente nel vuoto.
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A quel punto hanno avanzato l’idea di una figura di alto profilo internazionale: Laurence Tubiana. Economista, diplomatica ed accademica esperta in questioni di sviluppo sostenibile e lotta ai cambiamenti climatici, Tubiana è stata la negoziatrice degli Accordi di Parigi sul clima. Oltre ad insegnare all’università, dal 2017 amministra la European Climate Foundation. Su di lei è già calato il niet de La France Insoumise. “Se questo è davvero il profilo su cui lavorano i nostri partner, cadrò dalla sedia”, ha dichiarato Manuel Bompard su France 2, criticando la sua vicinanza al presidente Macron e il favore che ha già espresso ad un’alleanza tra il Nuovo fronte popolare e gli esponenti di Renaissance. Intorno al nome di Tubiana si sono invece accomodati anche comunisti, ecologisti e “ribelli”.
Veti incrociati
“Non vedo in base a cosa, se ci sono 3 formazioni politiche su 4, cioè una maggioranza del Fronte Popolare, che accetta questa candidatura, la parola di una sola altra formazione possa imporsi agli altri”, ha protestato il segretario dei socialisti Faure. Il leader del Partito comunista, Fabien Roussel, in una trasmissione televisiva la mattina del 16 luglio ha messo in un angolo la formazione di Mélenchon con questa frase: “Forse La France Insoumise preferisce stare all’opposizione”. Tra veti incrociati e accuse reciproche, la disgregazione del Nuovo fronte popolare sembra alle porte.
Per Macron è andata molto meglio di quanto potesse prevedere
Dopo essere stato in grado di battere a sorpresa l’estrema destra di Marine Le Pen e Jordan Bardella, grazie al voto compatto di una parte della popolazione francese, allergica sia al macronismo che al Rassemblement national, i rappresentanti di sinistra si stanno azzannando a vicenda. L’unica voce di spessore che continua ad invocare l’unità è Marine Tondelier, segretaria nazionale dei Verdi e artefice della creazione del Nuovo fronte popolare dopo la batosta delle Europee del 9 giugno, quando l’ondata dell’estrema destra sembrava inarrestabile. “I francesi hanno votato e abbiamo vinto. Vogliono vederci governare, non farci a pezzi a vicenda. Se non facciamo meglio, e in fretta, non ci perdoneranno mai. Per la giustizia sociale e ambientale, riprendiamo le discussioni. Adesso”, ha scritto su X Tondelier, per anni all’opposizione del Rn nella sua cittadina natale.
La speranza di Macron
Nella disgregazione spera invece il campo centrista. Il voto per il primo ministro è atteso all’Assemblea nazionale per giovedì 18 luglio alle 15 e per ora gli unici candidati dichiarati sono il presidente uscente dell’Assemblea, Yaël Braun-Pivet (Renaissance), la deputata dei Repubblicani Annie Genevard e il centrista Charles de Courson, mentre il Rassemblement national finora non ha annunciato il proprio candidato. Come un vampiro Macron attende che la sinistra cada in fallo per trovare un accordo con i Repubblicani e magari con quella parte del Nuovo fronte popolare disposto al compromesso.
Ma c’è anche chi nel campo presidenziale si oppone ad un ritorno al governo. “Abbiamo perso quindi la questione se imporremo la nostra soluzione è morta”, ha commentato in anonimato un eurodeputato macronista all’agenzia Afp. La partita transalpina si gioca lì, tra chi è convinto di aver vinto, ma si rifiuta di fare compromessi per andare al governo, e chi sa di aver perso, ma è disposto a tutto per prendere il potere.
Fonte : Today