La serie su Yara Gambirasio vi spezzerà il cuore per l’ennesima volta

Era il 26 novembre del 2010 quando una 13enne appassionata di ginnastica ritmica scompariva nel nulla nella cittadina di Brembate di Sopra dopo essere passata in palestra per portare uno stereo. Ed era il 26 febbraio 2011, esattamente tre mesi dopo la scomparsa, quando il corpo della ragazza è stato ritrovato, casualmente, in un campo. Il nome della ragazza è Yara Gambirasio e la sua terribile storia, purtroppo, la conosciamo tutti. 

Netflix ha deciso di raccontarla ancora una volta sotto forma di documentario, dopo il film del 2021 intitolato Yara con Chiara Bono. L’idea è di Gianluca Neri che ha sviluppato e diretto la docuserie in 5 puntate “Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio” con un lavoro di documentazione iniziato già dal 2017 analizzando oltre 60mila pagine, centinaia di gigabyte di immagini, audio e video dei documenti dell’inchiesta. 

È stato uno studio rigorosissimo quello di Neri per questa serie Netflix dove ha cercato di dare a una storia oscura e ancora oggi piena di buchi e avvenimenti che hanno dell’incredibile, un senso, una spiegazione, una linearità per un prodotto finale davvero interessante. Composta da due linee temporali e due punti di vista, quello della famiglia della vittima e quello della persona condannata per il reato, Massimo Bossetti, questa serie offre al pubblico un racconto intenso a 360 gradi che lascia la parola a chiunque sia stato coinvolto in questa storia e permette a qualsiasi ragionevole dubbio legato alla vicenda di avere il suo spazio per potersi esprimere. 

La docuserie su Yara Gambirasio di Netflix vi terrà incollati allo schermo e allo stesso tempo vi spezzerà il cuore per l’ennesima volta, lasciandovi esterrefatti davanti a una storia piena di coincidenze che hanno dell’incredibile e a una giustizia che ha fatto un’enorme fatica ad arrivare a mettere la parola fine, parola che tutt’oggi, pur essendo stata pronunciata non ha ancora convinto tutti.

Tra immagini di repertorio, ricostruzioni di ipotesi più o meno plausibili, piste mai esplorate e testimonianze di chi ha vissuto in prima persona questa storia tra cui anche lo stesso Massimo Bossetti, che ha rivelato la sua versione dei fatti da dentro il carcere in cui sta scontando la pena delll’ergastolo – pur dichiarandosi ancora innocente – questa serie è un racconto ipnotico e struggente, come ipnotica e struggente è stata questa storia per l’Italia intera. 

Si inorrisice, si mette in dubbio tutto, ci si chiede come sia possibile non riuscire a trovare una spiegazione certa su un fatto di cronaca nera così crudele e come mai la verità su come siano andate le cose quella sera non sia ancora emersa del tutto. 

Una cosa, però, è certa, Yara non c’è più, la sua vita si è fermata a quei 13anni che la vedevano ancora bambina con la testa solo per la sua passione più grande, la ritmica. E poi c’è Massimo Bossetti, il cosiddetto “ignoto numero 1” che è in carcere per un DNA ritrovato sui vestiti della piccola Yara e dietro quelle sbarre ci resterà per tutta la vita. È stato lui? Non è stato lui? Le istituzioni competenti si sono espresse, il verdetto è stato dato e l’unica cosa che possiamo fare noi è ricordare Yara e sperare che una tradegia di questo genere non accada più. 

Voto: 7,4

Fonte : Today