Lo stop di Germania e Olanda al Pnrr 2.0 chiesto dall’Italia: “No al debito comune”

Che si chiami “fondo di sovranità” come aveva chiesto il governo di Giorgia Meloni, o una sorta di Pnrr 2.0 come ipotizzato dal commissario Ue Paolo Gentiloni, ai frugali poco importa: né l’Olanda, né il leader dei falchi tedeschi, il ministro delle Finanze Christian Lindner vogliono sentir parlare di “debito comune”.

La proposta, come è noto, circola da tempo nei corridori di Bruxelles: utilizzare l’esempio del Recovery fund post pandemia per raccogliere risorse sui mercati attraverso bond emessi dalla Commissione europea, e girarle agli Stati per promuovere la transizione industriale (gree, digitale, ma di recente anche militare). A promuovere tale soluzione è soprattutto chi, come l’Italia (ma non solo), ha le casse già gravate da troppi debiti, e vede nella strada segnata dal Pnrr un viatico per assicurarsi investimenti anche dopo il 2026 (quando il Recovery o Next generation Eu terminerà).  

“È il momento di avviare la discussione su come immaginare possibili nuovi strumenti comuni per obiettivi comuni. Sappiamo che il Next Generation Eu scadrà tra due anni e mezzo, e sappiamo che abbiamo esigenze specifiche per le quali non possiamo fare affidamento solo sugli aiuti statali nazionali, ma dobbiamo avviare una discussione sulla possibilità di nuovi strumenti comuni di finanziamento comune”, ha detto Gentiloni arrivando alla riunione dell’Eurogruppo di lunedì 15 luglio. Alla domanda se intendesse debito comune, l’ex premier italiano ha confermato senza sbottonarsi troppo sul termine ‘debito’: “Il finanziamento comune necessita, ovviamente, di raccogliere risorse nei mercati finanziari”. 

Le remore di Gentiloni a citare la parola magica sono state rese più chiare dalle dichiarazioni rilasciate a stretti giro dai ministri frugali: “Non credo che più debito pubblico sia la strada da percorrere. Dobbiamo guardare all’incremento della crescita e alla riduzione della spesa pubblica”, ha detto il neo titolare delle Finanze olandesi, Eelco Heinen, esponente liberale di una maggioranza guidata dall’ultradestra di Geert Wilders (membro dei Patrioti di Viktor Orban, Marine Le Pen e Matteo Salvini). “La Germania ha una posizione molto chiara. Gli Stati devono continuare ad assumersi la responsabilità delle proprie finanze pubbliche. La mutualizzazione dei rischi, la mutualizzazione delle responsabilità e del debito non contribuisce alla stabilità e quindi non sarà sostenuta dalla Germania”, gli ha fatto eco Lindner, anche lui politico liberale che da tempo cerca di frenare nel nome del rigore le spinte a una maggiore spesa pubblica di socialisti e verdi, azionisti di maggioranza del governo tedesco di Olaf Scholz. 

Per Lindner, il problema dell’Europa non è la mancanza di risorse pubbliche per gli investimenti, ma i deficit eccessivi di alcuni Paesi membri: “Dobbiamo continuare a mantenere la disciplina. Questi sono tempi strani e incerti”, ha segnalato Lindner. “Vediamo incertezze anche all’interno dell’Ue e in alcuni Stati membri, motivo per cui la Germania resta del parere che abbiamo bisogno di una politica fiscale restrittiva e dobbiamo ripristinare la sostenibilità del debito” riducendo “i deficit elevati”. Per questo “sosteniamo la raccomandazione di una politica fiscale restrittiva”. Quanto alla questione della competitività, secondo Lindner “con i fondi esistenti per la coesione e i fondi strutturali potremo trovare un approccio migliore” per lavorare “in modo più efficace”.

Parole che sembrano indirizzate a Roma e forse anche a Mario Draghi: l’ex governatore sta curando un rapporto sulla competitività che dovrebbe fungere da base di lavoro per la prossima Commissione Ue. Il rapporto potrebbe contenere proprio il progetto di rilanciare l’esperienza del Next generation a sostegno degli investimenti pubblici nell’industria europea. Il documento doveva essere presentato  all’ultimo summit Ue di giugno. Ma per il momento, non si hanno notizie sulla data in cui sarà pubblicato.  

Fonte : Today