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Il racconto in aula di uno dei sopravvissuti alla strage di Fidene: “Ho sentito botti come petardi e ho sentito gridare: Sparano”.
“Mi sono salvato solo perché ho ceduto la sedia alla segretaria contabile poco prima dell’inizio della riunione condominiale”. Oggi in aula a Roma è stato ascoltato Gianmarco Caruso, uno dei sopravvissuti alla strage di Fidene avvenuta l’11 dicembre 2022 per mano di Claudio Campiti. L’uomo, accusato di omicidio volontario plurimo, quella mattina di fine anno fece irruzione durante una riunione del consorzio Valleverde in un gazebo di via Monte Gilberto uccidendo quattro donne a colpi di pistola. Tra le vittime c’è anche Elisabetta Silenzi, la segretaria del consorzio e possiamo dire che Caruso le deve la vita per un semplice segno del destino. Uno scambio di posto poco prima della strage.
“Le ho ceduto la sedia e mi sono spostato nei posti dietro, lei è morta e io sono vivo – ha detto l’uomo davanti ai giudici della prima corte di Assise di Roma – All’improvviso ho sentito botti come petardi e ho sentito gridare ‘sparano’. Ci siamo buttati tutti a terra, fuori ho visto mia moglie che si era salvata mentre Campiti veniva tenuto da altri a terra”, ha concluso.
“I sopravvissuti e i parenti delle vittime devono affrontare un notevole disagio sia sociale che economico – ha ribadito l’avvocato di parte civile Fabrizio Gallo – tutti ci raccontano che evitano di frequentare luoghi chiusi come cinema o centri commerciali, hanno problemi a dormire la notte e stanno ancora affrontando un lungo percorso psicologico per elaborare il loro trauma”.
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Il processo
Il processo in questi giorni sta entrando nel vivo con le testimonianze dei sopravvissuti alla strage e dei parenti delle vittime (oggi sono stati ascoltati anche il padre e il marito di un’altra delle quattro vittime Fabiana De Angelis). Ancora non c’è una data fissata per la prima sentenza e il procedimento potrebbe andare avanti fino alla fine del 2024 e oltre. A processo insieme a Campiti anche il presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma e un dipendente addetto al locale dell’armeria del poligono di tiro di Tor di Quinto dove il killer prese l’arma utilizzata poi per compiere la strage.
Fonte : Fanpage