Le teorie del complotto dilagano e contagiano anche il fronte democratico. L’hastag usato sui social è #staged: messinscena. Le ipotesi che circolano sull’attentato di Butler sono le più disparate: da una parte ci sono account vagamente riconducibili al movimento QAnon che attribuiscono la responsabilità dell’attacco a Trump a poteri occulti o a un non meglio precisato “deep State” che vorrebbe eliminare il tycoon. La tesi ricorrente dei sostenitori di QAnon è che ci sia uno Stato profondo, segreto, gestito da poteri riconducibili all’area liberal, che rema contro Donald Trump e contro cui l’ex presidente sta conducendo una battaglia, cercando anche di smascherare presunti abusi sistematici sui bambini da parte di politici democratici. Teorie complottiste che ora tornano alla ribalta dopo gli spari al candidato Repubblicano. “Questo è il prezzo da pagare quando abbatti i pedofili satanici dell’èlite” si legge in un post diventato virale che addita come mandante la Cia e chiama in causa addirittura Soros, Obama e Hilary Clinton.
Ma a destra si insiste anche sul fatto che Biden e i democratici avrebbero la responsabilità morale dell’attentato. E così un membro del Congresso come Mike Collins ha scritto ad esempio che Biden dovrebbe essere denunciato “per incitamento all’assassinio”.
Le teorie cospirazioniste del fronte anti-Trump
Ma in realtà la maggior parte delle teorie cospirazioniste sono di segno opposto, tant’è che il Washington Post utilizza l’espressione “BlueANon”, un gioco di parole con cui fa riferimento al complottismo che imperversa anche tra i sostenitori democratici (negli Usa il colore dei dem è proprio il blu, mentre quello dei Repubblicani è il rosso).
In questo caso, la tesi di fondo è che l’attentato sia stato organizzato dallo stesso staff di Trump, magari in combutta con i servizi segreti, per fare apparire il tycoon come un martire e spianargli la strada per la Casa Bianca. Una “false flage operation”, ovvero un’operazione effettuata sotto falsa bandiera con l’intento di addossarne le responsabilità all’altra parte politica. Se così non fosse, ragionano i complottisti, perché Trump avrebbe reagito al fuoco in modo così plateale, alzando il pugno con un’espressione di sfida e quasi senza mostrare paura? Secondo i più temerari l’ex presidente non sarebbe stato colpito neanche dal proiettile che invece lo ha trafitto all’orecchio.
Il sangue che aveva addosso, dicono, sarebbe finto o comunque era stato portato su quel palco da chi ha ordito il complotto. È stata “un’operazione fotografica”, si legge in uno dei tanti post diventati virali su X, “ed è triste” che lo staff di Trump “fosse disposto a sacrificare vite umane per portare avanti questa farsa”.
E poi, si chiede un altro, perché quando Trump alza il pugno gli uomini della scorta non proteggono la sua testa? È chiaro, questo è il ragionamento, che l’obiettivo fosse permettere al candidato Repubblicano di scattare una foto destinata a diventare iconica.
Altri tirano in ballo le falle nella sicurezza sostenendo più o meno velatamente che l’attentatore Thomas Matthew Crooks sia stato lasciato libero di agire. Perché le guardie del corpo e la polizia presente sul posto non lo hanno fermato? Eppure, dicono in tanti, qualcuno avrebbe segnalato la presenza del cecchino agli agenti poco prima degli spari.
Perché queste ipotesi hanno poco credito
Per quanto sia lecito dubitare del fatto che la sicurezza abbia agito nel modo più corretto possibile, ci sono in ogni caso degli elementi che rendono ben poco credibili le tesi dei complottisti. Se il “deep state” avesse voluto uccidere Trump perché Crooks ha sparato con un fucile semiautomatico – l’Ar-15, una delle armi più utilizzate nelle stragi di massa – e non con un fucile di precisione? Anche la tesi di chi sostiene che l’attacco sia stato ordito dalla destra per fare di Trump un martire fa acqua da tutte le parti. Se l’attentatore avesse voluto solo ferirlo, ma lasciandolo vivo, come avrebbe a colpire l’orecchio da 150 metri di distanza? Secondo quanto emerso nelle ultime ore, Trump sarebbe vivo per un caso fortuito, un improvviso movimento della testa che per una frazione di secondo ha impedito al proiettile di raggiungerlo alla tempia. Il fatto che Crooks abbia sparato davvero poi è fuori discussione, tant’è che i proiettili oltre a ferire di striscio l’ex presidente, hanno ucciso anche un spettatore, Corey Comperatore, 50 anni, un ex capo dei vigili del fuoco, morto per proteggere sua figlia.
Intanto l’ex presidente ha parlato dell’attentato in una intervista al New York Post. “Non dovrei essere qui, dovrei essere morto” ha spiegato il candidato Repubblicano mostrando al giornalista un livido sul braccio che gli sarebbe stato procurato dagli agenti che lo hanno protetto buttandolo a terra. Quanto alla foto scattata subito dopo gli spari, “molte persone dicono che è la foto più iconica che abbiano mai visto”, ha detto Trump. “Hanno ragione e non sono morto. Di solito devi morire per avere una foto iconica”.
Fonte : Today