Mai, come questa volta, ha vinto la squadra migliore e che, più di tutte, lo ha meritato. E non soltanto per i novanta minuti della finale di Berlino, ma per quanto visto nell’intero torneo. Sì, perché la Spagna, questo Euro 2024, lo ha letteralmente dominato. E lo ha fatto fin dall’esordio, quando ha strapazzato con un secco 3-0 la Croazia di un certo Luka Modric: il primo segnale di una squadra che, in Germania, ha incantato. Già, perché gli iberici, in tutte le gare giocate, hanno dominato le avversarie. Soltanto i tedeschi padroni di casa, nei quarti, hanno saputo tenergli testa. Ci ha poi provato nella finalissima una stoica Inghilterra, che con il cuore e con i colpi dei propri talenti ha sopperito per l’intera manifestazione all’assenza di un vero e proprio gioco corale, ma alla fine, anche i Tre Leoni, hanno dovuto soccombere allo strapotere spagnolo.
Uno strapotere (è bene sottolinearlo) che non era così facilmente preventivabile alla vigilia del torneo, anzi. Basta spulciare gli articoli o le quote dei bookmakers di un mesetto fa per accorgersi che le grandi favorite di questo Euro 2024, ai nastri di partenza, erano altre, a partire proprio da quell’Inghilterra finita (esattamente come tre anni fa) ko a due passi dal traguardo e da quella Francia imbottita di campioni ma senza una vera e propria anima. Anima che, al contrario, ha dimostrato di avere fin da subito la Spagna, formazione con un’identità chiara, fatta di dominio del gioco ed accelerazioni improvvise affidate ai suoi due baby talenti: Nico Williams, di ventidue anni, e Lamine Yamal, che di anni, pensate, ne ha appena 17, compiuti, tra l’altro, proprio alla vigilia della finale di Berlino. Due fuoriclasse, praticamente imprendibili a campo aperto e fonte di terrore per gli avversari nell’uno contro uno. Ed entrambi, non a caso, hanno messo la loro firma nella finalissima (gol per il primo e assist per il secondo nell’azione che ha sbloccato la gara).
Ma nel trionfo della Spagna c’è tanto, tanto altro ancora. C’è la sapiente regia di Rodri, c’è l’esperienza del sempre verde Carvajal, c’è la tecnica sopraffina di Fabian Ruiz, c’è la sagacia di Dani Olmo e c’è lo spirito di sacrificio di Alvaro Morata, centravanti che ha messo da parte la ricerca della gloria personale per mettersi a completo servizio della squadra. C’è però, soprattutto, un progetto che parte da lontano, un movimento che, ormai da anni e anni, investe con coraggio sui giovani e che quei giovani ha il coraggio di lanciarli in prima squadra e in Nazionale subito, senza aspettare nascondendosi dietro a quelle frasi, come “non sono ancora pronti” o “hanno bisogno di crescere”, che tanto vanno di moda dalle nostre parti. Inevitabile che lavorando (e pensando) così i frutti, prima o poi, arrivino. E questa Spagna, bella come non mai, ne è l’esempio migliore.
Fonte : Today