I social sono hacker dell’attenzione, ecco i 5 principi per combatterli

“Prova a pensare al mondo preistorico: non è che succedesse granché, probabilmente i nostri antenati si imbattevano in una decina di eventi al giorno a cui prestare attenzione.

Scrollare sui social media, invece, ci permette di vedere migliaia di post, con contenuti molto diversi tra loro, in pochissimo tempo: questo sovraccarica il nostro cervello e lo anestetizza, interferendo con il circuito della dopamina in maniera molto importante.

Ma cosa c’entrano i social media e il circuito della dopamina con la socializzazione? C’entrano eccome: l’hackeraggio del sistema dopaminergico causa infatti una perdita di attenzione e una desensibilizzazione agli stimoli. In parole povere, siamo circondati da persone prive di attenzione, che reagiscono solo a stimoli immediati ed estremi.

E come ci si può rapportare con qualcuno che richiede stimoli sempre più forti per funzionare normalmente? Risposta semplice: non si può. Risposta complessa: ci sono delle modalità, ma non possiamo aspettarci grandi risultati nel lungo termine.

Ecco perché. Il mondo reale è pieno di momenti e persone non memorabili. Istanti mediocri, persone poco interessanti: la maggior parte delle nostre vite non è particolarmente speciale. Ma questi stessi momenti e queste persone, se prestiamo loro la giusta attenzione, possono rivelarsi meravigliosi. Per lasciarsi meravigliare però serve un investimento di tempo, energie e osservazione, che sempre meno persone sono in grado di accettare e sostenere”.

Questo passaggio è estratto da Impara a dire no, il libro di Genitore Informato, alias Claudia Denti e Severino Cirillo, che racconta il loro metodo educativo. Un metodo fondato su cinque principi, insiti nell’acronimo Umami: unicità, maturità, autenticità, meraviglia, indipendenza.

“Una giornata dei nostri nonni portava 30-40 stimoli e il cervello lavorava a quei ritmi lì. Se apro TikTok o YouTube ho stimoli estremi continui e posso fare esplodere i circuiti della dopamina, così che abbiamo bisogno di stimoli sempre più forti – commenta Cirillo – e più si entra in questo circolo, più diminuisce la capacità di farci meravigliare”.

La meraviglia ci può aiutare persino a gestire il rapporto tra bambini/minori e digitale: “A volte anche noi perdiamo la capacità di meravigliarci perché siamo troppo concentrati sul lavoro e sui device – continua Denti -. Se non lo facciamo in primis da adulti è difficile portarlo ai nostri bambini. L’ideale è trasferire nel mondo reale quello che si vede in quello digitale seguendo sempre le inclinazioni di ognuno. Tuo figlio è appassionato di calcio e guarda le partite online o gioca a videogame di calcio? Portalo a vedere delle partite o a giocare nella vita reale. Gli piacciono gli animali e li vuole guardare con il tuo smartphone? Poi andate insieme in una fattoria o in un maneggio. Tutto questo, ovviamente, diventa più difficile se il bambino è desensibilizzato”.

Cosa vuol dire? “Facciamo subito un esempio – continua -. Un modo molto efficace per risolvere i problemi “affetto/attenzione” e “noia” è dare al bambino uno smartphone. Dandogli il telefono, avremo un bambino tranquillo, completamente assorbito da uno strumento che crea dipendenza. Ipnotizzato, ci lascerà in pace per un po’. Noia risolta? Certo! Ben presto però nostro figlio si troverà a dover fare i conti con un problema molto più difficile da risolvere e cioè la dipendenza da dispositivi elettronici che, insieme alle app e ai social network, sono progettati per creare dipendenza”.

Non esistono soluzioni tappabuchi: ogni scorciatoia ha un prezzo da pagare. Se una cosa sembra troppo facile, probabilmente lo è. Non sempre, ma nella stragrande maggioranza delle volte. Come dice l’antico adagio: “Scelte difficili, vita facile. Scelte facili, vita difficile”: “Quindi, se vuoi risolvere i problemi del tuo bambino senza crearne di peggiori, soddisfa i suoi bisogni primari con ciò che viene richiesto, mai con delle scorciatoie”, commentano i due esperti.

Dente e Cirillo dichiarano però di non voler demonizzare la tecnologia. Per gestirla al meglio è fondamentale partire dalla U di Umami: l’unicità. “A me i dispositivi elettronici e i videogiochi hanno cambiato la vita in meglio, ma oggi sono progettati in modo molto diverso e guardo il mondo digitale con una certa cautela. Credo sia fondamentale insegnare ai ragazzi un uso consapevole, senza limitazioni eccessive, affiancandoli e riportando il virtuale nel reale.

Con il nostro metodo educativo Umami ci siamo concentrati sui principi più che sulle tecniche, per adattarci alle situazioni uniche di ogni famiglia – conclude Cirillo -. È cruciale capire chi si ha davanti: ogni bambino ha le sue inclinazioni ed è importante assecondarle, perché no, anche attraverso le tecnologie digitali”.

Fonte : Repubblica