Calci e pugni alle figlie, assolti i genitori: “Nei campi rom c’è violenza”

Se in famiglia c’è degrado è lecito picchiare i figli? A questa domanda ha risposto la corte d’appello di Torino in una sentenza che è destinata a far discutere. Il tribunale di secondo grado ha assolto due genitori che vivono in un campo rom con le loro due figlie dall’accusa di maltrattamenti. Le figlie erano state maltrattate sistematicamente con schiaffi, calci e pugni.

Nella sentenza di primo grado, la madre di 44 anni e il padre di 54 anni erano stati condannati a due anni e sei mesi di carcere per maltrattamenti nei confronti delle figlie minorenni. Ma il verdetto ora si ribalta. La corte d’appello di Torino ha assolto i due genitori, che litigavano in maniera violenta, spesso davanti alle figlie minorenni, costrette a loro volta ad assistere alle violenze del padre nei confronti della madre. Tra le motivazioni che hanno portato all’assoluzione c’è il contesto di degrado in cui la famiglia vive, espresse anche attraverso la deposizione di un neuropsichiatra infantile: “Il clima di violenza mi sembrava accettato come un dato di fatto, ma sono bambini che vivevano in un campo rom, dove la violenza è un connotato”.

Un degrado che nelle motivazioni viene spiegato così: “Quanto alle percosse inflitte, le peculiari condizioni del contesto familiare fanno insorgere notevoli dubbi sulla coscienza e la volontà di sottoporre le figlie a qualsivoglia forma di maltrattamento. Piuttosto, da una parte, il sostanziale riferimento monogenitoriale delle minori – di fatto seguite e curate dalla sola madre (sovente percossa dal marito) – e le inevitabili conseguenti maggiori difficoltà nella guida e nella educazione delle stesse minori, e, dall’altra parte, le oggettive difficoltà dovute all’elevato numero di figli in tenera età e alla relativa fisiologica esuberanza, integrano fattori” che hanno fatto decidere per l’assoluzione. 

Viene inoltre rilevato come madre e padre “sapevano assumere (e assumevano) anche quel ruolo di amorevoli genitori che, in quanto tale, non appare compatibile con la consapevolezza e l’intenzione di sottoporre le proprie figlie a un regime di vessazione e di sofferenza morale”. Quindi, la violenza espressa dai genitori, pur amorevoli in altre circostanze, è descritta come una conseguenza ed espressione del contesto in cui la famiglia viveva e le botte un metodo educativo necessario per frenare l’irrequietezza delle figlie minori. 

Fonte : Today