AGI – Ancora una storia di ‘schiavitù’ nelle nostre campagne. Con due cittadini indiani nelle vesti di ‘caporali’ e 33 loro connazionali in quelle di vittime: attirati nel nostro Paese con la promessa di un futuro migliore, ognuno di loro aveva versato 17 mila euro in cambio di un permesso di lavoro stagionale.
Ma per far fronte al pagamento, i malcapitati sarebbero stati costretti, in alcuni casi, a impegnare i beni di famiglia, in altri a indebitarsi direttamente con i ‘caporali’ lavorando tra le 10 e le 12 ore al giorno, 7 giorni su 7 e gratis: perchè il compenso di soli 4 euro l’ora veniva interamente trattenuto dai responsabili fino alla totale estinzione del debito.
È stata la Guardia di finanza di Legnago (Verona) ad eseguire una serie di perquisizioni su input della procura del capoluogo scaligero nei confronti di due ‘caporali’, residenti a Cologna Veneta, entrambi indagati per i reati di riduzione o mantenimento in schiavitù e di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro: titolari di ditte individuali operanti nel settore dell’agricoltura senza dipendenti formalmente assunti ed evasori totali, si sono anche visti sequestrare disponibilità finanziarie pari a circa 475 mila euro.
In alcuni casi, al saldo della somma dovuta, i ‘caporali’ avrebbero richiesto ai ‘dipendenti’ ulteriori 13 mila euro da pagare con le stesse modalità, promettendo loro il rilascio di un permesso di lavoro definitivo che, nella realtà, non sarebbe mai stato concesso. A garanzia del loro totale silenzio e della sottomissione, i due sottraevano i passaporti ai braccianti non appena arrivati in Italia e imponevano loro l’assoluto divieto di uscire dalle fatiscenti “case” in cui erano costretti a vivere con la minaccia, più volte attuata, di ritorsioni fisiche in caso di rifiuto.
I finanzieri nelle settimane precedenti all’intervento hanno documentato come i braccianti, alle prime luci dell’alba, venivano fatti salire, ammassati e nascosti tra le cassette di ortaggi, a bordo di mezzi telonati, per poi essere trasportati nelle campagne e nelle serre dislocate nell’agro della bassa veronese. Le perquisizioni sono state eseguite in tre alloggi di Cologna Veneta, di proprietà dei ‘caporali’, che ‘ospitavano’ i braccianti, costretti a vivere in condizioni precarie e degradanti, in totale violazione delle norme igienico-sanitarie.
Le indagini, tuttora in corso, sono incentrate sulla verifica dei rapporti intrattenuti con le varie aziende che utilizzavano la manodopera “a basso costo”, per rilevare ulteriori eventuali responsabilità, anche in materia di lavoro. I 33 cittadini indiani hanno denunciato la loro situazione di sfruttamento, maltrattamento e segregazione.
Il Network Antitratta Veneto
Per tutelarli da possibili ritorsioni, in collaborazione con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, sono stati coinvolti i Servizi sociali della Regione Veneto che, nell’ambito del progetto “N.A.V.I.G.A.Re. – Network Antitratta Veneto” hanno garantito loro assistenza, procedendo a ricollocarli in ambienti protetti e ad avviarli verso futuri percorsi lavorativi e di inclusione sociale. In accordo con l’autorità giudiziaria sono state avviate le procedure finalizzate al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di giustizia mentre i passaporti sequestrati al momento dell’ingresso in Italia sono stati restituiti ai legittimi titolari.
Fonte : Agi