L’aeroporto Silvio Berlusconi? Basta continuare a chiamarlo Malpensa

Come prevedibile, sta facendo molto discutere quella che è forse la prima promessa mantenuta da Matteo Salvini, ovvero intitolare lo scalo milanese di Malpensa a Silvio Berlusconi. In realtà, come spesso accade in questi casi, il rumore di fondo supera di gran lunga il fatto in sé, che altro non è che un gesto di riconoscenza dei partiti oggi al governo del Paese verso il loro ex leader, l’uomo che all’inizio degli anni novanta li ha sdoganati e resi ciò che sono oggi.

L’omaggio al benefattore

Senza Berlusconi, senza la sua “discesa in campo”, senza i tanti soldi da lui investiti nelle campagne elettorali e soprattutto senza il suo enorme potere mediatico fatto di televisioni, radio e giornali, probabilmente né la premier Giorgia Meloni né il capo del Carroccio occuperebbero le attuali posizioni di potere. Tutta la politica italiana – a destra e sinistra – è stata condizionata per trent’anni dalla sua presenza, prima come eminenza grigia all’ombra di Bettino Craxi, poi come capo di partito e più volte presidente del Consiglio. Ha dunque senso che la Lega, prima di Umberto Bossi e dopo di Matteo Salvini, che all’ex leader del centrodestra deve il “salto” da partito locale a forza di governo, dall’ampolla del “dio Po” ai palazzi del potere, utilizzi il ministero dei Trasporti e l’Enac iper-lottizzata per rendere omaggio all’antico benefattore.

Poi c’è il contesto. Dedicare un aeroporto a un personaggio politico ancora “contemporaneo”, che in vita è stato disprezzato da milioni di italiani (non è un termine eccessivo, tutti i personaggi divisivi attraggono su di loro un sentimento di disprezzo) è una scelta che non può che attirare critiche e commenti negativi; nel migliore dei casi un po’ di sana satira, viste alcune abitudini del soggetto in questione. Come era assai prevedibile, molti esponenti della sinistra hanno criticato la scelta, spiegando che forse Milano meriterebbe un aeroporto intitolato a Margherita Hack o a Rita Levi Montalcini, non a chi ci fa chiamare “italiani bunga bunga” appena mettiamo i piedi fuori dal Paese. Altrettanto prevedibili i tanti meme e le tante battute a sfondo sessuale, che sono forse il risvolto più divertente della vicenda. E che sono inevitabili, perché la vera anomalia è che un uomo che per decenni ha fatto il bello e il cattivo tempo, al netto delle cronache giudiziarie, delle figuracce in ambito internazionale e dei racconti sulle “cene eleganti”, poco prima di morire ancora prometteva scherzosamente “pullman di tro*e” ai calciatori della sua squadra di calcio in caso di vittoria, non chi esorcizza tutto questo con una risata amara.

Per mezza Italia resterà Milano Malpensa

Sul fronte opposto, la tecnica è quella della simulazione del fallo in area. Si enfatizzano le critiche per celebrare la scelta: da Salvini a Capezzone si perde tempo a insultare chi critica, dimenticando che a criticare la scelta c’è potenzialmente mezza Italia, quella che Berlusconi a sua volta disprezzava (anche qui il termine non è eccessivo) durante i suoi comizi. In realtà è anche questo un modo per polarizzare lo scontro, per dire “noi abbiamo fatto questa cosa fregandocene di voi che non contate nulla perché avete perso le elezioni”. E fa sorridere che il primo a santificare Berlusconi sia quello stesso Salvini che dieci anni fa lo attaccava quotidianamente contestandogli condanne in tribunale, ma sulla coerenza del vicepremier si potrebbero scrivere dei romanzi fantasy.

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In realtà, per derubricare la questione nella posizione che le spetterebbe, ovvero quella del “nulla cosmico”, basta semplicemente ignorarla. Lo scalo milanese ora si chiama  “Aeroporto internazionale Milano Malpensa – Silvio Berlusconi” e nessuno impedisce di non menzionare quello che c’e scritto dietro il trattino, cosa che verosimilmente faremo un po’ tutti quando la notizia scomparirà dai giornali e dai social. In pochi sanno che la stazione Termini di Roma nel 2006 fu intitolata a Giovanni Paolo II e poi, dopo le proteste dei radicali, fu solo “dedicata” al pontefice poi diventato santo, che si è dovuto accontentare dell’aeroporto di Bari. La maggior parte dei romani neanche lo ricorda e quando i treni cominciano a fare ore di ritardo non è certo l’omaggio a Karol Wojtyla a frenare le imprecazioni. Infine, vale la pena menzionare il collega Alessandro Gilioli, che sui social ha ricordato brevemente la storia dello scalo, invitando a considerare l’intitolazione come una sorta di contrappasso. “Un aeroscalo da sempre sfigato – scrive Gilioli – nato su un terreno maledetto da secoli fin dal nome, scomodo da sempre per ogni milanese, oggetto di un grottesco tentativo di rilancio a fine anni novanta con un ricatto della Lega (a spese dei contribuenti) che ha tentato di proporlo come hub in competizione con Fiumicino, un fallimento totale, negozi chiusi o mai aperti, ancora irraggiungibile in mezzo alla campagna e se ci arrivi di notte devi dormirci dentro perché nessuno ti porta in città. Povero Berlusca dai (che poi lui coi suoi aerei privati partiva da Linate o da Bresso, mica dal varesotto, ovviamente)”.

Fonte : Today