Per le persone ma anche per i robot del futuro: ecco il primo piede artificiale di IIT

Un piede artificiale che si comporti come un piede naturale, nel senso che non solo regga il peso del corpo e permetta di camminare ma anche possa flettersi e adattarsi autonomamente agli ostacoli e ai diversi tipi di superficie: questa, in estrema sintesi, l’idea che ha portato i ricercatori dell’Istituto italiano di Tecnologia a sviluppare SoftFoot Pro.

La protesi è stata mostrata per la prima volta a Genova all’evento legato al G7 Salute alla presenza del ministro Schillaci: “Osservando camminare le persone con protesi di piede e i robot umanoidi nei nostri laboratori, abbiamo notato un incedere poco fluido dovuto anche alla caratteristica pianta piatta e rigida dei piedi di entrambi, sviluppati per garantire massimo appoggio ma incapaci di adattarsi al variare della pendenza, della conformazione del terreno e alle diverse pose come inginocchiarsi o piegarsi”, ha spiegato Manuel G. Catalano, ricercatore nel Laboratorio SoftBots di IIT.

Un dettaglio delle dita del nuovo piede artificiale sviluppato da IIT

Come funziona la protesi SoftFoot Pro

Da qui è appunto venuta l’idea di provare qualcosa di diverso, che possa essere usato sia per le persone che ne avessero necessità sia appunto per i robot del futuro, che nel camminare hanno ancora uno fra i loro più grandi punti deboli, come anni fa ci ricordò proprio il direttore scientifico di IIT. Progettato dall’unità Soft Robotics for Human Cooperation and Rehabilitation in collaborazione con il Centro E. Piaggio dell’Università di Pisa, SoftFoot Pro è composto da un meccanismo ad arco fatto di titanio, le cui estremità sono collegate da 5 catene di materiale plastico disposte in parallelo tra loro a simulare la struttura ossea dei piedi umani, attraversate longitudinalmente da un cavo e raccordate a livello del tallone.

Ogni catena è caratterizzata da più moduli collegati gli uni agli altri da una coppia di elastici e una fra le caratteristiche più degne di nota di SoftFoot Pro sono proprio le componenti elastiche che uniscono il corrispettivo artificiale di tarso, metatarso e falangi, costituendo l’equivalente della fascia plantare del piede umano: è questa architettura che permette di replicare in qualche modo il comportamento del piede, così da rendere l’uso della protesi più naturale possibile.

Inoltre, gli elastici permettono anche di ammortizzare l’impatto del piede con il terreno, assorbendo, secondo quanto spiegato, “all’incirca fra il 10% e il 50% del ciclo del passo”. Infine, i movimenti di inarcamento della pianta e del dorso del piede, uniti alla flessibilità delle dita, dovrebbero consentire di compiere più facilmente semplici gesti di vita quotidiana come salire e scendere le scale, chinarsi ad allacciarsi una scarpa o raccogliere qualcosa da terra.

Già in fase di test in Europa

Completamente impermeabile, la protesi SoftFoot Pro pesa circa 450 grammi, può sopportare capacità di carico fino ai 100 kg ed è già in fase di test con persone con amputazioni monolaterali di arto inferiore all’Hannover Medical School in Germania e alla Medical University di Vienna in Austria, oltre che nell’ambito di diversi progetti europei e in particolare dell’iniziativa ERC Synergy: Natural Bionics.

Catalano ha ricordato che “a oggi il dispositivo è in fase di test in laboratorio e in contesti realistici, per valutarne le performance e i possibili sviluppi futuri” e che “stiamo lavorando all’ottimizzazione di peso, dimensioni ed efficienza energetica e all’introduzione di motori appositamente progettati per migliorare ulteriormente la fluidità della camminata, sia nelle applicazioni protesiche sia in quelle dei robot umanoidi attualmente in fase di studio nei nostri laboratori”.

@capoema

Fonte : Repubblica