Le promesse di Mosca sugli indiani al fronte. Ma il problema riguarda anche Sri Lanka e Nepal

Il ministero degli Esteri indiano ha annunciato il rimpatrio dei connazionali arruolati per combattere in Ucraina dopo la visita del premier Narendra Modi in Russia. Attratti da alti stipendi, dalla possibilità di ottenere la cittadinanza russa e di viaggiare verso i Paesi dell’area Schengen in Europa, centinaia di cittadini dell’Asia meridionale hanno intrapreso il viaggio verso la Russia. In molti casi, però, senza sapere che sarebbero stati dispiegati nel conflitto.

New Delhi (AsiaNews) – Dopo la visita del primo ministro indiano Narendra Modi a Mosca, il presidente russo Vladimir Putin ha promesso di congedare tutti i cittadini indiani impegnati al fronte nella guerra tra Russia e Ucraina, ha riferito il ministero degli Esteri indiano. “Ci aspettiamo che il rilascio avvenga entro poche settimane da vari luoghi in cui prestano servizio o sono dispiegati”, hanno commentato fonti anonime. La notizia non è stata poi formalmente confermata da parte russa, che si trova a corto di uomini. Almeno 50 indiani rientrano tra le fila dell’esercito russo e almeno quattro sono stati uccisi dall’inizio del conflitto. Ma, secondo The Hindu, parecchi altri cittadini non hanno registrato la loro presenza presso l’ambasciata indiana a Mosca. 

Il fenomeno riguarda anche srilankesi e nepalesi: attratti da alti stipendi (superiori a 2mila euro al mese), e dalla possibilità di ottenere la cittadinanza russa e di viaggiare verso i Paesi dell’area Schengen in Europa, centinaia di abitanti dell’Asia meridionale hanno intrapreso il viaggio verso la Russia, nella maggior parte dei casi senza sapere che poi sarebbero stati dispiegati al fronte dopo un addestramento di un paio di settimane. Secondo le indagini condotte finora, il reclutamento avviene tramite intermediari che promettono stipendi sostanziosi per lavori legati alla sicurezza. L’ingresso avviene tramite visto turistico: nel 2022, per esempio, il numero di indiani entrati in Russia è salito a 8.275, rispetto ai 7.132 dell’anno precedente e nel 2023 sono stati introdotti i visti elettronici per sveltire la pratica.

Mohammed Asfan, uno degli indiani che sono rimasti uccisi nel conflitto, aveva contattato un reclutatore, Faisal Khan, che online si faceva chiamare “Baba Vlogs”, dopo aver visto un annuncio su YouTube. Gli era stato assicurato che non sarebbe stato mandato in Ucraina, ha raccontato il fratello, ma poi, a novembre dello scorso anno, poco dopo il suo arrivo, Asfan è stato costretto a firmare documenti in russo che non comprendeva. La sua morte in guerra è stata confermata a inizio marzo.

Da allora, le autorità investigative indiane e nepalesi hanno dichiarato di aver arrestato diverse persone coinvolte in una rete di traffico di esseri umani, mentre lo Sri Lanka ha inviato in Russia una delegazione per indagare e fare pressione su Mosca affinché rimpatri i cittadini ancora presenti in Ucraina. Secondo il Parlamento di Colombo, almeno 2mila srilankesi sono impegnati in entrambi i fronti. Gli esperti concordano che la crisi economica dello Sri Lanka, iniziata nel 2022, sia la ragione principale che stia spingendo le persone a migrare anche verso le aree di conflitto. Uno stipendio di 2.100 dollari, infatti, è di 13 volte superiore allo stipendio medio in Sri Lanka. E molti di coloro che decidono di arruolarsi sono spesso ex soldati, fino al 2009 impegnati nella guerra civile che vedeva schierato l’esercito contro il gruppo separatista delle Tigri Tamil. Ma anche dopo la conclusione del conflitto, l’organico delle forze armate è rimasto numeroso nel tentativo di ridurre la disoccupazione. E spesso, a fare da intermediari con la Russia, sono proprio generali srilankesi in pensione, ha rivelato la polizia locale.

Un discorso simile vale anche per il Nepal, dove la guerra civile è finita nel 2006 e da allora non sono state create molte opportunità lavorative. Da qui, inoltre, provengono i Gurkha, la popolazione di guerrieri che, in base a un accordo del 1947, presta servizio anche agli eserciti indiano e britannico. Delhi, per esempio, dispone di 40mila soldati Gurkha, di cui il 60% sono nepalesi. Negli anni, però, il loro numero è andato diminuendo, e, anche se Kathmandu impedisce ai Gurkha di prestare servizio ad altri eserciti stranieri, secondo le indagini svolte finora sarebbero almeno 15mila i nepalesi impegnati in Ucraina. E anche in questo caso, tra coloro che sono tornati indietro, ci sono molti che ritenevano che sarebbero stati arruolati in Russia come cuochi o aiutanti.

In base alle informazioni circolate online nei mesi scorsi, i nepalesi bloccati in Russia hanno chiesto aiuto all’India per il rimpatrio, sostenendo che Delhi abbia molta più influenza su Mosca rispetto a Kathmandu. In effetti, la recente visita di Modi a Mosca ha confermato i buoni rapporti tra India e Russia, ma secondo gli analisti Putin, per superare l’isolamento internazionale, potrebbe cercare nuovi mercati in Asia meridionale e quindi facilitare il rimpatrio dei cittadini bloccati al fronte.

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Fonte : Asia