Buco nero di massa intermedia scoperto nell’ammasso stellare Omega Centauri

I buchi neri di massa intermedia sono una sorta di anello mancante nella storia evolutiva di questi misteriosi oggetti celesti. Ad oggi, infatti, abbiamo diversi esempi di buchi neri supermassicci, primo fra tutti Sagittarius A*, che si trova al centro della nostra galassia, e di buchi neri di massa stellare. Ma i candidati di massa intermedia noti al momento sono pochi. Uno è emerso dall’analisi di oltre 500 immagini scattate dal telescopio spaziale Hubble nel corso di due decenni. Le immagini ritraggono sette stelle in rapido movimento all’interno dell’ammasso stellare Omega Centauri e sembrano fornire nuove prove convincenti dell’esistenza di un buco nero di massa intermedia all’interno dell’ammasso stesso. I risultati dello studio, condotto da un team internazionale a cui ha partecipato anche Mattia Libralato, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), sono stati pubblicati su Nature.

L’evoluzione dei buchi neri

L’attuale teoria dell’evoluzione delle galassie ipotizza che le prime dovessero avere buchi neri centrali di dimensioni intermedie, che sarebbero poi cresciuti nel tempo man mano che quelle galassie inglobavano galassie più piccole o si fondevano con galassie più grandi. Questa ipotesi spiega perché i buchi neri di dimensioni intermedie sono così difficili da trovare: le galassie come la Via Lattea hanno superato quella fase e adesso contengono buchi neri molto più grandi. Le galassie nane, invece, sono difficili da osservare e rendono estremamente complicato rilevare i loro buchi neri centrali con la tecnologia di cui disponiamo attualmente. Sebbene esistano candidati promettenti, fino ad ora non è mai stato rilevato un buco nero di massa intermedia.

Lo studio

L’esistenza di buchi neri di massa intermedia al centro degli ammassi globulari [come l’ammasso Omega Centauri, nda] è un argomento molto controverso perché questi oggetti sono elusivi ed è difficile dedurre la loro presenza – commenta Libralato -. In questa analisi sono state trovate sette stelle vicino al centro di Omega Centauri la cui velocità molto elevata e posizione sono compatibili con la presenza di un buco nero con una massa di almeno 8.200 volte quella del Sole al centro dell’ammasso”. La scoperta di queste stelle, prosegue il ricercatore, è una delle prove più solide mai raccolte dell’esistenza di un buco nero di massa intermedia.

Nel corso del lavoro di ricerca, iniziato nel 2019 con l’obiettivo di comprendere meglio la storia della formazione di Omega Centauri, il gruppo di ricercatori ha creato un enorme catalogo con i movimenti delle stelle di Omega Centauri e misurato in totale la velocità di 1,4 milioni di stelle. Le 500 immagini di Hubble utilizzate a questo scopo erano in realtà state scattate con lo scopo di calibrare gli strumenti del satellite, per poi rivelarsi un database ideale per lo scopo del progetto.

Cercare stelle in rapido movimento e documentarne il movimento era come cercare il proverbiale ago in un pagliaio”, racconta Maximilian Häberle, studente di dottorato presso il Max Planck Institute for Astronomy di Heidelberg (Germania) e primo autore dello studio. Ebbene, come anticipato, il gruppo di ricerca ne ha trovate ben sette, che in base alla loro velocità di movimento non dovrebbero nemmeno trovarsi all’interno dell’ammasso, spiega Häberle: “Si muovono così velocemente che dovrebbero sfuggire all’ammasso e non tornare mai più. La spiegazione più probabile è che un oggetto molto massiccio stia attraendo gravitazionalmente queste stelle mantenendole vicine al centro”.

I prossimi passi

L’obiettivo del gruppo di ricercatori è ora quello di studiare il centro di Omega Centauri in maggiore dettaglio, utilizzando il James Webb Space Telescope per misurare le stelle in rapido movimento. Inoltre, strumenti attualmente in costruzione come il Gravity+ e il Micado dello European Southern Observatory (Eso) potrebbero in futuro permettere di raccogliere misure più accurate delle posizioni delle stelle rispetto a quelle ottenute grazie alle immagini di Hubble. L’obiettivo a lungo termine, spiegano dall’Inaf, è determinare come le stelle accelerano e come curvano le loro orbite.

Fonte : Wired