Avvolta nel mistero la sorte di 11 cristiani, fra cui sei protestanti (Degar) e cinque cattolici della comunità di Ha Mon. In passato erano stati condannati, alla scadenza della pena “non si hanno più notizie” e “sembrano scomparsi”. Alla base della sentenza “attività o appartenenza religiosa”. Preoccupazione per queste repressioni che permangono a dispetto delle aperture verso la Chiesa locale e la Santa Sede.
Hanoi (AsiaNews) – In Vietnam tornano i casi di persecuzione a sfondo etnico-confessionale contro la minoranza religiosa Montagnard, perseguitata da Hanoi sin dai tempi della guerra negli anni ‘70 del secolo scorso. Secondo quanto denuncia un gruppo attivista internazionale, da qualche tempo vi è grande preoccupazione in merito alla sorte di 11 cristiani imprigionati a causa della loro fede, di cui “non si hanno più notizie” e sembrano “scomparsi nel nulla”. International Christian Concern (Icc), con sede a Washington, riferisce che il gruppo – composto da sei protestanti e cinque cattolici – ha ricevuto condanne fra il 2011 e il 2016 a un totale di 90 anni e otto mesi di carcere. Tra loro vi sono i protestanti Degar Ro Mah Pla, Siu Hlom, Rmah Bloanh e Rmah Khil, accusati di “minare la politica di unità nazionale” e i cattolici Runh, A Kuin, A Tik, Run e Dinh Kuh della comunità Ha Mon, entrambe non approvate dal governo.
“Undici cristiani Montagnard vietnamiti che sono stati imprigionati per attività o appartenenza religiosa nella nazione del sud-est asiatico sono scomparsi, suscitando preoccupazioni per il trattamento dei seguaci di Cristo incarcerati in Vietnam” spiega la nota di Icc. Secondo la Campagna per abolire la tortura in Vietnam, ci sono quasi 90 Montagnards attualmente imprigionati o rilasciati dietro condizioni che limitano gravemente i loro diritti civili. “I prigionieri cristiani scomparsi sono lo specchio di un problema più grande interno al quadro giuridico vietnamita per le minoranze della nazione” conclude la dichiarazione Icc. Il ministero degli Affari esteri, interpellato da Radio Free Asia (Rfa), non ha voluto commentare la notizia che solleva più di una preoccupazione nei movimenti attivisti internazionali per la loro sorte.
Nel gennaio scorso 100 fedeli della provincia di Dak Lak – area popolata da circa 30 tribù minoritarie – sono stati processati per un attacco a due quartieri generali della Comune popolare e che ha causato nove morti sul terreno. Di questi, almeno 10 sono stati condannati all’ergastolo con l’accusa di terrorismo. I rimanenti hanno ricevuto pene variabili da tre anni e mezzo sino a 20 anni di prigione, per lo più con accuse legate al terrorismo.
Per anni le “tribù dei monti” hanno subito una persecuzione religiosa da parte del governo, retaggio dei tempi della guerra in Vietnam quando i Montagnard si sono schierati a fianco degli Stati Uniti nel tentativo di dar vita a una nazione autonoma. Nel tempo le autorità di Hanoi hanno continuato a reprimerle, accusandole di “secessione” ed espropriando con questo pretesto i loro terreni. In molti hanno cercato rifugio in Cambogia, ma il governo di Phnom Penh ha più volte rispedito al mittente i fuggiaschi, in violazione alle norme Onu sui rifugiati politici. La loro appartenenza alla comunità cristiana rappresenta inoltre un ulteriore elemento di sospetto, che agli attacchi di natura etnico-politica unisce anche una persecuzione di matrice confessionale.
Persecuzioni e arresti che proseguono ancora oggi, in una fase storica in cui Hanoi ha avviato un cammino di riavvicinamento alla Chiesa, rafforzando le relazioni con la Santa Sede e accogliendo di recente mons. Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati. Un ulteriore passo verso un futuro (prossimo) ristabilimento di piene relazioni diplomatiche e con la speranza, nemmeno troppo remota, di accogliere papa Francesco per un viaggio apostolico impensabile fino a poco tempo fa.
Circa il 7% dei circa 97 milioni di persone nel Paese asiatico sono cattolici. Parlando della realtà vietnamita durante la messa celebrata nella cattedrale di San Giuseppe nella capitale, il “ministro degli Esteri” del Vaticano ha parlato di “pietre vive” la cui testimonianza “mi sta colpendo profondamente”. Sono grandi le attese e le aspettative attorno alla possibile visita del pontefice, che segue i passi avanti importanti compiuti negli ultimi anni nelle relazioni e per il quale le autorità locali hanno già formulato un invito.
Fonte : Asia