“O ci laureiamo insieme o la vita è finita per entrambi”: il messaggio di Turetta a Giulia Cecchettin 9 mesi prima del delitto

Una pretesa ossessiva, manifestata diversi mesi prima di uccidere a sangue freddo Giulia Cecchettin: quella di laurearsi insieme. Dal cloud di Filippo Turetta, che ha rinunciato all’udienza preliminare prevista per il 15 e 18 luglio, accettando quindi di andare direttamente a processo, emerge messaggio inviato su WhatsApp alla giovane nel febbraio 2023: “Mettiti in testa… che o ci laureiamo insieme o la vita è finita per entrambi”. Il testo ora agli atti dell’inchiesta contro il 22enne di Torreglia (Padova) a processo per omicidio volontario premedito della ex fidanzata. Secondo la ricostruzione dei carabinieri Turetta non si era rassegnato alla fine della relazione e secondo le testimonianze di amici e familiari di Giulia “agiva come se fosse sicuro di riconquistarla”. 

Le chat tra Turetta e Giulia Cecchettin

Nei giorni scorsi sono state mostrate anche altre chat recuperate dal cellulare del giovane. Nelle conversazioni era chiaro come la ragazza stesse tentando di prendere le distanze:  “Sei ossessionato, sei uno psicopatico. Mi stai facendo paura”, scriveva la 22enne, mentre l’ex continuava a insistere: “Dai per favore almeno puoi dirmi se hai iniziato a scriverti con qualche tipo? Siamo migliori amici Giulia per favore. Non hai negato neanche, quindi vuol dire che è vero? È un sì?”.

La ragazza si lamentava di essere controllata, mentre Turetta voleva sapere a tutti i costi chi fosse il suo nuovo amico: “Giulia sto malissimo, ti prego mi stai distruggendo. Non puoi più scrivermi la buonanotte perché la stai scrivendo a lui? – e ancora – Sono uno stecco Giulia, non mangio da due giorni. Come puoi pensare di iniziare a frequentare un altro tipo, mi sembra una cosa violentissima nei miei confronti”.  A quel punto la 22enne risponde: “Ma non ti senti ridicolo? Sei ossessionato, sei uno psicopatico. Mi stai cominciando a fare paura”. “Ma guarda come mi tratti, come un criminale”, accusa Turetta. “La fiducia me l’hai fatta perdere tu – conclude Giulia -. Tutti questi meccanismi di controllo su di me, che guardi quando vado a dormire, quanto tempo sto online e mi chiedi se sto scrivendo a qualcuno. Sono tutti metodi ossessivi che tu metti in pratica che tu metti in atto per controllarmi e mi fanno paura Pippo, mi fanno paura”. 

Gli ultimi istanti insieme, poi l’omicidio

Un’ossessione trasformatasi in follia omicida l’11 novembre scorso, in un parcheggio di Vigonovo, come confermato dallo stesso Turetta nell’interrogatorio in cui ha ammesso il brutle delitto. La serata trascorsa in un centro commerciale a Marghera, dove la studentessa in ingegneria biomedica aveva cercato una gonna e un paio di scarpe per la cerimonia di laurea ormai prossima. La cena insieme al McDonald’s, poi il viaggio di ritorno, con l’auto di Turetta che si ferma in un parcheggio a 150 metri dell’ex fidanzata. “Volevo darle un regalo, una scimmietta mostriciattolo. Con me avevo uno zainetto che conteneva altri regali: un’altra scimmietta di peluche, una lampada piccolina, un libretto di illustrazioni per bambini. Lei si è rifiutata di prenderlo. Abbiamo iniziato a discutere”, ha detto il 22enne davanti al pubblico ministero di Venezia Andrea Petroni. “Mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso con lei. Voleva andare avanti, stava creando nuove relazioni, si stava ‘sentendo’ con un altro ragazzo”. L’ossessione di Filippo per l’idea che Giulia potesse aver avviato una nuova frequentazione traspare dai messaggi che i due si sono inviati pochi giorni prima della morte di Giulia. “Mi stai facendo paura”, scrive lei.

Dopo la lite in macchina scatta l’aggressione. “Ho urlato che non era giusto, che avevo bisogno di lei, che mi sarei suicidato. Lei ha risposto decisa che non sarebbe tornata con me. È scesa dalla macchina, gridando ‘Sei matto, lasciami in pace'”, ha riferito ancora Turetta al pm. “Ero molto arrabbiato. Prima di uscire anch’io, ho preso un coltello dalla tasca posteriore del sedile del guidatore. L’ho rincorsa, l’ho afferrata per un braccio tenendo il coltello nella destra. Lei urlava ‘aiuto’ ed è caduta. Mi sono abbassato su di lei, le ho dato un colpo sul braccio, mi pare di ricordare che il coltello si sia rotto subito dopo. Allora l’ho presa per le spalle mentre era per terra. Lei resisteva. Ha sbattuto la testa. L’ho caricata sul sedile posteriore”, ha proseguito.

Dopodiché Turetta mette in moto e si dirige verso la zona industriale di Fossò, poco distante. “Mentre eravamo in macchina lei ha iniziato a dirmi ‘cosa stai facendo? Sei pazzo? Lasciami andare’. Era sdraiata sul sedile, poi si è messa seduta. Si toccava la testa. All’inizio pensavo solo a guidare. Poi ho iniziato a strattonarla e tenerla ferma con un braccio”. “C’eravamo fermati in mezzo alla strada, ho provato a metterle lo scotch sulla bocca, non mi ricordo se lei se lo è tolto o è caduto da solo perché non l’avevo messo bene. Si dimenava. È scesa e ha iniziato a correre. Poi anch’io sono sceso”, è andato avanti il 22enne. “Avevo due coltelli nella tasca in auto dietro al sedile del guidatore”, ha precisato. Uno l’avevo lasciato cadere a Vigonovo. Ho preso l’altro e l’ho rincorsa. Non so se l’ho spinta o è inciampata. Continuava a chiedere aiuto. Le ho dato, non so, una decina, dodici, tredici colpi con il coltello. Volevo colpirla al collo, alle spalle, sulla testa, sulla faccia e poi sulle braccia”. L’autopsia rivelerà che sono state 75 in tutto le coltellate inferte al corpo di Giulia Cecchettin, la cui morte è sopraggiunta per lo shock emorragico causato dalle coltellate e dal colpo alla testa.

Fonte : Today