Tutte le contradizioni di Conte e del movimento “l’uno vale l’altro”

Il Movimento 5 stella ha finalmente una casa anche a Bruxelles. I pentastellati sono stati accolti (con riserva) dal gruppo The Left, quello per intenderci a cui ha aderito Ilaria Salis che è stata eletta tra le fila dell’alleanza tra Verdi e Sinistra italiana.

A Giuseppe Conte sono bastati sei anni per passare da Matteo Salvini e Luigi Di Maio a Nicola Fratoianni e Ilaria Salis. Il camaleontico leader del M5S, in fondo, ci ha abituati a questi repentini voltafaccia. Mentre si stava consumando la cosiddetta “crisi del Papeete” Conte, di fronte alle telecamere, annunciò con grande sicumera che mai e poi mai avrebbe guidato un altro governo al di fuori di quello gialloverde. È vero che siamo ancora tutti in paziente attesa che Walter Veltroni parta per l’Africa e che Matteo Renzi lasci la politica, ma è pur vero che al M5S e a Conte resta soltanto di sostenere un governo con FdI e, poi, il passo “dall’uno vale uno” a “l’uno vale l’altro” è bello che completo.

Eppure non sono così lontani i tempi in cui una parte dell’elettorato cattolico, anche di centrodestra, sognava di ricostruire il centro attorno alla figura dell’avvocato del popolo che rivendicava con orgoglio di essersi formato presso il Collegio universitario di Villa Nazareth, fondato da monsignor Domenico Tardini e attualmente presieduto dal Cardinal Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano.

Durante il folgorante periodo del Covid, invece, l’onnipresente Conte era visto dall’allora segretario del Pd Nicola Zingaretti come “punto di riferimento per tutte le forze progressiste”. Siamo nel 2019 e l’incoronazione come futuro “papa straniero” e federatore del centrosinistra era alle porte, ma la crisi di governo ha impedito a Conte di diventare il “nuovo Prodi”.

Oggi, dopo aver condotto una campagna elettorale per le Europee attaccando il Pd, si schiera ancora più a sinistra di Elly Schlein. Non bisogna dimenticare, inoltre, che cinque anni fa proprio la scelta di Conte di sostenere Ursula Von Der Leyen alla presidenza della Commissione Ue fu “la pistola di Sarayevo” che determinò la frattura con Matteo Salvini. Ebbene, oggi, il M5S con il suo ingresso nel gruppo Left si appresta a negare la fiducia alla Von Der Leyen, esattamente proprio come faranno gli europarlamentari leghisti che si accingono a entrare nel gruppo di Viktor Orban.

“Certi amori fanno giri immensi e poi ritornano…” cantava Antonello Venditti.

Sicuramente non vi sarà un ritorno di fiamma tra Conte e Salvini, ma pensare che le divergenze in politica estera esistono solo nel centrodestra è quantomai errato. Il M5S non ha votato il Mes, non voterà per la nuova Commissione Europea e probabilmente si opporrà anche a nuovi invii di armi a Kiev però si dice pronto a partecipare al nuovo Fronte Popolare anti-meloniano su cui sta lavorando Elly Schlein. L’ennesima contraddizione di un movimento guidato da un leader politico ansioso di veder fallire il proprio (ancora ipotetico) alleato di coalizione più giovane per ritornare trionfante a Palazzo Chigi.

Fonte : Today