Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzé al Circo Massimo sono i padroni della festa

Il 6 luglio i tre artisti, che avevano mosso i primi passi negli anni Novanta nel Locale a Roma, hanno festeggiato con una platea di 50mila persone i dieci anni della collaborazione nata da un viaggio in Sud Sudan. Gli amici Paola Cortellesi e Lillo hanno introdotto a distanza alcuni dei loro grandi successi. I cantautori hanno affrontato anche il tema della guerra e ricordato artisti e amici scomparsi, da Gigi Proietti a Erriquez della Bandabardò

Sembrava piccolo, il palco del Locale. Uno spazio protetto tra Piazza Navona e Campo de’ Fiori, dove tre ragazzi degli anni Novanta affamati di libertà strimpellavano chitarre e tastiere con il divieto assoluto di eseguire cover. Sembrava piccolo, il palco del Locale. Ma non lo era. Quei primi, pochi metri quadrati non rispondevano alle leggi della fisica. Ogni suono abbatteva le pareti, capovolgeva i soffitti e i pavimenti ed espandeva i secondi, i minuti e le ore. È forse per questo che ieri e trent’anni dopo in fondo coincidono. Il 6 luglio nel salotto del Circo Massimo cambia solo la platea, 50mila persone a perdita d’occhio. I tre protagonisti della festa, però, restano gli stessi amici di sempre. Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzé celebrano l’album Il padrone della festa, nato dieci anni fa dopo il viaggio che il trio ha fatto in Sud Sudan con Medici per l’Africa – Cuamm. Riparate da un enorme albero illuminato che simboleggia la vita, e accompagnate dagli strumenti di Roberto Angelini, Gianluca Misiti, Max Dedo, Ramon Caraballo, Piero Monteristi e Adriano Viterbini, le tre personalità degli artisti, diverse ma complementari, si amalgamano sul palco senza sovrapposizioni, in un gioco puro di chitarre, sorrisi e battute. La serata romana esordisce con il primo grande successo dei tre amici, Come mi pare, e prosegue con la riconoscenza di Silvestri ai fedelissimi fan: “Grazie per esserci, alla fine vuol dire che dieci anni fa abbiamo avuto Una buona idea”. I maxischermi raddoppiano l’energia dell’arena, che si staglia tra le cupole illuminate di Roma, mentre le mani battono a tempo sulle note di La favola di Adamo ed Eva, Il mio nemico, Alzo le mani e Life Is Sweet.

LA CASA, LA GUERRA E GINO STRADA

Il viaggio in Sud Sudan ha ispirato non solo nuova musica, ma anche nuove consapevolezze. Prima tra tutte, la meravigliosa varietà di prospettive di Io sono l’altro, cioè “la capacità di accettare le differenze”, spiega Niccolò Fabi. Tra il pubblico si levano cartelli contro la guerra, un tema che ritorna anche nell’introduzione de La mia casa di Daniele Silvestri. “Non tutti sono così fortunati. Ci sono persone che avevano una casa ma l’hanno dovuta lasciare, non per loro scelta. Ci sono popoli che non hanno una casa. E se una gliel’hanno concessa, piccola, fatta male, che sembrava più un carcere, adesso gliela tolgono pure”, dice il cantautore, riferendosi alla guerra a Gaza. Cita poi il fondatore di Emergency, Gino Strada. “Diceva: “Non vi distraete, perché sarà la guerra il nostro problema”. La guerra ci accompagna da sempre, sembra una condanna. In realtà, non è per forza così. Non siamo nati così, anzi tutti noi siamo nati con una capacità straordinaria, come esseri umani, di poter sentire ogni posto potenzialmente come casa nostra, anche i più distanti e diversi. Ce l’abbiamo nel sangue. Ci nasciamo, solo che poi crescendo ci viene insegnato a fare il contrario, a proteggere i nostri piccoli spazi, ad alzare muri”. Dopo aver trasportato la platea tra i tram inerpicati di Lisbona, le piazze colorate di Marrakech, gli ostelli di Berlino, le cave di Favignana, i vinili di Camden Town e i gladiatori di Roma, si rivolge ancora una volta allo sterminato fiume umano del Circo Massimo: “Questa casa oggi è gigantesca”.

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GLI OMAGGI E GLI OSPITI, DA PAOLA CORTELLESI A LILLO

La canzone Il solito sesso precede invece il coro di auguri per il compleanno di Max Gazzé, che sul palco compie 57 anni. Dopo Strade di Francia e Canzone di Anna, l’arpa di Greta Zuccoli accompagna Mentre dormi, che sembra rassicurare i tre ragazzi di un tempo: “I sogni diventano veri”. Il divano blu ormai vuoto di Facciamo finta suscita invece nella platea il desiderio di riavvolgere il nastro di un’assenza, ma il momento della commozione lascia spazio alle risate per la proiezione di una foto dei tre artisti tra vent’anni, rughe e capelli bianchi compresi. Poco dopo il pubblico ondeggia come un campo di grano in estate sulle melodie di Quel che fa pauraÈ non è e Pozzo dei desideri, mentre Il negozio di antiquariato ricorda che, proprio come il riconoscimento del Circo Massimo, “l’oro si aspetta”. Seguono Cara ValentinaCohiba, che Daniele Silvestri dedica al “fratello che non c’è più” Erriquez, il leader della Bandabardò scomparso nel 2021, e Argentovivo, con l’esibizione a sorpresa del rapper Rancore. Costruire giorno dopo giorno, su invito di Niccolò Fabi, è stato possibile anche grazie al tecnico del suono e produttore Gianluca Vaccaro, scomparso nel 2017 e ricordato da Silvestri come “un ragazzo romano dal cuore gigante” che ha aperto al trio le porte del suo studio di registrazione. La sua stessa esistenza testimonia quindi l’esatto opposto del titolo della canzone successiva, L’amore non esiste. In ogni caso, tutti concordano sul fatto che Una musica può fare e che talvolte occorre essere Testardo come Silvestri che omaggia Gigi Proietti con il peculiare ritornello della canzone, “un momento di alta letteratura”. Inoltre, per la prima volta il trio esegue dal vivo Giovanni sulla Terra. “Il sole brucia chi sta fermo”, recita il brano. La serata si conclude con le incursioni sullo schermo di Paola Cortellesi, che introduce il brano A bocca chiusa, colonna sonora del film C’è ancora domani, e di Lillo, che citofona idealmente da Sotto casa. La tripletta Vento d’estateSalirò Lasciarsi un giorno a Roma esplode fino all’ultimo, inaspettato tris che chiude con Il padrone della festa. È il tempo del congedo. Niccolò, Daniele, Max e l’orchestra si inchinano in un solenne rituale da teatro. Si scambiano abbracci e sorrisi. Chissà che cosa vedono i loro occhi. Forse la piccola sala del Locale, dove tutto è cominciato.

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Fonte : Sky Tg24