Minerali, perché non abbiamo bisogno di estrarli dai fondali marini

Il rapporto cerca di mostrare come le materie prime critiche presenti nei prodotti e nei rifiuti elettronici rappresentino una “risorsa domestica abbondante“. Per sfruttarla bisogna abituarsi a ridurre, riutilizzare e riciclare, e non solo. Il rapporto aggiunge a questo elenco altri due concetti: riparare e reinventare i prodotti, facendo riferimento a un mantra “a cinque R”. Il documento ci invita a sforzarci attivamente per estendere la durata dei prodotti e a investire nelle opportunità per dare una “seconda vita” a tecnologie come i pannelli solari e le batterie non più utilizzabili.

Tesori nella spazzatura

Secondo il rapporto, il problema è che si vorrebbe sfruttare i minerali depositati negli abissi nello stesso modo in cui sono stati utilizzati i combustibili fossili. Di conseguenza, una risorsa che ora sembra abbondante, diventerà molto più limitata in futuro.

È un po’ ironico che si ritenga più facile scavare e potenzialmente distruggere una delle più misteriose zone selvagge rimaste sul pianeta solo per ottenere più metalli da gettare nella spazzatura ogni giorno“, afferma Lamp.

Le risorse che cerchiamo potrebbero nascondersi proprio nella spazzatura. La produzione di elettronica sta crescendo cinque volte più velocemente del riciclaggio dei rifiuti elettronici. Sarebbe necessario perciò investire nello smontaggio di questi prodotti per recuperare le materie prime critiche che contengono, che oggi vengono invece sprecate. Come per il deep sea mining, l’infrastruttura necessaria per avviare questo processo utile sarà enorme, ma impegnarsi in questo senso permetterebbe di approvvigionarsi di materie prime critiche in luoghi più vicini, riducendo inoltre la quantità di rifiuti.

Barron non è convinto che questi sforzi saranno sufficienti: “Dobbiamo impegnarci anche in questo senso – afferma –, non si tratta di scegliere una soluzione rispetto all’altra. Dobbiamo procedere in questa direzione, ma dobbiamo anche rallentare la distruzione delle foreste pluviali tropicali”. “Se ci si schiera contro l’estrazione di metalli oceanici, si accetta qualcos’altro. E quel qualcos’altro è ciò che abbiamo a disposizione attualmente”, aggiunge,

Proctor sostiene che per ridurre ogni forma di estrazione, compresa quella terrestre e quella in alto mare, sia necessario adottare misure efficaci ad ampio raggio e a livello capillare in tutta la società, con l’obiettivo di avviare un’economia circolare che coinvolga anche i materiali necessari per la transizione energetica.

Fonte : Wired