Uljian Sharka, primo unicorno italiano nel campo dell’IA. “Inizia una nuova era, il rinascimento digitale”

L’Italia ha un nuovo unicorno, il primo nel settore dell’Intelligenza artificiale. Lo ha creato Uljan Sharka, 32 anni, cittadino italiano nato in Albania, fondatore di iGenius, azienda deeptech che ha appena annunciato un round da 650 milioni di euro. Portando la sua valutazione a oltre un miliardo.

Pioniere, partito anni fa, quando l’intelligenza artificiale non era ancora “di moda”, ha creato il primo modello di IA generativa italiano. Si chiama Italia, è addestrato per oltre il 90% in lingua italiana.  “Ha una precisione linguistica incredibile”.

Ci è riuscito, nonostante le difficoltà. “Il mercato europeo e americano dicevano che  sarebbe stato impossibile”. Il segreto? Un mix di fattori. “Una squadra straordinaria – io sono solo il portavoce di iGenius- il vantaggio competitivo di essere partiti per primi, e il super computer Leonardo“. ll modello di lunguaggio (LLM) Italia è stato infatti addestrato presso il consorzio Cineca, eccellenza italiana che riunisce 118 enti di ricerca, ministeri e università, e che ospita il super computer Leonardo. Il settimo più potente al mondo e il secondo per Intelligenza artificiale.

 “Abbiamo creato un’impresa per avere un impatto sul mondo, non per un interesse personale”. Così in un’intervista in cui il tema è l’intelligenza artificiale, le parole che ricorrono più spesso sono invece: persona, squadra, etica, umanità.

Siamo all’inizio di una nuova era. L’intelligenza artificiale, prima di essere una rivoluzione tecnologica, è una rivoluzione sociale. Cambia tutto. L’IA generativa per la prima volta democratizza il software. Grazie al linguaggio umano, lo rende accessibile a tutti. Potremo finalmente essere liberi, autonomi, eliminare il divario delle competenze e avere più tempo”.

Ma la sua non è solo una visione ottimistica. “Davanti a tutto questo è necessaria una profonda riflessione. Dobbiamo fare un reset. La bilancia non va spostata tutta dalla parte dell’innovazione. I diritti umani che abbiamo conquistato sono la parte più importante di questa rivoluzione e vanno preservati. Non dobbiamo creare scompensi sociali. È fondamentale che quei pochi che riescono a maneggiare questa tecnologia, che hanno più capacità e più potere, non affossino tutti gli altri”.

Lui le mani in pasta, immerse in questa tecnologia dirompente, le ha. Ciononostante ha deciso di fare una scelta. Di cambiare prospettiva. Di guardare a lungo termine.

“Puoi scegliere di usare le abilità e la tecnologia per avere un impatto sul mondo, o per fare solo centinaia di milioni di ricavi. La differenza si chiama etica”.

Poi ti guarda e a quel punto è lui a fare la domanda. “Le imprese nascono per fatturare, certo. Ma se tu puoi fatturare sia facendo del bene sia facendo del male, quale approccio scegli?”.

Mamma medico, papà imprenditore, Sharka assorbe i valori durante la sua infanzia. “Il contesto familiare in cui sono vissuto ha formato gran parte di ciò che sono. Il valore dell’etica, la voglia di creare progresso per l’umanità, il purpose, il rispetto degli altri e della diversità sono la base della mia formazione. Sono cresciuto con questi valori e, diventando prima un adulto e poi un imprenditore, mi sono reso conto che sono le uniche cose che contano”

A 16 anni, Sharka arriva in Italia per studiare. “Mi sono mosso come qualsiasi altro ragazzo che si sposta da un Paese all’altro per completare la sua formazione”. Durante gli anni del liceo scopre la passione per la tecnologia. Inizia giocando. “Ero appassionato di giochi come tutti i ragazzi a quell’epoca. Quando entri in questa realtà virtuale inizi a pensare a quanto potrebbe essere interessante creare quel mondo. Ho iniziato ad appassionarmi alla programmazione, con l’idea prima di modificare le soluzioni dei giochi. Poi di crearne di nuovi”.

Nel mondo dell’informatica è un autodidatta. Finito il liceo, partecipa a un bando della Apple che cerca talenti in Italia. “Sono arrivato in California a San José e mi si è aperto un mondo. Ho iniziato a toccare con mano cosa si potesse fare con la programmazione. Ci sono rimasto tre anni e proprio in quel periodo ho deciso di non iscrivermi all’università”.

L’esperienza alla Apple rafforza la sua visione.

“È stata illuminante. Il mio ruolo era Technical Coordinator nella sezione Entreprise. Ho capito quanta cultura italiana c’è in Apple. Steve Jobs in molte interviste ha raccontato di essersi ispirato a Olivetti, a lui si deve il concetto di bellezza, semplicità di utilizzo e umanesimo“.

“In quegli anni pensavo: il vantaggio competitivo di una delle aziende più grandi del mondo dipende dalla cultura italiana, ma l’Italia e l’Europa sono rimaste indietro. Invece di sfruttare quel vantaggio, che è nel loro DNA, hanno cercato di copiare l’ecosistema altrui, fallendo miseramente”.

Nel 2015 Sharka rientra in Italia, nel 2016 fonda iGenius. L’idea: portare l’interfaccia utente ai livelli del linguaggio umano. “In America dicono: il software ha mangiato il mondo. Oggi dovremmo aggiungere: l’intelligenza artificiale mangerà il software. L’intelligenza artificiale può risolvere tutti i problemi che il software ha creato e fare diventare tutti geni dell’informazione. La I di iGenius significa informazione”

Nel 2017 entra nell’acceleratore di Facebook: “È stato l’unico programma di accelerazione a cui abbiamo mai partecipato”.

Negli anni raccoglie 45 milioni di euro. A giugno 2024 lancia il modello Italia. “Con 9 miliardi di parametri, rientra nella categoria dei Large Language Model (LLM). È un modello open source con licenza MIT. Significa che chiunque può copiarlo e renderlo proprio, controllando quindi la proprietà intellettuale. Potrà essere integrato con altre lingue. È pensato per le aziende e per la pubblica amministrazione, non è un’app consumer”.

Tra i tanti vantaggi Sharka cita la trasparenza e l’affidabilità dei dati.

“Non sappiamo come abbiano addestrato gli altri modelli di intelligenza artificiale generativa.

Noi abbiamo usato solo contenuti pubblici, aperti come per esempio Wikipedia. Li abbiamo filtrati, ossia “puliti” da contenuti espliciti, bias, pregiudizi, piuttosto che contenuti premium. Infine, abbiamo generato contenuti sintetici per aumentare la sicurezza del modello e il suo rispetto delle normative europee e internazionali”

In questi giorni, iGenius ha annunciato una raccolta di 650 milioni di euro. Tra i primi investitori Angel Capital Management ed Eurizon Asset Management. “La prima parte di questo round è stata chiusa. Quando la raccolta sarà completata con i partner giusti –  non vogliamo portare dentro gli investitori solo per i capitali – faremo un altro pezzo di storia in Italia. Essere diventati un unicorno è solo un punto di partenza. Vogliamo diventare una big tech europea”.

È appena tornato dal World Economic Forum. Nel panel di chiusura, al suo tavolo c’erano due americani, un cinese e lui come rappresentante dell’Europa. Non conosce Sam Altman. “L’ho incrociato in qualche summit e forse quando era presidente di Y Combinator”.

Cosa ha fatto la differenza per te?

“Le persone che mi circondano. Noi amiamo il confronto, il lavoro di squadra, una cultura di apertura. Cambiamo decisioni anche entro 48 ore.  Teniamo la mente aperta e la curiosità nell’esplorare qualsiasi mondo per raggiungere la grandezza. Siamo esploratori e vogliamo andare oltre i nostri limiti. Siamo talmente appassionati che ci svegliamo molto presto al mattino e andiamo a dormire troppo tardi la sera, perché vogliamo sfruttare ogni minuto per realizzare questa visione”.

La squadra di iGenius è composta da 10 piccole startup che hanno libertà e possibilità di sperimentare nel loro ambito. “C’è un altissimo livello di interazione sociale, di confronto intellettuale e di collaborazione. Abbiamo un rispetto profondo per il pensiero dell’individuo all’interno della squadra.  L’errore, e ne abbiamo fatti tanti, non è mai considerato un fallimento. ma è semplicemente un evento. Fa parte dell’execution. Tra di noi, che abbiamo esperienze, culture e background diversi, cerchiamo un ‘allineamento di frequenza’”

Padre di una bambina di 5 anni, con la sua nascita Sharka ha rafforzato il suo senso di responsabilità. “Non vorrei che crescesse in un mondo in cui non ci sono opportunità uguali per tutti o che vivesse in una società fatta da colossi e monopolisti. Sogno che la tecnologia diventi sempre più uno strumento che possa dare libertà e autonomia alle persone. Guardando il mondo che ci circonda, ci sentiamo piccoli, ma possiamo aspirare alla grandezza.

La grandezza è l’unica via d’uscita per l’umanità. E la tecnologia ci può aiutare”.

Come sarà il futuro fra 10 anni? “Spesso facciamo  l’errore di immaginare il futuro ma questo non ha più senso. Con l’intelligenza artificiale si aprono scenari talmente dirompenti e veloci che immaginare il domani è come “mettere un limite”. Noi dobbiamo concentrarci sul presente e capire come proteggere e salvaguardare i diritti umani. Per entrare davvero in una nuova era. Quella del rinascimento digitale”.

Fonte : Repubblica