Leone, il figlio di Fedez e Chiara Ferragni, aveva più di cinquanta profili falsi su Instagram, fatti da persone che usavano illegalmente le sue fotografie per cercare di monetizzare con la sua immagine.
Dall’ecografia 3D al primo bagnetto, dalla prima volta sul vasino alla prima caduta in bicicletta i bambini sono esposti nel mondo digitale spesso ancora prima di nascere. Una pratica che, sebbene appaia innocua, può creare non pochi problemi e rischi.
“Lo sharenting, che oggi scaturisce anche nel gransharenting (a pubblicare foto dei minori non sono soltanto i ngenitori ma anche i nonni, ndr) è nato sì con i social e gli influencer, ma è esploso durante la pandemia. Eravamo chiusi in casa, quale soggetto migliore dei nostri figli da postare sui social network? – commenta Gianluigi Bonanomi, formatore sulla comunicazione digitale e autore del libro Sharenting, edito da Mondadori università – inoltre, è dimostrabile che con i bambini triplica il numero dei like, quindi questi post aumentano la soddisfazione e, per gli influencer, persino popolarità e introiti. Il 15% dei genitori iscritti ai social, inizia quando il bambino non è ancora nato”.
Il fenomeno è molto diffuso anche se è difficile inquadrarlo in termini numerici. Lo studio Figli “in vetrina”. Il fenomeno dello sharenting in un’indagine esplorativa, realizzato da Davide Cino e Silvia Demozzi, evidenzia come il 68% del campione intervistato pubblichi con una certa frequenza foto dei figli sui propri profili social, mentre il 30% tende a pubblicarle non solo sulle proprie bacheche, ma anche su gruppi Facebook o altri spazi virtuali meno “controllati” e filtrati rispetto al profilo personale. A giudicare dallo studio, in Italia il fenomeno sembra più diffuso per i bimbi piccoli (da 0 a 3 anni), le cui immagini sono condivise dall’86% dei genitori, e tende a calare con l’età, con il 68% dei genitori che ammette di condividere immagini dei loro bimbi dopo il quarto anno di età. In media, secondo questo studio un bambino di 5 anni sarà apparso in un migliaio di scatti postati pubblicamente dai propri genitori, quasi 20 all’anno.
Nonostante possa sembrare innocuo, lo sharenting presenta diversi rischi significativi:
- Identità digitale condizionata. “I bambini, oggi, hanno accesso a dispositivi elettronici già dalle scuole elementari, e comunque sicuramente alle medie – racconta l’esperto-. Questo significa che iniziano a costruire la propria identità digitale molto presto. Tuttavia, questa identità è spesso già condizionata da ciò che i genitori hanno pubblicato in passato”. Per questo molti bambini e adolescenti, sentendosi imbarazzati dalle immagini pubblicate dai genitori, ne chiedono la rimozione.
- Privacy violata. La condivisione di informazioni delicate è un problema critico. Alcuni vip della Silicon Valley, ad esempio, diffondono informazioni false sui propri figli per proteggerne l’identità. Al contrario, molti genitori comuni condividono dettagli precisi su scuole e attività, esponendo i figli a potenziali pericoli. “Non è un caso che un trend diffuso tra gli imprenditori della Silicon Valley è non rivelare nemmeno i nomi dei figli online. Credevate davvero che il figlio di Elon Musk si chiamasse come un’equazione matematica? Sarebbe ridicolo. Loro celano persino il nome di batttesimo e molte persone invece, oltre a quello, dicono tutto: in che scuola vanno, che parco frequentano, che sport praticano. Informazioni molto utili sia ad adescatori che a ladri di identità digitale”.
- Furto d’identità. La condivisione eccessiva espone i bambini al rischio di furto d’identità. Con l’avanzare dell’intelligenza artificiale, è possibile clonare il volto di un bambino e usarlo in modo inappropriato, ma anche clonare la sua voce e fargli/le dire ciò che si desidera.
- Cyberbullismo: I genitori, inconsapevolmente, forniscono materiale ai bulli, che possono utilizzare le immagini e le informazioni per attaccare i bambini. “Un altro rischio- aggiunge Bonanomi – è rappresentato da applicazioni come Bikini Off (e molte altre simili, ndr), che possono rimuovere virtualmente i vestiti dalle immagini, creando contenuti inappropriati”.
“Insomma, per quanto si possa essere fieri dei propri figli è sempre meglio essere molto cauti nel condividere le loro immagini. Questo non significa sigillare i profili social e non postare alcuna immagine ma, come in tutte le cose, di trovare un ragionevole equilibrio- conclude l’esperto -. Io sposo la campagna Share with care“.
Spesso non basta mettere una classica pecetta o una emoji sulla faccia del bimbo. Bisogna fare attenzione anche a quei tanti dettagli che possono essere rilevanti. Una foto di compleanno, anche col volto oscurato, può contenere tante informazioni, a partire dalla data di nascita del piccolo per arrivare alla sua abitazione, se non si fa attenzione a eliminare i dati Exif dall’immagine, che includono anche le coordinate di dove è stato effettuato lo scatto. Lo stesso dicasi dell’immagine del primo giorno di scuola.
Se l’obiettivo è quello di condividere questa immagini con nonni e altri parenti, che magari abitano lontano, non c’è bisogno di usare i social network: possono tranquillamente essere inviate in privato, via WhatsApp, Telegram o altre app di messaggistica. Se poi non ci si può trattenere dal postare qualche immagine dei pargoli sul profilo Facebook o Instagram, è doveroso fare attenzione alle impostazioni della privacy, così da restringere il pubblico a una ristretta cerchia di amici e parenti.
Fonte : Repubblica