“Più che i valori assoluti, ci interessa l’evoluzione della situazione” spiega Calvetti spingendosi a rivelare già ora alcune delle scoperte fatte studiando Capanna Margherita, confermandone il ruolo di rifugio “guida” per la lotta contro la crisi climatica.
“La deformazione della roccia sembra dipendere dalle temperature rilevate a circa 15 metri di profondità e che evolvono con 3 mesi di ritardo rispetto a quelle in superficie, con differenze anche di 10 gradi. Questo spiegherebbe i molti crolli in periodi apparentemente anomali: nella roccia, il picco di caldo è a inizio novembre, infatti”. Di fratture profonde o deformazioni evidenti, in profondità, Calvetti ammette di non averne per ora rilevate. Un sollievo, visto che “un materiale non omogeneo come la roccia rischierebbe più facilmente di sgretolarsi, soprattutto in presenza di ghiaccio” spiega. Capanna Margherita e questo rischioso fenomeno resteranno comunque monitorati, almeno fino al 2026, anche se il vero orizzonte del progetto è oltre. Oltre la sua scadenza “da calendario”, ma soprattutto oltre i confini italiani.
“Per sbloccare la potenza di questa ricerca, la vera svolta sarebbe poterla estendere a tutta l’Europa per avere la quantità di dati necessaria a sfruttare l’intelligenza artificiale – spiega Calvetti con voce sognante e allo stesso tempo confidente – La casistica dei rifugi è molto varia, ma con un database più ampio si riuscirebbero a individuare approcci, soluzioni e linee guida sempre replicabili ma molto più dettagliate, e ‘personalizzate’”
Rifugi più green
Questa dimensione europea sarebbe funzionale anche al lavoro “più architettonico” parallelamente svolto dal suo compagno di progetto, Graziano Salvalai, responsabile del team per l’efficienza energetica degli edifici del dipartimento di Architettura, Ambiente Costruito e Ingegneria delle Costruzioni del Politecnico di Milano.
Anche in questo caso, Capanna Margherita presta la sua prospettiva unica e preferenziale per studiare best practices di riqualificazione e valorizzazione in chiave di sostenibilità per tutti i rifugi italiani. Salvalai ci lavora fin dal 2018: negli anni ne ha analizzato lo stato di fatto consegnando nel 2020 un documento decisionale con serie di attività migliorative dal punto di vista sia tecnologico, che di sostenibilità e sicurezza e comfort interno.
“Ora, anche grazie a un dottorato di ricerca, stiamo collaborando allo sviluppo di linee guida per valutare il livello di sostenibilità delle strutture alpine su vari livelli: gestione dei rifiuti e delle acque reflue, efficienza energetica, approvvigionamento di materiale e sicurezza”, spiega.
Fonte : Wired