Cosa c’è dietro i token ai concerti: chi ci guadagna

A chi piacciono i token ai concerti? Col rischio di generalizzare ci sentiamo di rispondere: li apprezzano in pochi. Sono rari i post sui profili social dei festival italiani senza commenti negativi sul tema. Negli spettacoli dal vivo questi gettoni di plastica sono spesso l’unico modo per comprare acqua, cibo e gadget. In più, per come sono ideati, il loro uso comporta costi obbligati e conseguenti malumori e disagi nel pubblico. Per questo c’è chi si sta muovendo per fare intervenire l’Antitrust. Ma se al pubblico non piacciono, a chi interessano davvero i token? Su Today.it uno degli organizzatori degli eventi tra i più importanti in Italia ha rivelato chi ci guadagna davvero.

A cosa servono i token ai concerti secondo gli organizzatori

I token sono la moneta alternativa usata a concerti ed eventi dal vivo di vario tipo. Spesso, il loro uso è obbligatorio per poter comprare qualunque cosa nell’area dello spettacolo. Di solito un token vale due euro ma non è possibile acquistarlo singolarmente: spesso, il quantitativo minimo acquistabile è di almeno cinque unità, a un costo quindi di dieci euro, anche se di frequente i gettoni scambiabili sono venudti a blocchi di dieci, quindi a una spesa minima di venti euro.

Esempio di token usati a un concerto in Italia

Come si vede dalla foto sopra, all’aspetto i token sono dei gettoni di plastica colorata con stampato sopra il nome del festival o del gruppo che si esibisce in un dato giorno. Il loro uso è molto diffuso in Italia e non solo a festival e concerti, ma anche per mostre e fiere. In generale, gli organizzatori di eventi ne giustificano l’utilizzo per garantire meno file, più ordine e tracciabilità dei pagamenti. Nei fatti, le recensioni degli utenti dicono altro.

I disagi per gli spettatori: “Con 8 euro mia figlia non ha potuto avere l’acqua”

Come detto, i token sono scambiabili in quantitativi minimi, di solito al costo di due euro a gettone. Spesso, sono frazionabili in metà token ma restano l’unico strumento di pagamento possibile per un evento. E in ogni caso si possono utilizzare solo nella giornata in cui vengono acquistati senza poter ricevere un rimborso. Questa rigidità va di pari passo con i prezzi offerti. Ad esempio, se un panino costa cinque token – cioè dieci euro -, e l’acqua due token – quattro euro -, per forza di cose dell’originale blocco di dieci restano altri tre token, cioè sei euro. E non c’è alternativa: o si spendono o si perdono perché non sono rimborsabili. 

Commenti di lamentela sui token sotto la pagine Facebook di un festival

“Una ladrata incredibile. Non si riescono nemmeno mai a spendere!”, si legge in una segnalazione di un utente che Altroconsumo ha fornito in maniera anonima a Today.it. L’associazione di tutela dei consumatori sta infatti raccogliendo testimonianze per inviarle all’Antitrust e far aprire un’istruttoria.

Il mancato rimborso dei token è diffuso: “Ormai sono svariati anni che subiamo l’imposizione dell’acquisto dei token. L’ultima volta è stata al concerto degli AC/DC a Reggio Emilia. È stato imposto un acquisto di un numero prestabilito di token non rimborsabili e quindi induce ad acquistare cibi e bevande (di cui si farebbe a meno) solo per terminare i gettoni in eccesso. È una pratica scorretta che non migliora e non velocizza per nulla i servizi”.

“All’ingresso ci avevano assicurato alla cassa che erano rimborsabili – scrive un altro spettatore sempre dagli AC/DC – A fine concerto, ci hanno evidenziato che non era possibile cambiarli. Siamo rimasti con l’equivalente di 32 € in mano”. A volte i token sono accompagnati da altre modalità di pagamento, ma solo in teoria: se si prova a pagare con carte di debito o credito, può succedere anche di trovare il pos non funzionante.

Un cartello con scritto 'No pos' a un concerto in Italia: quindi si può pagare solo coi token

“Mia figlia con 8 euro non ha potuto comprare una bottiglietta d’acqua al concerto perché costa 2 token e ne servivano almeno 10 per comprare 5 token – scrive un altro utente ad Altroconsumo -. Oltretutto le sarebbero comunque avanzati 4 token. In pratica servono 10 euro per bere una bottiglietta d’acqua a un concerto d’estate con 38 gradi, una follia”. E non è consentito introdurre bottigliette d’acqua col tappo, anche se questa regola è da capire alla luce delle nuove norme europee sui tappi di plastica. 

“Lucca summer festival 2024, concerto Ed Sheeran. 5 Token 10 euro acquistabili a multipli di 5. Impossibile combinarli per quel che si vuole ordinare, hanno studiato il prezzo di bibite e cibo in modo da far avanzare sempre token. Per prendere 2 birre servivano 8 token, sono tornato a casa con 2 token in tasca = 4 euro rubati. Ho pagato il 20% in più di quello che ho avuto. Il tasso di usura è la metà quindi sono peggio degli usurai!”, la testimonianza di uno spettatore. Quando i token non vengono spesi vuol dire che decine di migliaia di euro che restano nelle casse degli organizzatori. 

Chi ci guadagna davvero dai token ai concerti: “Prendi i soldi e scappa”

Quindi i token non sono garanzia di maggiore ordine, visto che ci si deve mettere ugualmente in coda per scambiarli col denaro, e comportano costi maggiori e obbligati negli spettatori. Ma allora qual è il senso? Abbiamo contattato alcuni degli organizzatori dei festival tra i più noti in Italia, come Live Nation (Firenze Rocks, I-Days Milano, Unaltrofestival), The Base (Rock in Roma) e Friends and partner, ma alcuni non hanno risposto in tempo utile dopo aver preso contatti, altri non sono stati reperibili.

Foto di un concerto dal festival Idays a Milano

Tuttavia, un organizzatore di un festival di grandi dimensioni ci ha spiegato in forma anonima cosa c’è realmente dietro l’uso dei token ai concerti in Italia: “Con i token crei una valuta – dice la fonte a Today.it -. Questo ti permette di far credere al pubblico che sta spendendo meno di quanto faccia realmente. Cambi la percezione del denaro: i prezzi sembrano in linea con la tua idea mentre ci si ritrova a spendere quasi senza accorgersene”.

“Il calcolo che si fa di solito è 2 euro a persona: per un evento da 15mila presenze se ne guadagnano 30mila”.

L’organizzatore ci fa un esempio di quanto e come si guadagna dai token: “Lo scopo è creare la rimanenza: in un evento da 14-15mila presenze si guadagnano 30mila euro di token non usati. Il calcolo che si fa di solito è due euro a persona”. In più, l’uso di questi gettoni usabili solo nella giornata in cui si acquistano mal si concilia con le pratiche “eco friendly” dei festival: per ogni concerto serve produrre centinaia di migliaia di pezzi di plastica che poi non vengono riutilizzati.

“Sono molto inquinanti perché, per com’è ideato, il token può essere usato solo una volta – ci dice l’organizzatore -. La verità è che il modello è quello dei ‘prendi i soldi e scappa’. Paragonare questi festival al resto d’Europa è impossibile”. Basta dare un’occhiata ai siti web e ai social dei maggiori festival europei per notare l’ampia flessibilità sugli strumenti di pagamento con informazioni chiare. Succede al Primavera Sound di Barcellona, al Lollapalooza in Germania o al Rock Werchter in Belgio: si può pagare come si vuole, niente imposizioni. Se c’è qualcosa di simile ai token, come dei braccialetti con Nfc incorporato ricaricabili, il residuo viene rimborsato alla fine dell’evento: basta chiederlo dall’app. E l’acqua è spesso gratuita.

“Il giro di affari è legato ai token che la gente non può spendere”.

Anna Vizzari, esperta di Altroconsumo

“I token vengono chiesti anche per comprare beni di prima necessità come l’acqua e la furbata è che i prezzi vengono fatti in abbinamento al loro valore, in modo da scambiarne di più o stimolare le rimanenze – spiega a Today.it Anna Vizzari, esperta di Altroconsumo -. Per noi i token rientrano tra le pratiche vessatorie previste dal Codice del consumo: vuol dire che si compra qualcosa senza la possibilità di recesso. E c’è anche una limitazione sugli strumenti di pagamento visto che le alternative vengono impedite.

Ci sono anche problemi di trasparenza: nelle sezioni Faq dei maggiori festival italiani non si parla di token o di come si paga all’interno dell’area concerto: “Peraltro – aggiunge l’esperta -, se si leggono le condizioni di vendita i token non sempre figurano. Non si capisce neanche il perché di questo sistema. Alcuni dicono che si evitano code ma in realtà si moltiplicano perché ci si mette in fila per scambiarli. Secondo noi, il giro d’affari è legato ai token che la gente non può spendere”. 

Altroconsumo sta raccogliendo le testimonianze per poter inviare una segnalazione all’Antitrust: sul loro sito è possibile compilare il modulo per raccontare la propria esperienza coi token.

Fonte : Today