Un milione di voti. È questa la cifra chiave delle elezioni legislative in Francia, quella che separa l’estrema destra dalla sinistra radicale. Le percentuali emerse dal primo turno sono più stirate e dicono 33,15% (poco sopra i 9 milioni di voti) per il Rassemblement national e un più modesto 27,99% per il Nuovo fronte Popolare, la coalizione di sinistra e verdi. Fermi poco sopra la media del 20% i candidati di Ensemble!, che fa capo al presidente Emmanuel Macron. Tutte le famiglie politiche stanno spingendo per riempire nuovamente le urne il 7 luglio, evitando che il caldo e la stanchezza portino alla diserzione elettorale una fetta di popolazione. Marine Le Pen teme di non ottenere quella “maggioranza assoluta” che consegnerebbe le chiavi dell’Hotel Matignon a Jordan Bardella, primo ministro designato dal suo partito.
Centro e sinistra sperano invece che il resto del Paese correrà a mettere una X per evitare uno scenario reputato da molti anti-storico rispetto ai principi della Quinta Repubblica. Il direttore di Le Monde, Jerôme Fenoglio, in un editoriale reputa che la Francia cadrebbe così in un assetto illiberale e antidemocratico, al pari dell’Ungheria di Viktor Orban. Uscendo dagli editoriali e dalle trasmissioni televisive, quello che contano sono le strade, i poli industriali, le scuole, le aree rurali. Il giornale Die Zeit ha rilevato un sentimento di umiliazione dei francesi, che deriverebbe da una distanza enorme tra il paradiso delle cartoline, che dipingono Parigi, i castelli della Loira, le coste frastagliate della Bretagna e i vigneti di Bordeaux, e la realtà dell’altra Francia, quella delle banlieu, degli esclusi e della criminalità, così come la provincia rurale, impoverita e delusa dalle riforme di Macron e allergica alle regole dell’Unione europea.
La fiducia della classe operaia in Marine Le Pen
Nonostante i candidati del Rassemblement national appaiano in tanti casi figurine di facciata, tra nostalgie neonaziste, ignoranza e smarrimento amministrativo, come mostrato dai servizi di France Bleu e France 3, il partito di estrema destra è cresciuto nella stima della popolazione. I dati dicono che la maggior fiducia Rn l’ha raccolta proprio tra le fila della classe operaia. Nel 2022, quasi il 50% dei lavoratori considerava il partito del clan Le Pen capace di governare, nonché quello più vicino alle loro preoccupazioni. Quello che era il nocciolo duro della sinistra, anche comunista, è diventata la fascia di elettori determinante per passare da appena 8 deputati agli 89 del giugno 2022. Stavolta Rn punta ad un record di voti per conquistare quei 289 seggi necessari per conquistare la maggioranza assoluta. Da estremista e reietta, questa frangia politica ha conquistato un posto di primo piano nella politica d’oltralpe.
Gli ingredienti dell’estrema destra in Francia
Mentre si parla spesso di “ripulitura” e presa di distanza dagli estremi del passato, il partito di Le Pen ha conquistato gli elettori esattamente con gli stessi principi del partito predecessore, fondato negli anni’ 70 dal padre: il Front national. Nel programma domina l’esclusione di determinati gruppi in base alla loro etnia, religione e orientamento sessuale. Dagli ebrei si è passati ai musulmani. Mentre il dibattito sull’antisemitismo è esploso nel Paese, secondo la piattaforma Pharos, creata nel 2009 dal governo francese per segnalare contenuti e comportamenti online illegali, tra il 2017 e il 2020 è stato registrato un aumento di segnalazioni di contenuti online ritenuti “xenofobi e razzisti”. I primi ad essere presi di mira sono i musulmani. I servizi di intelligence hanno notato invece che dal 2010 è stato registrato un numero significativo di atti anti-musulmani, con un picco nel 2015, quando la Francia venne colpita dagli atroci attacchi terroristici del Bataclan e la capitale francese sprofondò nel sangue e nell’angoscia.
La Francia divisa: la sinistra avanza nelle città, la destra dilaga nei sobborghi
Tra gli altri ingredienti figura l’aspirazione ad un leader autoritario, che ha corrisposto alla creazione a tavolino della figura del giovane sicuro e determinato incarnato da Jordan Bardella, nonostante i suoi cattivi risultati scolastici e la scarsa esperienza in campo amministrativo. Poi c’è il principio della “preferenza nazionale”, una dottrina basata sulla discriminazione, che come ricordato dalla giornalista di Le Monde, Anne Chemin, vuole escludere gli stranieri dal sistema di welfare a cui contribuiscono finanziariamente col loro lavoro, presentandola come una regola di buon senso. Una facciata di saggezza popolare che serve a nascondere le motivazioni razziste sottese, che fanno capo all’ideatore di questo principio, quel François Duprat, che ha trascorso tutta la vita a riabilitare il nazionalismo e il fascismo che hanno sconvolto l’Europa nel secolo scorso.
Lo scippo sulla redistribuzione del reddito
Insieme a questi ingredienti tipici, l’estrema destra transalpina è stata in grado di proporre, scippandolo alla sinistra, anche un altro tema: la questione della disuguaglianza delle ricchezze. Mentre nel 2013 solo il 52% degli elettori di Rn riteneva necessario “prendere ai ricchi per dare ai poveri”, il tasso è salito al 67% nel 2020. Questo desiderio di redistribuzione economica è associato ad una visione che vede la globalizzazione economica come una minaccia. Sebbene le ricette di Le Pen siano tutt’altro che orientate ad una maggiore tassazione delle multinazionali e dei grandi gruppi economici del Paese, il suo partito è comunque riuscito a incarnare a suo modo la ventata no-global che spirava nel Paese. Con buona pace di Manu Chau. Tra le misure più controverse quella proposta da Bardella di eliminare l’imposta sul reddito (a prescindere da quanto ammonti) per i giovani di età inferiore ai 30 anni per incoraggiarli a mettere su famiglia in Francia. Realistiche o meno, le proposte di Rn hanno attirato l’attenzione di quella parte della popolazione che si è scoperta nostalgica, più povera e ignorata dai suoi governanti.
Il variegato Fronte repubblicano
Il volto della “nuova Francia” la incarnano i sostenitori dell’arcobaleno repubblicano, che va dal Nuovo fronte popolare ai centristi di Ensemble!. Distanti eppure uniti. La strategia della “grande ritirata” non è stata univoca, ma ha avuto un numero di adesioni importante, con oltre 200 candidati reputati meno forti che si sono ritirati dalla competizione per concentrare i voti e battere gli esponenti di estrema destra. Nella metà luminosa della luna, più che i politici contano i volti dei militanti, dei dipendenti pubblici, degli universitari, dei lavoratori di origine straniera a cui Rn intende decurtare i diritti, degli amministratori locali, dei movimenti agro-ecologisti, delle famiglie multietniche, dei pensionati che non vogliono rivedere il loro Paese nelle mani dell’estrema destra.
Il leader della France Insoumise è guardato con sospetto da macronisti ed econosmisti neoliberisti, che lo qualificano come un estremista, quasi al pari di Le Pen e dalla ricette economiche troppo dispendiose per le casse dello Stato. La sua figura risulta ingombrante all’interno della sua stessa famiglia politica, tant’è che ha lasciato la responsabilità dei dibattiti televisivi al più giovane Manuel Bompard. Mentre il Rassemblement national ha posizionato Bardella, ma resta saldamente nelle mani del clan Le Pen, la sinistra ha le mani più libere in termini di leader. “Non dipendiamo da una sola persona. Ed è questo che fa più paura all’estrema destra”, ha ribadito lo stesso Mélenchon durante un incontro con gli elettori.
L’arcobaleno dai contorni fragili
L’arcobaleno ha colori vividi, ma contorni fragili. Il timore sotteso è che l’unione per respingere Le Pen, seppur vincente, potrebbe dissolversi tra litigi e incomprensioni alla prima difficoltà. Per questa ragione Mélenchon punta a quei 16 milioni di elettori che hanno disertato le urne al primo turno, per garantire al Nuovo fronte popolare una maggioranza che prescinda almeno dal centro macronista. Conquistare anche solo una piccola porzione di quella torta, poco sopra quel milione che lo separa dal Rassemblement national, farebbe assaporare alla sinistra radicale il gusto di una vittoria quanto ma insperata.
Fonte : Today