“Dal mio punto di vista non c’è arma più forte per noi creativi, e anche per noi cittadini, che creare e sostenere opere d’arte profonde e vere, nate esclusivamente dal desiderio di rendere il presente più comprensibile e decifrabile. Credo fermamente che questo sia l’unico modo, e anche il più efficace, per sbarazzarci una volta per tutti dei fascisti che ci governano in questo mondo”: con queste parole, Lorenzo Redaelli ha accettato il premio di Gioco dell’Anno agli Italian Video Game Awards per il suo Mediterranea Inferno durante la cerimonia di premiazione che si è tenuto a Firenze, dopo aver già ritirato, assieme a Pietro Righi Riva di Santa Ragione (l’editore) il premio per per la Outstanding Experience, ovvero la capacità di legare contenuto artistico e ludico.
Gli altri vincitori sono DotAGE di Michele Pirovano, che ha vinto il premio per Miglior gioco al Debutto, Universe for Sale di Tmesis Studio, che ha vinto il premio Outstanding Art, mentre il premio per la Miglior Azienda l’ha vinto Untold Games e a Elisa Farinetti di Broken Arms Games è andato il premio per l’Outstanding Individual Contribution.
“Mediterranea Inferno nasce dalla voglia di esprimersi in maniera libera – ha spiegato Redaelli – di parlare di cose quotidiane, ma che spesso sono quelle che vengono omesse più facilmente. Non è un’opera perfetta, non lo sono i protagonisti e non lo sono io, e forse è piaciuto perché un po’ di imperfezione è quello di cui abbiamo bisogno ora”.
Mediterranea Inferno, che racconta il viaggio verso la Puglia di 3 ragazzi della Gen Z dopo la pandemia, era senza dubbio un candidato molto papabile per la vittoria finale. Il gioco aveva già vinto il premio Excellence in Narrative all’Indipendent Games Festival di San Francisco ed è stato accolto con un’ovazione dal pubblico presente, composto da addetti ai lavori, giornalisti e investitori arrivati a Firenze per First Playable.
Sì, perché la premiazione dell’altra sera non è altro che l’atto finale di un evento che mette di fronte sviluppatori e publisher, aziende e investitori, con workshop, incontri e presentazioni, e che è ormai diventato un importante punto fermo nel panorama del fragile ma sempre in crescita mercato videoludico italiano. Organizzato da Iidea, l’associazione di categoria dell’industria in Italia, e da Toscana Film Commission, First Playable è arrivato ormai a 500 partecipanti italiani e internazionali, 45 aziende di tutto il mondo e 12 Paesi.
Quest’anno per la prima volta c’è stata anche la possibilità di creare una sorta di gemellaggio con un Paese ospite, la Francia. Un accordo che ha visto la partecipazione dell’Institut Français Italia, SNJV (Syndicat National du Jeu Vidéo e il CNC — Centre National du Cinéma et de l’Image Animée, oltre a 3 studi di sviluppo francesi: Digixart, Spiders e Umanimation. D’altronde la Francia sui videogiochi ha senza dubbio da insegnarci molto, non solo per aziende di caratura mondiale come Ubisoft, ma perché è stata fra le prime a istituire un tax credit per i videogiochi.
Misura che l’Italia ha adottato da un paio di anni grazie al costante impegno di Iidea. “La Francia è senza dubbio un modello cui puntare – ha ricordato Thalita Malagò, direttrice generale di Iidea – Ovviamente il loro è un mercato molto più ampio e con maggiore esperienza, ma proprio attraverso questi scambi possiamo migliorare. La speranza è che sia sempre più forte il sostegno istituzionale, perché il videogioco è un settore che in Italia ha ampi margini di crescita e può dare occupazione ai più giovani e prospettive economiche. Personalmente posso dire che è bellissimo vedere i piccoli gruppi di appassionati di qualche anno fa che oggi tornano come aziende formate e il nostro impegno in futuro sarà supportare sempre di più questo settore con momenti come questo, la formazione e il dialogo con le istituzioni”.
E a guardare il pubblico dentro il Cinema Teatro la Compagnia di Firenze non si può non nutrire almeno un pizzico di fiducia in questo variegato gruppo di uomini e donne che applaude, si supporta, si scambia idee e decide di provare a fare videogiochi in un Paese dove per molti sono ancora “robetta per bambini”. In questo senso, Mediterranea Inferno è l’esempio perfetto di ciò che può essere oggi un videogioco moderno: letteratura, arte, tecnica. Se fosse stato un libro, forse Redaelli oggi sarebbe allo Strega, acclamato da quella cultura che i videogiochi li guarda un po’ dall’alto in basso.
“Credo che per funzionare un’opera abbia bisogno di una certa aderenza alla realtà – ha detto Redaelli una volta sceso dal palco – ma dobbiamo cercare di evitare il paternalismo, la pedanteria, a volte basta condividere la confusione, già questo è un atto politico. Credo che raccontando il vero, i giochi possano in qualche modo entrare in contatto col nostro vissuto e col vissuto del pubblico, che li fa suoi. Adesso mi godo il premio, ma nei prossimi giorni sarà il momento di capire quale sarà il mio prossimo progetto”.
Fonte : Repubblica