Quando si parla di accessibilità e disabilità, si pensa subito alle barriere architettoniche in urbanistica o ai veicoli con comandi sul volante. Tuttavia, questi sono solo alcuni degli ostacoli che alcune persone devono affrontare nella vita di tutti i giorni. Non sono in molti, infatti, a chiedersi se l’accesso ad una tecnologia pervasiva come internet sia davvero universale. Ecco perché in questo episodio di Grande Giove, il podcast con cui analizziamo i fenomeni della tecnologia, della scienza e dell’innovazione, ci siamo domandati: davvero la tecnologia renderà la vita più semplice alle persone con disabilità? Per rispondere a questa domanda, abbiamo parlato con Valentina Tomirotti, giornalista pubblicista e attivista nel mondo della disabilità, e Davide Genco, esperto in user experience per prodotti e servizi digitali con un focus su design e autismo.
Apparentemente, internet rappresenta una forma di libertà di comunicazione e informazione, ma secondo Genco esistono ancora molte sfide da superare. “Proprio di recente, Jakob Nielsen, un’autorità nel campo dell’usabilità e delle disabilità, ha detto che l’accessibilità online ha fallito“. Tuttavia, la disciplina del design e l’user experience si sta evolvendo per diventare più inclusiva. “Già negli anni Novanta si parlava di universal design, ma solo oggi si comincia a discutere di inclusive design e design justice. Secondo Genco, è fondamentale integrare l’accessibilità fin dalla fase di progettazione di un servizio, piuttosto che aggiungere funzionalità supplementari a prodotti standard già esistenti pensati per persone non disabili. È questo che fanno “movimenti come l’inclusive design, che cerca di creare prodotti pensando a tutti fin dall’inizio o il design justice, che si sforza di includere attivamente persone marginalizzate nelle fasi di progettazione“, spiega l’esperto.
Anche Tomirotti è dell’idea che le soluzioni di progettazione debbano essere co-create con le persone con disabilità. “Entrare in contatto con la realtà delle persone con disabilità è fondamentale,” spiega l’attivista. Un sito accessibile deve considerare le esigenze di tutti, anche quelle delle persone autistiche. Per esempio, le icone devono essere supportate da testi o illustrazioni esplicative, spiega l’attivista. Testare queste funzionalità con utenti reali, come persone ipovedenti o autistiche, è fondamentale per ottenere un feedback qualitativo e migliorare l’accessibilità. Secondo Tomirotti, infatti, il problema dell’inclusione è spesso trattato in modo superficiale: “Siamo troppo concentrati a creare recinti convenzionali. L’inclusione è vista come una medaglia di valore civile, ma non dovrebbe essere così. Dovremmo puntare a una vera integrazione, non a un’inclusione di facciata”.
Molte tecnologie assistive sono già comuni e utilizzate da persone con disabilità e non. Spesso si tratta di funzionalità con cui tutti interagiamo quotidianamente senza rendercene conto. “Pensiamo al controllo vocale, che consente di bypassare l’utilizzo della tastiera per chi ha problemi micromotori, o allo screen reader, che permette alle persone non vedenti di accedere e pilotare applicazioni mobile“, spiega l’attivista. In questo ambito le prospettive sono davvero interessanti. “Ad esempio, il visore di realtà virtuale consente a persone autistiche di simulare esperienze, evitando costose stanze multisensoriali, dove si fanno esercitare i ragazzi autistici in scenari realistici.“. L’innovazione non si ferma qui e le prospettive sono ampie. “Apple ha annunciato che il nuovo iPad includerà un sistema di riconoscimento oculare basato sull’intelligenza artificiale, risparmiando l’uso di periferiche esterne come gli switch control“, continua. Tuttavia, c’è ancora molto da fare: una delle sfide principali rimangono principalmente i costi, che non permettono la diffusione su larga scala di queste tecnologie, ma c’è anche un problema di compatibilità tra le diverse tecnologie. “Abbiamo moltissimi strumenti già pronti, ma manca spesso l’integrazione tra i prodotti digitali e queste tecnologie“, afferma Genco. “Per esempio, molti siti non supportano adeguatamente i controlli vocali o gli screen reader“.
Tomirotti mette in evidenza come la tecnologia dovrebbe facilitare non solo l’accesso a internet, ma anche la vita quotidiana. “La domotica ha sempre rappresentato un lusso, ma dobbiamo renderci conto che in molti casi può rispondere a delle necessità delle persone con disabilità“. Non mancano esempi concreti di innovazioni già disponibili. “Il bastone per ciechi, ad esempio, si sta evolvendo. Non è più solo un supporto fisico, ma può dialogare con l’ambiente, emettendo segnali che aiutano a muoversi per la città“, racconta l’attivista. “Eppure, vediamo che queste tecnologie non sono ancora uniformemente distribuite”.
Ai microfoni Daniele Ciciarello e Matteo Imperiale, con il coordinamento editoriale di Luca Zorloni, l’assistenza editoriale di Maddalena Sara e il supporto operativo e logistico di Elena Lotto.
Fonte : Wired