Dal Mar Mediterraneo passano anche armi “travestite” da generatori eolici di energia elettrica. Cavalli di Troia utilizzati per far arrivare droni da guerra in Libia, paese su cui è stato imposto dalle Nazioni Unite un embargo proprio sulla consegna di armi. Talvolta, però, il traffico d’armi viene bloccato prima del suo arrivo sulle coste libiche.
I droni che possono portare 12 missili aria-superficie
È quanto accaduto a Gioia Tauro, dopo che i finanzieri del comando provinciale di Reggio Calabria, nell’ambito di un’attività condotta in collaborazione con l’Agenzia delle Dogane e Monopoli e coordinata dalla Procura di Palmi, hanno sequestrato sei container provenienti dalla Cina che trasportavano componenti per l’assemblaggio di generatori eolici di energia elettrica. Ma in verità questi si sono rivelati essere elementi componibili del Wing Loong II, un modello di drone sviluppato in Cina per missioni di ricognizione che può arrivare a portare 12 missili aria-superficie.
Sono quindi veicoli a guida autonoma che, una volta assemblati, superano le 3 tonnellate, con una lunghezza di oltre 10 metri e un’apertura alare di circa 20. I droni sarebbero dovuti essere caricati su una nave diretta a Bengasi, in Libia, il centro costiero dal quale il generale Khalifa Haftar e il suo clan controllano la Libia orientale e parti della Libia meridionale e garantiscono un punto di ingresso a grandi quantitativi di armi e migliaia di miliziani russi.
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A insospettire la Guardia di finanza sono state alcune anomalie nella documentazione doganale a corredo dei sei container intercettati. I dubbi dei finanzieri sono stati sciolti dopo la scansione radiogena eseguita dalla Dogana, che ha messo in luce cosa trasportassero i container: “fusoliere e ali di apparecchi idonei al volo”. In poche parole, droni da guerra.
La soffiata degli Stati Uniti
L’Italia ha intercettato i droni dopo una soffiata dagli Stati Uniti, sempre più allarmati dai crescenti legami di Haftar con la Russia, mentre Mosca continua a riversare armi e truppe attraverso il porto di Tobruk per sostenere la sua presenza militare in Africa.
A che punto e in che modo sarebbero intervenuti gli Stati Uniti? La nave coinvolta nell’operazione sarebbe la Msc Arina, partito il 30 aprile scorso da Yantian, un distretto portuale di Shenzhen, nella Cina meridionale. L’imbarcazione ha fatto prima tappa a Singapore, poi ha circumnavigato il Capo di Buona Speranza per evitare di attraversare il Mar Rosso e il canale di Suez. Una volta entrato nel Mediterraneo ha fatto scalo in Calabria. Qui sono intervenute le autorità americane, che hanno segnalato il carico agli alleati italiani. Ora, con il sequestro nel porto di Gioia Tauro, gli sforzi del governo Meloni di stringere amicizia con Haftar per controllare i flussi migratori verso l’Italia potrebbero essere annullati in un colpo solo.
Fonte : Today