Come molti film di questi anni, La memoria dell’assassino parla a un pubblico anziano, ma è fatto così bene da essere godibile da tutti. Il pubblico più anziano è quello più legato al cinema e a un certo tipo di film, quindi non è strano che molti film vogliano raccontare storie vicine a loro che mettono in scena non solo un mondo gentile con gli anziani (uno in cui i figli e le nuove generazioni sono smidollate e tocca a quelle vecchie salvarli) ma anche uno a loro misura. La memoria dell’assassino mostra personaggi che rispondono a modelli maschili di una volta, e ne esalta proprio le caratteristiche che meno sono in linea con la maniera in cui i ruoli dei sessi vengono rivisti nel presente.
Il protagonista è insomma un uomo che ha rapporti con le donne o come mogli ed ex mogli, verso le quali c’è stima e il ricordo di un sentimento, o come prostitute per la soddisfazione sessuale (ma con cui c’è anche un rapporto umano). Le vere relazioni complesse sono riservate agli altri uomini, gli unici sentimenti a contare sono quelli verso il figlio o verso gli amici che rimangono fedeli. Tutto è molto chiaro e per nulla ambiguo, dunque in questo senso estremamente godibile a prescindere da come la si pensi: è un film vecchio stampo su personaggi vecchio stampo ma anche uno che con questo mondo di una volta (idealizzato) costruisce un racconto basato sulla morale.
Del resto, la tradizione del cinema di malavitosi è quella di un tipo di film che hanno a che fare con i limiti della morale, l’unica cosa che rimane a personaggi che non vivono secondo le regole della legge ma secondo codici morali propri. Anche per questo La memoria dell’assassino ricorda film del passato, ed è un complimento. Lo dirige Michael Keaton (anche protagonista), che già era stato regista un’altra volta (con The Merry Gentleman nel 2008), e nel farlo rivela una grandissima sensibilità da Clint Eastwood, cioè per la maniera in cui l’universo maschile di sentimenti, rapporti e moralità, pretende un sacrificio e come sia necessario prendersi sempre le proprie responsabilità perché alla fine, a contare, è solo il fatto di potersi dire uomini nel senso più elevato del termine. Se questo è un film che pone il maschio al centro di tutto, gli chiede anche di fare la cosa giusta, ed è bravo a mostrare le conseguenze, le lotte e la fatica nel cercare disperatamente di coltivare dei rapporti soddisfacenti in tutto questo. E poi si spara un bel po’, che (nei film) non fa male.
Fonte : Wired