Le formiche hanno un’elevata attitudine sociale, se così possiamo definirla, e questo lo sappiamo da tempo. Ma che le formiche carpentiere della Florida (Camponotus floridanus) potessero arrivare ad amputare gli arti delle proprie simili per salvare loro la vita è qualcosa di veramente sorprendente. A sostenerlo sono gli autori di uno studio appena pubblicato su Current Biology, nel corso del quale hanno scoperto questa incredibile abilità. Ma c’è di più: le formiche appartenenti a questa specie sembrano sapere quando sia il caso di effettuare l’amputazione e quando sia invece più opportuno ed efficace occuparsi di tenere pulita la ferita di una compagna di nido per tentare di salvarle la vita.
Formiche “infermiere”
Che le formiche si occupino di accudire e curare le proprie simili non è di per sé una novità. Da uno studio pubblicato nel 2023, firmato da alcuni degli autori della presente ricerca, era emerso per esempio che le formiche appartenenti alla specie Megaponera analis iniettano nelle ferite delle proprie compagne un liquido antimicrobico prodotto da una specifica ghiandola.
Ma le formiche carpentiere della Florida non hanno questo tipo di ghiandola e devono quindi ingegnarsi in altro modo. Per capire come si occupano delle proprie simili, i ricercatori hanno provocato due diversi tipi di lesione ai loro arti: una più alta, a livello del femore, e una a livello della tibia. Gli scienziati hanno inoltre infettato le ferite delle formiche con il batterio Pseudomonas aeruginosa, che è presente nel suolo e che è altamente letale sia per le C. floridanus che per le M. analis.
Trattamenti diversi
Dallo studio è emerso che le formiche carpentiere della Florida optano per l’amputazione solo nel caso della lesione all’altezza del femore, mentre nel secondo caso si occupano semplicemente di tenere pulita la ferita (cosa che fanno anche nel primo caso, prima di effettuare l’amputazione). Ebbene, entrambe le strategie di “pronto intervento” che queste formiche adottano sono risultate essere estremamente efficaci: nel caso della lesione a livello del femore, circa il 90% delle formiche sottoposte all’amputazione è sopravvissuto, mentre solo il 40% di quelle tenute isolate dalle proprie compagne (e che quindi non hanno potuto subire la “chirurgia salva-vita”) ce l’ha fatta. Per quanto riguarda la ferita a livello della tibia, il rate di sopravvivenza delle formiche curate dalle proprie simili, anche se senza amputazione, è stato pari al 75%, mentre solo il 15% di quelle tenute in isolamento a seguito della lesione è sopravvissuto.
Le ipotesi
Ma perché le C. floridanus mettono in campo due trattamenti diversi a seconda del tipo di ferita? Gli autori dello studio ipotizzano che questo sia dovuto al diverso rischio di infezione generalizzata legato ai due tipi di lesione: “Nelle lesioni alla tibia, il flusso dell’emolinfa [l’equivalente del sangue negli esseri umani, nda] era meno ostacolato, il che significa che i batteri potevano entrare nel corpo più velocemente. Mentre nelle lesioni al femore la velocità della circolazione sanguigna nella gamba era rallentata”, spiega Erik Frank, ecologo comportamentale presso l’Università di Würzburg (Germania) e primo autore dello studio.
Sembra controintuitivo, ma c’è un altro dato da tenere in considerazione: dallo studio è emerso che le formiche impiegano circa 40 minuti per effettuare l’amputazione. Forse, concludono i ricercatori, questo lasso di tempo è troppo lungo nel caso della lesione alla tibia, a seguito della quale i batteri possono diffondersi più velocemente rispetto al caso della lesione al femore. “Non essendo in grado di tagliare la zampa con sufficiente rapidità per evitare la diffusione di batteri nocivi – conclude Laurent Keller, biologo evolutivo presso l’Università di Losanna (Svizzera) e ultimo autore della pubblicazione -, le formiche cercano di limitare la probabilità di infezione letale dedicando più tempo alla pulizia della ferita della tibia”.
Fonte : Wired