Il capo dell’IA di Microsoft ha un’idea controversa del diritto d’autore sul web

Il capo dell’IA di Microsoft, Mustafa Suleyman, ha espresso durante l’ultimo Aspen Ideas Festival un’opinione sul diritto d’autore sul web che ha sollevato diverse critiche.

Per Suleyman se un contenuto è disponibile liberamente sul web, allora diventa automaticamente gratuito e chiunque può copiarlo e utilizzarlo liberamente.

“Per quanto riguarda i contenuti già presenti sull’open web – ha detto Suleyman al giornalista della CNBC Andrew Ross Sorkin – fin dagli anni 90 è sempre stato valido il contratto sociale che rende disponibili tali contenuti come fair use. Chiunque può copiarli, ricrearli, riprodurli. Sono sempre stati ‘freeware’, per intenderci, questo è stato il patto”.

Ma non è così.

È evidente che l’autore di un contenuto non rinuncia ai diritti d’autore soltanto perché il suo lavoro è stato pubblicato sul web.

Allo stesso modo il termine “freeware” a cui fa riferimento Suleyman si riferisce a un tipo di software distribuito gratuitamente che gli utenti possono utilizzare senza costi – spesso con funzionalità complete e senza limiti di tempo – ma che rimane protetto da copyright, perché solitamente non è autorizzata la sua modifica o ridistribuzione.

Suleyman ha tutto l’interesse a pensare e sostenere che i contenuti presenti sull’open web si possano utilizzare senza chiedere il permesso.

Diverse pubblicazioni americane, tra cui il New York Times, hanno fatto causa proprio a Microsoft e a OpenAI, l’azienda che ha creato ChatGpt, con l’accusa di aver utilizzato illegalmente numerosi articoli per addestrare i loro modelli di intelligenza artificiale.

Microsoft e OpenAI hanno una partnership strategica: il colosso di Redmond ha investito oltre 13 miliardi di dollari in OpenAI, ottenendo in cambio l’accesso ai suoi sistemi di intelligenza artificiale avanzati.

La collaborazione con OpenAI ha permesso a Microsoft di integrare l’IA generativa – chiamata Copilot – nei suoi prodotti di punta: nella suite Microsoft 365, per esempio, e nell’applicazione Teams per i meeting di lavoro virtuali.

Proprio gli investimenti nello sviluppo di intelligenza artificiale hanno premiato Microsoft in borsa: l’azienda fondata nel 1975 da Bill Gates e Paul Allen ha recentemente superato, per la prima volta nella sua storia, la valutazione di mercato di tremila miliardi di dollari.

La tecnologia su cui si basa la recente ascesa di Microsoft deve il suo successo, innanzitutto, alla enorme mole di dati che OpenAI e altre big tech – come Google e Meta – hanno rastrellato proprio dall’open web per addestrare le loro intelligenze artificiali.

Senza questi dati, prodotti in gran parte dagli esseri umani, né ChatGpt né Copilot potrebbero comprendere il linguaggio naturale e generare testo o immagini come farebbe una persona in carne e ossa.

Le aziende che sviluppano modelli di IA avanzati, tra cui Microsoft appunto, sostengono che l’utilizzo dei dati necessari al loro allenamento e perfezionamento è regolato dal “fair use”.

Il “fair use” (l’uso giusto/corretto) è un principio del diritto d’autore contemplato negli Stati Uniti che consente l’utilizzo (limitato) di materiali protetti da copyright senza necessità di ottenere il permesso dai titolari dei diritti. Questo principio è stato stabilito per bilanciare i diritti degli autori con l’interesse pubblico all’accesso a informazioni e idee.

Tale “fair use” è soggetto ovviamente a restrizioni che tengono conto, per esempio, dello scopo dell’uso (commerciale o non commerciale), della quantità di contenuto originale utilizzata e dell’effetto che tale uso ha sul contenuto originale, se per esempio è in grado di diminuire il suo valore.

Se l’uso dei contenuti per addestrare l’IA riduce il mercato potenziale o il valore dell’opera originale, per esempio, è meno probabile che risponda ai princìpi del fair use.

Le parole di Suleyman hanno suscitato un’accesa polemica.

La testata americana The Verge, nota per i suoi approfondimenti su temi legati alle nuove tecnologie, ha scritto: “Il capo dell’intelligenza artificiale di Microsoft ritiene che sia perfettamente corretto rubare contenuti se si trovano sul web accessibile a tutti”.

“Dovrebbe sapere che il fair use è diverso dal riutilizzo di un contenuto per fini commerciali – ha scritto un utente sul social X -. Io posso fare una cover di un brano, ma se suono quella cover durante un concerto per cui vengo pagato, possono farmi causa”.

“Se vogliono utilizzare il contenuto di qualcuno, basta acquistare i diritti per utilizzare quel contenuto. Non è che Microsoft non abbia soldi” ha commentato un altro utente su X.

In fondo è quello che sta cercando di fare, dopo essere stata chiamata in giudizio dal New York Times, la stessa OpenAI, che negli ultimi mesi ha stretto accordi con numerose testate – da Le Monde al Financial Times – per utilizzare in licenza i loro contenuti per l’addestramento di nuovi modelli di Intelligenza artificiale.

Riguardo i contenuti pubblicati sul web dai giornali, Suleyman ha detto – sempre in occasione dell’Aspen Ideas Festival – che “esiste una categoria separata per cui un sito, un editore o una testata giornalistica hanno esplicitamente detto ‘non scansionarmi per nessun altro motivo se non indicizzarmi in modo che altre persone possano trovare questo contenuto’, e io penso che riuscirà a farsi strada anche nei tribunali”.

Mustafa Suleyman, classe 1984, ha co-fondato nel 2010 DeepMind Technologies, un laboratorio di ricerca sull’intelligenza artificiale che è stato acquisito da Google nel 2014 per quasi 700 milioni di dollari.

Poco prima di passare a Microsoft, Suleyman ha fondato Inflection, una società che sviluppa intelligenza artificiale la cui massima espressione è il chatbot Pi, una delle tante alternative sul mercato a ChatGpt.

Fonte : Repubblica